Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica il principio secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne pure d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (omissis). Così si è espressa la Corte di Cassazione in merito ad una diatriba concernente l’opposizione a un decreto ingiuntivo frutto di una delibera con cui era stata approvata (a maggioranza, ma non all’unanimità) una ripartizione delle spese condominiali in parti uguali, e non secondo i millesimi. Di seguito un estratto dell’ordinanza 16389 del 21 giugno 2018.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez VI civ., ord. 21.6.2018,
n. 16389
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Il Condominio … ha proposto ricorso per cassazione, articolato in unico motivo, avverso la sentenza del Tribunale di Castrovillari del 20 aprile 2016, che aveva accolto l’appello di A.M. contro la sentenza di primo grado resa dal Giudice di pace di Oriolo e così revocato il decreto ingiuntivo n. 1/2008 emesso nei confronti dell’A.M..
Resiste con controricorso A.M..
Il giudizio era iniziato con ricorso per decreto ingiuntivo relativo a spese condominiali dovute dal condomino A.M., inerenti alla sistemazione esterna dell’edificio del Condominio …, ed approvate con delibera assembleare del 16 settembre 2005, che stabilì la ripartizione in parti uguali dei contributi. Tale delibera venne approvata dai cinque condòmini presenti all’adunanza, in assenza di altri quattro condòmini dell’edificio. Il Tribunale di Castrovillari ha affermato che si trattasse di una modificazione dei criteri di riparto delle spese condominiali priva della necessaria unanimità, con conseguenti nullità della delibera e revoca del decreto ingiuntivo su di essa fondato, così come richiesto dal condomino opponente.
L’unico motivo di ricorso del Condominio … deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1105,1109 e 1137 c.c., nonché dell’art. 36 c.p.c., in quanto non poteva il Tribunale, in sede di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali, valutare la nullità o annullabilità della delibera di approvazione e riparto delle spese oggetto di intimazione, come da interpretazione giurisprudenziale che il ricorrente richiama.
(omissis)
È certamente da ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569). Nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (omissis). Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137 c.c., comma 2, o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (omissis).
Questa Corte ha però anche chiarito, con orientamento che va ribadito e che depone per la correttezza della decisione del Tribunale di Castrovillari, come nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell’applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305). La nullità di una deliberazione dell’assemblea condominiale, del resto, comporta che la stessa, a differenza delle ipotesi di annullabilità, non implichi la necessità di tempestiva impugnazione nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137 c.c.. Una deliberazione nulla, secondo i principi generali degli organi collegiali, non può, pertanto, finché (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, come si afferma per le deliberazioni soltanto annullabili. Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica, perciò, il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421 c.c., secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne pure d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri, appunto, tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (omissis).
Ora, una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione in parti uguali (ovvero con regime “capitario”) degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, in deroga ai criteri di proporzionalità fissati dall’art. 1123 c.c., proprio come avvenuto nella delibera del 16 settembre 2005, va certamente ritenuta nulla, occorrendo semmai a tal fine una convenzione approvata all’unanimità, che sia espressione dell’autonomia contrattuale (omissis). La nullità di una siffatta delibera può, quindi, essere fatta valere anche nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei discendenti contributi condominiali, trattandosi di vizio che inficia la stessa esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa (esistenza che il giudice dell’opposizione deve comunque verificare) e che rimane sottratto al termine perentorio di impugnativa di cui all’art. 1137 c.c..
Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente Condominio va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.