Se manca la possibilità di accertare obiettivamente l’intensità delle emissioni olfattive che arrecano disturbo ai condòmini di uno stabile, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, quando queste non si risolvano in valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti. È il principio di diritto espresso dalla Cassazione con la sentenza 18592/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 18592/2019
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1. Con sentenza del 26 gennaio 2018, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Lucca del 15 ottobre 2015, con cui l’imputato era stato condannato anche al risarcimento in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio, per il reato di cui all’art. 674 cod. pen., perché, nella qualità di legale rappresentante della società R.M. s.r.l., in casi non consentiti dalla legge, provocava emissioni di gas e fumo maleodoranti atte a molestare persone e, precisamente sul piazzale della ditta, collocava un grosso contenitore di metallo dove inseriva pezzi di legno – spezzoni di pannelli di compensato – cui appiccava il fuoco, provocando emissioni di fumo che si propagavano nei condomini adiacenti al piazzale della società (nel marzo 2013).
2. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, la difesa lamenta l’inosservanza dell’art. 674 cod. pen., nella misura in cui la violazione sarebbe stata ritenuta sussistente esclusivamente per la percezione della fastidiosa acredine del fumo prodotto dallo stabilimento da parte dei testi sentiti nella fase dibattimentale; dunque l’emissione olfattiva sarebbe stata valutata da soggetti diversi in modi diversi, mancando l’oggettività richiesta dalla giurisprudenza. A parere della difesa, inoltre, l’inciso contenuto nella disposizione di cui all’art. 674 cod. pen., «nei casi non consentiti dalla legge» dovrebbe essere interpretato come discrimine tra la condotta ex art. 844 cod. civ. e quella penalmente rilevante ai sensi dello stesso art. 674 cod. pen. Quindi gli agenti della polizia provinciale intervenuti avrebbero dovuto individuare se si fosse integrata la violazione di norme imperative, quantificando l’emissione in termini tecnici.
2.2. Con un secondo motivo, la difesa censura la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione, diretta conseguenza dell’erronea applicazione della norma penale lamentata nel primo motivo di ricorso.
3. Il ricorso è inammissibile, perché basato su doglianze attinenti a valutazioni di fatto, di per sé non riconducibili alle categorie di cui all’art. 606 cod. proc. pen.
Preliminarmente, va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte in relazione alla mancanza di specifici valori-limite per le immissioni olfattive, che non rientrano nell’ambito della disciplina dell’inquinamento atmosferico e che determinano il configurarsi del reato di cui all’art. 674 cod. pen. al superamento del limite della normale tollerabilità ex art. 844 cod. civ.; limite che funge da criterio di legittimità delle emissioni ai sensi della seconda parte dello stesso art. 674 cod. pen. (omissis). Orbene, è pacifico che «se manca la possibilità di accertare obiettivamente, con adeguati strumenti, l’intensità delle emissioni, il giudizio sull’esistenza e sulla non tollerabilità delle emissioni stesse ben può basarsi sulle dichiarazioni di testi, specie se a diretta conoscenza dei fatti, quando tali dichiarazioni non si risolvano nell’espressione di valutazioni meramente soggettive o in giudizi di natura tecnica ma consistano nel riferimento a quanto oggettivamente percepito dagli stessi dichiaranti» (Sez. 3, n. 37037 del 26/09/12). Tali principi trovano applicazione anche nel caso di specie, in cui la Corte d’appello e il Tribunale hanno correttamente evidenziato che le testimonianze delle persone offese sono circostanziate, tra loro sostanzialmente sovrapponibili e suffragate, nella loro oggettività, dalle segnalazioni che sono state inviate alle autorità competenti; mentre la diversità di quantificazione dell’acredine del fumo provocato dall’imputato – certamente al di fuori dei casi consentiti dalla legge – nelle testimonianze delle persone offese e del personale di polizia intervenuto non è di per sé sufficiente ad escludere l’attitudine alla molestia.
(omissis)
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.