Con l’ordinanza 2176 del 30 gennaio 2020, di cui riportiamo un estratto, la Corte di Cassazione spiega quando e perché un condominio debba pagare il Canone di occupazione suolo pubblico (Cosap) per le griglie e le sottostanti intercapedini.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V civ., ord. 30.1.2020,
n. 2176
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Rilevato che:
La Corte di appello di Roma, con sentenza n. 223/2015, notificata il 2.2.2015, rigettava l’appello proposto da Roma Capitale avverso la sentenza del Tribunale di Roma con cui in relazione alla domanda proposta dal Condominio dello stabile di Roma era stata dichiarata la non debenza del canone per l’occupazione di suolo pubblico per le griglie e le sottostanti intercapedini.
Il giudice di seconde cure ha ritenuto che, ai fini in esame, non fosse necessario far ricorso all’istituto della concessione presunta.
Osservava infatti che l’occupazione parziale del suolo con griglie ed intercapedini, da parte del Condominio, non potesse considerarsi abusiva in quanto, pur ritenendo che si trattasse di strada privata aperta al pubblico transito, circostanza non specificamente contestata, era stata autorizzata proprio a seguito della licenza di edificazione che aveva legittimato l’uso del suolo.
Avverso tale sentenza Roma Capitale propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo cui resiste con controricorso il Condominio dello stabile di Roma (omissis).
Considerato che:
(omissis)
Con il primo motivo di ricorso – denunciando la violazione del D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, in combinato disposto con l’art. 16 del Regolamento del Comune di Roma in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – il ricorrente si duole del fatto che il giudice di appello abbia considerato la licenza edilizia, caratterizzata da presupposti ed effetti assolutamente differenti rispetto alla concessione reale o presunta, come atto idoneo ad escludere l’abusività della occupazione in palese contrasto con la disciplina che regola la tassa di occupazione di aree pubbliche.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.
In questa prospettiva giova ricordare che il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, istituito dal D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 63, come modificato dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 31, è stato concepito dal legislatore come un “quid” ontologicamente diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal tributo (tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui al capo 2° del D. Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 ed alla L. 16 maggio 1970, n. 281, art. 5), in luogo del quale può essere applicato, e risulta configurato come corrispettivo di una concessione, reale o presunta (nel caso di occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di beni pubblici, talché esso è dovuto non in base alla limitazione o sottrazione all’uso normale o collettivo di parte del suolo, ma in relazione all’utilizzazione particolare (o eccezionale) che ne trae il singolo (Cass. Sez. U. 19/08/2003, n. 12167).
Di conseguenza, è stato affermato che “il presupposto applicativo del COSAP” è, per l’appunto, “costituito dall’uso particolare del bene di proprietà pubblica o asservito all’uso pubblico, essendo irrilevante la mancanza di una formale concessione quando vi sia un’occupazione di fatto del suolo pubblico”, tanto bastando a giustificare la pretesa di pagamento allorché – come avvenuto nel caso che ha originato il citato arresto e come nel caso della sentenza qui impugnata – non risulti, dall’impugnata sentenza, “che lo spazio utilizzato con le griglie e le intercapedini fosse inglobato nella limitrofa opera edile privata, sì da perdere irreversibilmente la qualità di parte del tessuto viario pubblico” (Cass. Sez. 1, ord. 1435 del 2018; 2019 n. 26290).
Dalla sentenza impugnata risulta infatti che le griglie ed intercapedini “de quibus” insistono pacificamente su di un suolo privato aperto al pubblico sicché per quanto sopra detto deve ritenersi dovuto il canone per l’occupazione ai sensi dell’ad 63 D. lvo 1997 nr. 446.
In tal senso il motivo ed il ricorso devono ritenersi fondati e vanno accolti e non essendo necessari ulteriori accertamenti nel merito va rigettata la domanda del Condominio.
(omissis)
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa l’impugnata sentenza e decidendo nel merito rigetta la domanda originaria del Condominio; compensa le spese del merito e condanna il Condominio al pagamento di quelle di legittimità che si liquidano in complessivi euro 2700 oltre accessori di legge ed al 15% per spese generali.