Nel caso di furto di pluviali in rame in un condominio, al valore della refurtiva – per valutare l’eventuale applicazione delle circostanze attenuanti – va sommato anche l’esborso necessario per la ricollocazione delle canaline rubate. È quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza 12364/2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 12364/2018
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1. Con sentenza emessa il 14 giugno 2016, la Corte di appello di Firenze ha confermato la condanna di G.I. per il reato di furto aggravato (si trattava del furto di discendenti in rame delle pluviali di un condominio, per un peso di 12 kg.) inflittagli dal Tribunale di Lucca all’esito di rito abbreviato innestatosi su giudizio direttissimo.
2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, Avv. ….
2.1. Con un primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione nella fattispecie tentata, giacché la condotta era stata costantemente monitorata dalle forze dell’ordine, sia attraverso sistema GPS, che grazie all’osservazione diretta, sicché non vi sarebbe stato né impossessamento, né profitto.
2.2. Il secondo motivo verte sui medesimi vizi, questa volta concernenti il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 4, cod. pen., dato il valore della refurtiva, mentre la Corte di appello aveva addotto motivazioni del tutto personali per ritenere che il danno era stato superiore.
1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto le relative argomentazioni fondano su un’erronea interpretazione della giurisprudenza di questa Corte e, in particolare, di Sez. U., n. 52117 del 17/07/2014; tale precedente ha sancito che la consumazione del furto è esclusa, configurandosi al contrario il tentativo, quando l’azione si compia sotto la concomitante vigilanza della persona offesa o delle forze dell’ordine presenti in loco, ma sempre che vi sia un intervento esercitato in continenti a difesa della detenzione del bene materialmente appreso, ma ancora non uscito dalla sfera del controllo del soggetto passivo; in questo caso, sostiene la Corte, l’incompiutezza dell’impossessamento osta alla consumazione del reato e circoscrive la condotta delittuosa nell’ambito del tentativo. Il caso oggi sub iudice è diverso, giacché, seppure la condotta dell’imputato è caduta sotto la diretta osservazione delle forze dell’ordine (il GPS è irrilevante giacché non consente di visualizzare il soggetto monitorato, ma solo di seguirne i movimenti sul territorio), non vi è stato alcun intervento atto ad impedire l’impossessamento della refurtiva da parte del ricorrente, il quale si è allontanato con il maltolto ed è addirittura riuscito a smerciarlo poco dopo.
1.2. Il secondo motivo è del pari manifestamente infondato giacché i giudici di appello hanno fatto buon governo della giurisprudenza di questa Corte, laddove si è ripetutamente affermato che, al fine di valutare la ricorrenza dei presupposti per la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma 1, n. 4), cod. pen., occorre avere riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori effetti pregiudizievoli che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della sottrazione della res (omissis). La Corte di appello, infatti, ha evinto il pregiudizio per la persona offesa, basandosi su una regola di comune esperienza il cui utilizzo si sottrae alle censure promosse dall’impugnante, sulla scorta dell’esborso necessario per la ricollocazione delle canaline.
2. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di Euro 2.000.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2000 a favore della Cassa delle ammende.