Dopo aver vinto contro Comune e Azienda Idrica la causa per il risarcimento dei danni causati allo stabile dalle gravi perdite del sistema fognario, il condominio riesce ad aggiudicarsi, in Cassazione, anche la complessa controversia relativa alle spese processuali. Vediamo come e perché in qesuto estratto dell’ordinanza di Cassazione n. 21978 del 3 settembre 2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., ord. 3.9.2019,
n. 21978
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1. Con ricorso per denuncia di danno temuto del 12/8/2009, il Condominio di via … chiedeva al Tribunale di Napoli di ordinare ad ARIN, Azienda Risorse Idriche di Napoli s.p.a., e al Comune di Napoli l’immediata esecuzione delle opere necessarie all’eliminazione della situazione di pericolo derivante da gravi perdite del sistema idrico e fognario che avevano minato alle fondamenta l’edificio e causato importanti cedimenti.
Si costituivano entrambi i convenuti contestando la domanda. Espletata una CTU, il Tribunale di Napoli ordinava alla ARIN s.p.a. e al Comune di Napoli di eseguire i lavori necessari all’eliminazione del pericolo lamentato. Veniva così introdotto dal Condominio il giudizio di merito con citazione del 1/7/2010, nel quale venivano convenuti il Comune di Napoli e la ARIN s.p.a. nei confronti dei quali, previa conferma dell’ordinanza cautelare, si richiedeva l’accertamento della responsabilità ed il risarcimento dei danni patiti e patendi. Nel giudizio intervenivano anche i condòmini come in epigrafe indicati, nonché la QBE International Insurance ltd.. Dal Condominio veniva inoltrata istanza di concessione di una provvisionale ex art. 278 cod. proc. civ..
Con sentenza non definitiva n. 1717/2012, depositata il 18/2/2012, il Tribunale di Napoli accertava la responsabilità del Comune di Napoli e la ARIN s.p.a. e li condannava ex art. 278 cod. proc. civ. al pagamento in solido tra loro ed in favore del Condominio della somma di € 645.000 a titolo di provvisionale, disponendo per l’ulteriore istruzione della causa la rimessione sul ruolo e rinviando alla sentenza definitiva la regolamentazione delle spese di giudizio.
2. Con atto di appello notificato in data 27/4/2012, la ARIN s.p.a., nonché la QBE International Insurance ltd, proponevano impugnazione avverso la sentenza non definitiva n. 1717/2012, pronunciata ai sensi dell’art. 278 cod. proc. civ., lamentando l’erronea attribuzione di responsabilità alla società e l’erronea quantificazione del danno valutato dal CTU in via presuntiva, e l’inammissibilità della pronuncia sulla provvisionale da parte del giudice di prime cure. Resisteva al gravame il solo Condominio, mentre non si costituiva alcuno degli interventori.
Con sentenza n. 1991/2017, depositata in data 8/5/2017, la Corte d’Appello di Napoli rigettava l’appello avverso la sentenza non definitiva, dichiarando altresì inammissibile la domanda di accoglimento della manleva assicurativa su cui il giudice si era riservato di decidere nel prosieguo del giudizio, confermando l’accertamento sull’an debeatur espletato dal giudice di prime cure e la condanna alla provvisionale . Quanto alle spese del grado, qui in contestazione, nella parte motiva la Corte condannava «gli appellanti al pagamento delle spese del grado nei confronti del condominio e degli appellanti; «liquidazione in dispositivo come da DM 5572014», mentre nel dispositivo rinviava alla sentenza definitiva ogni statuizione sulle spese.
3. In data 16/5/2015, il Condominio svolgeva istanza per la correzione di errore materiale ex art. 287 cod. proc. civ. a causa del contrasto tra motivazione e dispositivo in materia di spese giudiziali e la Corte d’appello, con ordinanza depositata in data 2/10/2017, ne dichiarava l’inammissibilità sull’assunto che «l’invocata diversa determinazione dei compensi professionali inerisce ad un motivo di impugnazione che implica non già una semplice rettifica dei dati formali sulla base delle divergenze tra il contenuto logico della motivazione e la sua materiale rappresentazione grafica, bensì una differente e discrezionale determinazione della disciplina delle spese».
4. Avverso la sentenza n. 1991/2017, depositata in data 8/5/2017, il Condominio inoltrava ricorso per cassazione della sentenza limitatamente alla parte concernente il regolamento delle spese processuali, con atto notificato in data 7-21/12/2017, deducendo due motivi di gravame. La parte intimata non ha notificato difese.
1. Con il primo motivo, il Condominio ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 112, 132 n. 4, 385 e 156, II comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, 1 comma, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., per essere nulla la sentenza per insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo in ordine alla liquidazione delle competenze del giudizio di appello, laddove nella motivazione si precisa «liquidazione come in dispositivo» e nel dispositivo «rinvia alla sentenza definitiva ogni decisione sulle spese».
Con il secondo motivo, denuncia ex articolo 360, 1 comma, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 278, 279, 91, 93 e 112 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello omesso di liquidare in dispositivo le competenze della parte appellata, che ne aveva fatto richiesta con attribuzione al difensore anticipatario, in totale contrasto con quanto stabilito nella motivazione della sentenza medesima; inoltre, per non avere la Corte d’Appello provveduto alla liquidazione delle spese nel dispositivo, conformemente a quanto statuito nella parte motiva; nonché, per aver erroneamente statuito nel dispositivo della sentenza «rinvia alla sentenza definitiva ogni decisione sulle spese», seppur non vi sia alcun giudizio pendente innanzi alla Corte d’Appello di Napoli.
