Laddove il presunto disturbo della quiete pubblica si verifichi all’interno di un edificio condominiale, perché possa essere integrato il reato non basta che i rumori siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti gli appartamenti inferiori o superiori ma devono recare disturbo ad una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica.
È il principio di diritto richiamato dalla Cassazione nella sentenza 30156/2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 30156/2017
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1. Con sentenza in data 29.11.2016 il Tribunale di Bergamo ha condannato M.F. alla pena di euro 2.000 di ammenda ritenendola colpevole del reato di cui all’art.659 c.p. per aver, quale condomina del plesso comunale ubicato a …, provocato deliberatamente ed anche in orario notturno continui rumori e schiamazzi recando disturbo alle occupazioni e ad al riposo di G.M. e degli altri condòmini.
Avverso la suddetta sentenza l’imputata ha proposto per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando due motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p.. Con il primo motivo deduce in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 659 c.p. e al vizio motivazionale che il Tribunale non ha acquisito alcuna prova dell’effettivo disturbo avente una diffusività tale da arrecare ad un numero indeterminato di persone, anche se di fatto soltanto talune abbiano a lamentarsene avendo solo accertato un disturbo potenzialmente nocivo per la quiete ed il riposo, senza curarsi di verificarne l’idoneità a cagionare in concreto disturbo.
2. Con il secondo motivo deduce in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 659 c.p. e al vizio di illogicità della motivazione che nessuna prova risultava essere stata acquisita in ordine alla potenzialità diffusiva del disturbo, percepito solo dagli occupanti degli appartamenti immediatamente confinanti a quello dell’imputata, ovverosia di persone definite. Lamenta in sintesi la ricorrente che l’accertato “rumore di biglie che rotolano a colpi ripetuti” sia stato percepito dai soli occupanti gli appartamenti sottostanti il proprio ubicato al quinto piano della scala B (il denunciante G.M. e la condomina A., entrambi abitanti al quarto piano in due unità limitrofe) e accanto, qual è l’appartamento del P., abitante anch’egli al quinto piano però della scala A, con ciò contrastando l’insegnamento giurisprudenziale secondo il quale perché sussista la contravvenzione di cui all’art.659 in ambito condominiale è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti del medesimo edificio.
Il reato di cui all’art.659, comma 1 cod.pen. si configura secondo l’univoca interpretazione di questa Corte come reato di pericolo presunto, occorrendo ai fini del perfezionamento della fattispecie criminosa che le emissioni sonore siano potenzialmente idonee a disturbare le occupazioni o il riposo di un numero indiscriminato di persone secondo il parametro della normale tollerabilità, indipendentemente da quanti se ne possano in concreto lamentare (omissis).
Essendo invero l’interesse tutelato dal legislatore quello della pubblica quiete, la quale implica di per sé l’assenza di disturbo per la pluralità dei consociati, è necessario che i rumori abbiano una tale diffusività che l’evento di disturbo sia potenzialmente idoneo a turbare non già la tranquillità del singolo soggetto che si dolga della rumorosità prodotta da altri, bensì ad essere risentito dalla collettività, in tale accezione ricomprendendosi ovviamente il novero delle persone che si trovino nell’ambiente o comunque in zone limitrofe alla provenienza della fonte sonora, atteso che la valutazione circa l’entità del fenomeno rumoroso va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica (Sez. 3, n. 3678 del 01/12/2005). In applicazione di tali principi generali si è pertanto ritenuto che laddove l’attività di disturbo si verifichi all’interno di un edificio condominiale (così come è accaduto nel caso in esame), perché possa essere integrato il reato non basta che i rumori arrechino disturbo o “siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti gli appartamenti inferiori o superiori rispetto alla fonte di propagazione, ma occorre una situazione fattuale di rumori atti a recare disturbo ad una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio, poiché solo in questo caso può ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica” (così, testualmente, Sez. 1°, 45616/13 cit.).
Ciò premesso il ricorso deve ritenersi fondato in relazione ad entrambi i motivi.
In relazione al primo deve osservarsi che quantunque non sia necessario che l’accertamento del superamento della soglia della normale tollerabilità sia effettuato mediante perizia o consulenza tecnica, ben potendo il giudice fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete su elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti, (Sez. 1, n. 20954 del 18/01/2011), occorre ciò nondimeno accertare la diffusa capacità offensiva del rumore e dunque con riferimento al caso di specie la propagazione effettiva dei rumori, consistiti “nel rumore di biglie che rotolano e in colpi ripetuti” che affinché la condotta possa considerarsi penalmente rilevante, debbono estendersi, se non all’intero stabile condominiale, comunque ad una parte consistente di esso che vada oltre i soli locali attigui alla fonte da cui dette emissioni provengono. (omissis).
Deve pertanto censurarsi la motivazione del Tribunale che si limita ad un accertamento dell’ascrivibilità dei rumori alla M.F. in quanto unica occupante dell’appartamento del quinto piano e ad affermarne la potenzialità nociva delle emissioni sonore provenienti dal medesimo, senza darsi carico di accertarne l’incidenza e la capacità di propagazione in concreto, indice delle quali non può essere di per sé ritenuta la percezione degli occupanti degli appartamenti limitrofi, ovverosia dei due condomini del quarto piano e del condomino dell’unità limitrofa sullo steso piano di quella dell’imputata. Per quanto attiene al secondo motivo occorre infatti, affinché possa ritenersi integrata la compromissione della quiete pubblica, una situazione fattuale di rumori atti a recare disturbo ad una parte potenzialmente indeterminata e dunque rilevante degli occupanti il medesimo edificio, restando una diffusività più circoscritta limitata al danno risarcibile in sede civile. È stato infatti affermato, sempre in relazione a rumori e schiamazzi all’interno di edificio che non ricorre il reato di cui all’art. 659 cod. pen. allorquando i rumori arrechino disturbo ai soli vicini occupanti un appartamento limitrofo, all’interno del quale sono percepiti, e non ad altri soggetti abitanti nel condominio cui è inserita detta abitazione ovvero trovantisi nelle zone circostanti, non producendosi, in tali ipotesi, il disturbo, effettivo o potenziale, della tranquillità di un numero indeterminato di soggetti, ma soltanto di quella di definite persone, sicché il fatto, se del caso, può costituire illecito civile, come tale fonte di risarcimento di danno, ma giammai assurgere a violazione penalmente sanzionabile (omissis).
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Bergamo per nuovo giudizio.