A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9387/2020, ha stabilito che la clausola contenuta in un regolamento di condominio, che vieta al singolo condomino il distacco dal riscaldamento centralizzato, è nulla in quanto viola il suo diritto sulla cosa comune.
Nel caso in esame, una condòmina, citando in giudizio il condominio, aveva domandato l’accertamento della legittimità del suo distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato. La stessa riteneva di essere tenuta esclusivamente al pagamento delle sole spese di conservazione dell’impianto stesso, e che, invece, non le toccassero le spese inerenti al consumo energetico.
Tuttavia, sia il Giudice di prime cure che la Corte territoriale non accoglievano le domande dell’attrice. In particolare, i Giudici di merito, in virtù di quanto disposto dall’art. 11 del Regolamento contrattuale di condominio, stabilivano che è vietato il distacco del condòmino dall’impianto centralizzato, e, quanto al riparto delle spese, asserivano l’obbligo di contribuzione da parte di tutti i condòmini, seppur non residenti nell’appartamento di loro proprietà. Tra le altre cose, lo stesso regolamento condominiale stabiliva che i condòmini non possono rinunciare al riscaldamento.
La vicenda giungeva così in Cassazione, davanti alla quale la condomina lamentava la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362, 1369, 1371 e 1374 c.c. Secondo la ricorrente, i Giudici di merito avevano interpretato male l’art. 11 del regolamento di condominio, basandosi sul mero dato letterale della norma, che, in effetti, non esclude la possibilità, per i condòmini, di modificare gli elementi radianti, anche se con il consenso dell’amministratore. La condòmina asseriva che questa facoltà avrebbe dovuto comprendere anche la possibilità, per il condòmino, di distaccarsi dall’impianto centralizzato, e ciò in virtù del principio di solidarietà sociale e dell’interesse preminente al risparmio energetico, sanciti nel Decreto Legge n. 102/2014, in attuazione della direttiva CEE 2012/27/UE in materia di contabilizzatori individuali. Dunque, la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare unicamente se il distacco dal riscaldamento centralizzato avesse arrecato un pregiudizio al funzionamento del sistema.
Nell’accogliere il ricorso, il Tribunale Supremo ribadiva consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità, secondo cui “la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti “in radice” al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, è nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, se il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento” (Cass. Civ., n. 28051/2018; Cass. Civ., 11970/2017; Cass. Civ., n. 19893/2011)”.
Pertanto, le condizioni per il distacco dall’impianto centralizzato, vanno ravvisate nell’assenza di pregiudizio al funzionamento dell’impianto e comportano il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in questa ipotesi, il condomino che provvede al distacco deve pagare soltanto le spese di conservazione dell’impianto stesso.