1.1. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto connessi. Essi sono fondati per quanto di seguito esposto.
1.2. Nel caso in esame, la sentenza impugnata – alle pagine 8/9 -, nella parte motiva, ha condannato gli appellanti al pagamento delle spese del grado nei confronti del Condominio, rinviando alla liquidazione in dispositivo come da DM 55/2014; mentre, nel dispositivo, ha riservato al giudizio definitivo la regolamentazione delle spese processuali.
1.3. È noto il principio in base al quale, nel caso in cui il dispositivo si ponga in evidente logico contrasto con la statuizione di condanna enunciata nella parte motiva, la questione attiene a un vizio correggibile con lo speciale procedimento di correzione. Tale vizio, in talune ipotesi, è tuttavia deducibile in sede di legittimità laddove la divergenza tra parte della motivazione e dispositivo inficia la comprensione del decisum sull’an della statuizione sulle spese, e non consente di percepire con agevolezza l’esistenza di un mero lapsus calami di natura omissiva. Orbene, la doglianza è certamente ammissibile in tale seconda ipotesi, e le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza SU Cass.21 giugno 2018 n. 16415) hanno chiarito che l’errore materiale – generalmente non scrutinabile dalla Corte di legittimità -, risulta deducibile in sede di giudizio di legittimità nella ristretta ipotesi in cui l’interessato alla correzione intenda veicolare che l’errore sia oggetto di censure astrattamente sussumibili nell’articolo 360 cod. proc. civ., come nella ipotesi in cui il ricorrente lamenta ulteriori motivi, i quali nulla hanno a che fare con l’errore materiale. In questo caso, infatti, il rispetto dei principi richiamati dalle sezioni unite della Corte di cassazione – economia processuale e ragionevole durata – risulta, in ultima analisi, un adattamento in sede processuale del principio conservativo, noto nel diritto sostanziale, ma sussistente proprio anche nella vita del processo, nel senso di valorizzazione dello strumento del processo nella massima ampiezza delle sue potenzialità risolutorie e stabilizzanti, con orientamento conforme a noti paradigmi sovranazionali, quali quello di cui all’articolo 6, par.1, CEDU (v. anche Sez. 3, Sentenza n. 29029 del 13/11/2018) .
1.4. Orbene, nel caso in esame, proprio perché la censura è rivolta a una pronuncia della Corte di appello che ha ritenuto che il «contrasto tra ideazione e dichiarazione» non sia un errore emendabile, questa Corte è chiamata a esprimersi in relazione al principio di diritto da applicare in tale materia .
1.5. Il disposto di cui all’ art. 91 cod. proc. civ. prevede che il provvedimento di liquidazione delle spese giudiziali è dovuto solo con riguardo alla sentenza che chiude il processo. La sentenza non definitiva, ove il giudice definisce solo una questione in tema di responsabilità e provvede con contestuale ordinanza per la prosecuzione del giudizio ai fini della quantificazione del danno, limitandosi a riconoscere una somma provvisionale che può essere modificata all’esito del giudizio, non è certamente in grado di chiudere il giudizio, e pertanto non implica il consequenziale provvedimento sulle spese (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6884 del 06/05/2003; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6884/2003). La liquidazione delle spese giudiziali richiede infatti la celebrazione di un giudizio autonomo e non può pertanto essere pronunciata con la sentenza non definitiva contenente una statuizione di condanna generica ai sensi dell’art. 278 cod. proc. civ., atteso che con tale sentenza il giudice non definisce la causa e non chiude il processo, provvedendo con l’emissione di contestuale ordinanza per la sua prosecuzione (cfr. anche Sez. L, Sentenza n. 740 del 04/02/1985).
1.6. Peraltro, nel giudizio di appello celebratosi in seguito a impugnazione di una sentenza non definitiva, il provvedimento di liquidazione delle spese ex art. 91 cod. proc. civ. è comunque dovuto con riguardo alla pronuncia che chiude la fase di impugnazione, perché il provvedimento giudiziale si pone a definizione di un grado di giudizio ed è idoneo a passare in giudicato, anche se in ipotesi il giudizio di merito sul quantum non prosegua e si estingua, ex art. 310, comma 2, cod. proc. civ.. Il medesimo principio è difatti rinvenibile nelle pronunce giurisprudenziali che hanno ritenuto ricorribile immediatamente per cassazione la sentenza di secondo grado che definisce il giudizio di appello avverso una sentenza non definitiva, sull’assunto che pronunciando su tutte le questioni proposte, esso esaurisce la fase del giudizio d’appello: la sentenza infatti deve essere considerata come definitiva e non suscettibile di riserva di impugnazione differita, a nulla rilevando la prosecuzione del giudizio di primo grado per la determinazione del “quantum debeatur” (Sez. L, Sentenza n. 1105 del 29/01/1993; Sez. 2, Sentenza n. 4607 del 14/07/1988).
1.7. Nel caso in esame, pertanto, la pronuncia è errata laddove nel dispositivo ha riservato al giudizio definitivo la liquidazione delle spese giudiziali, e pertanto è cassata in parte qua; conseguentemente, il giudice del rinvio dovrà pronunciarsi conformemente al principio sopra richiamato, liquidando le spese del giudizio di appello a favore della parte ritenuta vittoriosa.
2. Conclusivamente il ricorso viene accolto; per l’effetto, la Corte cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese.
I. La Corte accoglie il ricorso;
II. cassa e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese.