Per condannare per diffamazione un amministratore di condominio non basta il fatto che abbia inviato a tutti i condòmini una mail con toni piuttosto accesi nei confronti di un residente dello stabile. Occorre valutare anche i contenuti della comunicazione che, secondo il Giudice di Pace di Roma – e come confermato dalla stessa Cassazione – nella fattispecie apparivano dotati di continenza espressiva e privi di concreta portata lesiva. Di seguito un breve estratto della sentenza 10350/2019 pronunciata dagli Ermellini.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 10350/2019
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1. Il 4 aprile 2018 il Giudice di pace di Roma ha assolto, ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen. perché il fatto non sussiste, S.P., accusato di diffamazione ai danni di un appartenente al condominio amministrato – M.T. – commessa inviando a più condòmini, ed anche alla persona offesa, una mail in risposta ad una richiesta di documentazione pervenutagli da quest’ultimo.
2. Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero del Tribunale di Roma, articolando due motivi.
2.1. Il primo lamenta carenza di motivazione perché il decidente aveva ritenuto non dimostrata la comunicazione con più persone in quanto non aveva ritenuto che l’invio delle mail equivalesse alla dimostrazione che i destinatari le avessero lette.
2.2. Il secondo motivo investe la presunta contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione e, andando al concreto della censura, critica la sentenza impugnata che aveva ritenuto la mail non dotata di contenuto diffamatorio mentre il S.P. aveva fatto intendere ai condòmini che la persona offesa avesse tenuto comportamenti scorretti e che avesse doppi fini, tanto da imporre che le fotocopie venissero esaminate alla presenza di testimoni.
3. Il 15 gennaio 2019 il difensore dell’imputato ha depositato una memoria in cui ha postulato l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero perché:
(omissis)
3. Ciò premesso, giova osservare che il primo motivo di ricorso – quello che avversa la decisione del Giudice di pace circa la ritenuta assenza della comunicazione con più persone, che è una delle due ragioni giustificative dell’assoluzione – coglie nel segno dal momento che è incontestato che il messaggio che si assume diffamatorio sia stato indirizzato a più persone e che ciò abbia determinato quantomeno il pericolo che i destinatari lo leggessero; peraltro già le deposizioni testimoniali citate nella sentenza impugnata, relative a due dei condòmini cui la mail era indirizzata, evidenziano come questi ultimi avessero letto il messaggio, a prescindere dalla nitidezza del loro ricordo o dalla percezione soggettiva che avessero avuto dei toni che la caratterizzavano.
Tale vizio della sentenza impugnata non ne determina tuttavia l’annullamento, dal momento che è invece corretta e sufficientemente giustificata l’altra ratio decidendi della decisione avversata dal pubblico ministero romano, vale a dire quella che attiene al contenuto della comunicazione. Invero, non è contestato dal ricorrente che la missiva si collocasse in un clima di contrapposizione che aveva visto su fronti opposti l’amministratore e la persona offesa e che vi fossero pregresse contese rispetto alle quali i contenuti ed il tenore della mail non si presentano stravaganti, tanto che il Giudice di pace fa riferimento al fatto che il tono che caratterizzava la missiva dell’imputato corrispondeva a toni altrettanto duri e puntigliosi delle mail del M.T..
Ebbene, in questo ambito, la decisione si sottrae alla censure motivazionali del pubblico ministero ricorrente perché gli enunciati incriminati appaiono dotati di continenza espressiva e privi di concreta portata lesiva della persona del M.T., potendo, al più apprezzarsi come sintomatici di un irrigidimento dell’imputato (non rileva se giustificato o meno) che, sulla scorta di pregresse esperienze e della tensione che caratterizzava i rapporti, denunziava una mancanza di fiducia nei confronti della controparte e preannunziava l’adozione di rigidi formalismi nei rapporti con il condomino.
Rigetta il ricorso del pubblico ministero.