“In tema di condominio negli edifici, è nulla – e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all’art. 1137 c.c. – la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condòmini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), non serviti dall’impianto di riscaldamento”. Inoltre, “il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condòmini, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto”. Sono i due fondamentali principi di diritto richiamati dalla Cassazione con la sentenza 15932 del 13 giugno 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 13.6.2019,
n. 15932
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1. Con atto di citazione del 10/5/2010 F.T. si opponeva al decreto ingiuntivo n. 902/2010, emesso in favore del Condominio … in forza della deliberazione assembleare dell’11/7/2009 di approvazione dei bilanci consuntivi 2008/2009 e 2009/2010, per un importo pari ad euro 27.306,90. In via riconvenzionale, l’opponente domandava altresì che venisse accertata la legittimità del distacco dall’impianto comune di riscaldamento dei termoconvettori presenti nelle quattro unità abitative di sua proprietà, nonché la nullità di tutte le deliberazioni condominiali successive all’ottobre 2005, data dell’avvenuto distacco, nella parte in cui gli addebitavano le spese di consumo dei menzionati termoconvettori, con conseguente condanna del Condominio alla restituzione delle somme incassate dal 2005 a titolo di quota di consumo fisso dei termoconvettori (euro 12.448,41).
Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 714/2013, rigettava l’opposizione, rilevando che l’invalidità delle deliberazioni assembleari non poteva farsi valere nel giudizio di opposizione, ma solo con separata impugnazione ai sensi dell’art. 1137 c.c. e che il distacco non era stato comunque autorizzato dall’assemblea condominiale ai sensi dell’art. 26 l. n. 10/1991 (come modificato dal d. lgs. n. 311/2006).
2. Avverso tale sentenza proponeva appello F.T., lamentando la nullità delle delibere assembleari, la non necessità di preventiva autorizzazione assembleare per il distacco in argomento, nonché la violazione del contraddittorio per avere il Tribunale posto a base della sua decisione l’art. 26 della l. n. 10/1991, mai invocato dalle parti.
La Corte di appello di Venezia – con sentenza 5 novembre 2014, n. 2471 – rigettava il gravame, affermando, tra l’altro, che nel caso di specie non si verteva in materia di nullità, bensì di annullabilità delle deliberazioni, derivando i dedotti vizi dalla ripartizione dei contributi condominiali, con conseguente onere di far valere tali vizi entro i termini di cui all’art. 1137 c.c.; né la nullità poteva dedursi dalla pretesa violazione del diritto soggettivo dell’appellante in conseguenza della mancata autorizzazione al distacco, posto che l’assemblea non era mai stata investita di tale questione, contrariamente a quanto previsto dall’art. 6 del regolamento condominiale.
3. Contro la sentenza ricorre in cassazione F.T..
Resiste con controricorso il Condominio ….
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
I. Il ricorso è articolato in sei motivi.
a) Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1118, 1123 e 1137 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.): la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto la sola annullabilità delle deliberazioni, essendo queste invece da considerarsi nulle, a fronte dell’illegittima richiesta di pagamenti per costi non più dovuti a seguito del distacco, con conseguente possibilità di far valere il vizio anche nel giudizio di opposizione, senza necessità di rispettare i limiti temporali di cui all’art. 1137 c.c.
Il motivo è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di condominio negli edifici, è nulla – e non soggetta, quindi, al termine di impugnazione di cui all’art. 1137 c.c. – la delibera assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condòmini proprietari di locali (nella specie, sottotetti), cui non sia comune, né siano serviti dall’impianto di riscaldamento, trattandosi di delibera che inerisce ai diritti individuali di tali condòmini e non alla mera determinazione quantitativa del riparto delle spese” (così Cass. 22634/2013).
b) Il secondo motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1104, 1117, 1118 e 1135 c.c.: la Corte di appello ha erroneamente ritenuto necessaria l’autorizzazione assembleare per poter procedere al distacco dei termoconvettori dall’impianto comune.
Il motivo è fondato. Secondo questa Corte, “il condomino può legittimamente rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condòmini, fermo il suo obbligo di pagamento delle spese per la conservazione dell’impianto” (così Cass. 7518/2006 e Cass. 16365/2007).
c) L’accoglimento dei primi due motivi comporta l’assorbimento del terzo (omissis), del quarto (omissis), del quinto (omissis) e del sesto motivo (omissis).
II. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti e la causa rinviata al giudice d’appello che deciderà la causa alla luce dei principi di diritto sopra ricordati; il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
La Corte accoglie i primi due motivi, assorbiti gli altri motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.