In ambito condominiale, la proprietà del sottotetto si determina in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto. È il principio di diritto al quale si è attenuta la Corte di Cassazione nel pronunciare l’ordinanza 33037 del 20 dicembre 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 20.12.2018,
n. 33037
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P.T. ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza 8 febbraio 2017, n. 281/2017, resa dalla Corte d’Appello di Firenze, pronunciando sull’appello formulato da P.T.contro la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Siena il 12 febbraio 2010.
Resistono con controricorso A.B. (e altri).
Il Tribunale, accogliendo la domanda di A.B. (e altri), tutti condòmini del Condominio …, aveva accertato che P.T. non potesse occupare lo spazio corrispondente al sottotetto posto sulla verticale includente l’appartamento di proprietà esclusiva di quest’ultimo, essendo lo stesso sottotetto destinato a servizio dell’intera collettività dei partecipanti al condominio. Gli attori avevano dedotto nella citazione del 3 agosto 2006 che P.T., su invalida autorizzazione dell’assemblea, aveva realizzato un nuovo locale in sopraelevazione dal proprio appartamento occupando il sottotetto, mediante innalzamento del colmo a 55 cm. La domanda richiedeva perciò il ripristino dello stato dei luoghi.
La Corte d’Appello di Firenze ha negato ogni “abuso del diritto” da parte del primo giudice, per aver pronunciato sulla proprietà del sottotetto, trattandosi di corretta statuizione incidentale sull’appartenenza del bene, questione oggetto anche di esame di adunanze assembleari nell’anno 2004.
Al fine di escludere la proprietà esclusiva di P.T. sul sottotetto, la Corte d’Appello ha evidenziato come lo stesso non avesse accesso dall’appartamento del ricorrente, ma soltanto mediante due scale retrattili poste nel vano scale. Per di più, a smentire l’utilità esclusiva del sottotetto per la proprietà individuale di P.T. depone, secondo i giudici di secondo grado, la presenza di canne fumarie, di cavi di utenze televisive provenienti dai vari appartamenti, di “muretti a salto di gatto”, di una botola di accesso alla soffitta posti alla fine di ciascuna scala condominiale. Né l’appellante aveva dimostrato un acquisto a titolo originario o derivativo del bene conteso. Quanto alla delibera assembleare del 9 settembre 2004, la Corte di Firenze ha negato che essa avesse all’unanimità concesso a P.T. l’uso esclusivo del sottotetto, avendo a quella riunione peraltro presenziato solo nove condòmini su dodici e votato a favore in sei.
(omissis)
Il secondo motivo censura la violazione dell’art. 1117 c.c., avendo la Corte d’Appello attribuito natura condominiale al sottotetto non in base alla sua consistenza e potenziale utilizzazione, ma soltanto per la mancanza di collegamento con l’appartamento sottostante di proprietà del ricorrente.
(omissis)
II. Il secondo motivo è infondato. Si controverte di un sottotetto sovrastante all’appartamento di proprietà esclusiva di P.T.. Tale bene non è espressamente nominato nell’elenco esemplificativo contenuto nell’art. 1117 c.c. (formulazione applicabile ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220).
Secondo, tuttavia, la consolidata interpretazione di questa Corte, sono comunque oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio, agli effetti dell’art. 1117 c.c. (in tal senso, peraltro, testualmente integrato, con modifica, in parte qua, di natura interpretativa, proprio dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220) i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune (omissis). Altrimenti, ove non sia evincibile il collegamento funzionale, ovvero il rapporto di accessorietà supposto dall’art. 1117 c.c. tra il sottotetto e la destinazione all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, giacché lo stesso sottotetto assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità l’appartamento dell’ultimo piano, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, esso va considerato pertinenza di tale appartamento. La proprietà del sottotetto si determina, dunque, in base al titolo e, in mancanza, in base alla funzione cui esso è destinato in concreto: nel caso in esame, la Corte di Appello di Firenze, con apprezzamento di fatto spettante in via esclusiva al giudice del merito, ha accertato che il locale sottotetto non fosse posto in destinazione pertinenziale a servizio dell’appartamento di proprietà esclusiva di P.T., ma fosse destinato all’uso comune come locale di sgombero, tenuto conto delle modalità di accesso ad esso, del suo utilizzo per l’installazione di canne fumarie e per il passaggio di cavi televisivi provenienti dai vari appartamenti, nonché del collegamento con le scale condominiali. Sussistendo i presupposti di fatto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria del sottotetto, e dunque operando la presunzione di attribuzione al condominio ex art. 1117 c.c., doveva allegarsi un titolo contrario per derogarvi, ma vanamente il ricorrente intende superare la presunzione normativa di condominialità invocando il sindacato di legittimità sul mancato uso da parte della Corte di merito di altre presunzioni semplici, finendo soltanto con l’affermare un convincimento diverso da quello espresso nella sentenza impugnata.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.200, di cui C 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.