Prova a rubare una bicicletta nel cortile condominiale, ma l’intervento del portiere glielo impedisce. Vediamo di quale reato può essere legittimamente accusato l’imputato, in questo estratto della sentenza 27143/2018 di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 27143/2018
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1 – Con sentenza del 25 ottobre 2017, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del locale Tribunale che aveva ritenuto N.D. colpevole del delitto previsto dagli artt. 56 e 624 bis cod. pen., per avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di una bicicletta custodita nel cortile condominiale ed appartenente a S.C., ivi residente, non riuscendo nel suo intento per l’intervento del custode dello stabile e degli operanti.
L’imputato era stato individuato come l’autore del furto dal portiere del condominio che ne aveva dapprima sorvegliato le mosse e, quando l’aveva visto impossessarsi della bicicletta, aveva chiamato gli operanti che l’avevano bloccato all’esterno del complesso.
2 – Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in due motivi.
2.1 – Con il primo deduce la violazione di legge il difetto di motivazione in relazione all’affermata responsabilità del prevenuto.
L’imputato, ancor prima di impossessarsi della bicicletta, aveva tentato di uscire dal cortile, non riuscendovi. Non era pertanto vero che l’imputato si fosse impossessato della bicicletta appena entrato nel cortile, né potevano provarlo le assunte fotografie, mai prodotte in atti.
Tutto ciò avrebbe, al più, potuto concretare un uso momentaneo del mezzo e non la sua sottrazione.
2.2 – Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
Il tentativo di uscire immediatamente, infatti, doveva essere valutato al fine di concludere che l’imputato aveva violato il disposto dell’art. 624 cod. pen. (il furto non consumato in abitazione o nelle sue appartenenze), o dell’art. 626 cod. pen. (il furto d’uso), e non del contestato art. 624 bis cod. pen..
Dall’utilizzo della bicicletta nel cortile condominiale, infatti, non si poteva trarre la conclusione che l’imputato la intendesse anche sottrarre.
Il ricorso promosso nell’interesse di N.D. è inammissibile.
1 – Entrambi i motivi di ricorso sono interamente versati in fatto e, invece, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (omissis).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.
La Corte milanese aveva osservato, alla luce delle inequivoche dichiarazioni del testimone (il custode dello stabile), che solo il suo rifiuto ad aprire il cancello del cortile dal quale l’imputato intendeva uscire con la bicicletta sottratta avesse impedito al medesimo di allontanarsi con il mezzo della condomina S.C.. Si era così concretato il tentativo di furto contestato al ricorrente senza che fosse possibile diversamente qualificarlo in furto d’uso (è del tutto illogica la pretesa che N.D. abbia inteso fare un uso momentaneo della bicicletta solo per percorrere i pochi metri interni al cortile) o nel furto previsto dall’art. 624 cod. pen. (dato che la costante giurisprudenza di questa Corte individua nel cortile interno, cintato, di un’abitazione una pertinenza della medesima così da doversi configurare, in caso di sottrazione di beni da tale spazio, il delitto previsto dall’art. 624 bis cod. pen: da ultimo Sez. 4, n. 4215 del 10/01/2013).
2 – All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle ammende.