A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Con la sentenza n. 9839/2021, la Suprema Corte di Cassazione, pronunciandosi in materia condominiale, ha chiarito in quali casi e come risultano viziate da eccesso di potere le delibere condominiali.
L’eccesso di potere rappresenta una delle cause di invalidazione delle delibere.
È l’esercizio arbitrario della discrezionalità e non l’esercizio discrezionale del potere di decisione a rendere viziata una delibera per eccesso di potere.
È, ad esempio, viziata da eccesso di potere la delibera che dispensa l’amministratore dall’esercizio dell’azione coattiva di recupero del credito, ai sensi dell’art. 1129, comma 9, c.c. con il mero scopo di tutelare i condòmini da azioni legali legate a stati volontari e perduranti di morosità.
Il Tribunale Supremo ha specificato che “l’assemblea, quale organo deliberativo della collettività condominiale, può occuparsi solo della gestione dei beni e dei servizi comuni; essa è abilitata ad adottare qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio (avendo le attribuzioni indicate dall’art. 1135 c.c. carattere meramente esemplificativo), purché destinato alla gestione delle cose e dei servizi comuni. Perciò, l’assemblea non può perseguire finalità extra condominiali (Cass., Sez. 2, n. 5130 del 06/03/2007); e neppure può occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, giacché qualsiasi decisione che non attenga alle parti comuni dell’edificio non può essere adottata seguendo il metodo decisionale dell’assemblea, che è il metodo della maggioranza, ma esige il ricorso al metodo contrattuale, fondato sul consenso dei singoli proprietari esclusivi”.
Dunque, per gli Ermellini, sono nulle le delibere del condominio con oggetto giuridicamente impossibile.
Inoltre, la Suprema Corte ha sottolineato che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso ai fini della riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità, dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio, della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di detta deliberazione, purché quest’ultima sia dedotta in via di azione – attraverso apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione in opposizione – ai sensi dell’art. 1137, secondo comma, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione. Poi ancora, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, l’eccezione attraverso cui l’opponente deduca l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, senza chiedere una pronuncia di annullamento di tale deliberazione, è inammissibile e detta inammissibilità deve essere rilevata e dichiarata dal giudice d’ufficio.