La Cassazione ha ribadito che per le controversie inerenti il posizionamento delle tubature di collegamento all’edificio non rispondono i proprietari degli alloggi in condominio che fruiscono del servizio, ma il fornitore dell’energia.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 29.9.2020,
n. 20542
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1. La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza pubblicata il 7 dicembre 2015, ha rigettato l’appello proposto dal Seminario Arcivescovile del capoluogo sardo avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari n. 352 del 2014 e nei confronti di ISGAS s.c.a.r.l., E.L. (e altri), questi ultimi in qualità di eredi di G.L..
1.1. Nel 2009 l’Ente ecclesiastico convenne in giudizio ISGAS ed i condòmini dell’edificio sito in Via …, in Cagliari, per ottenere, previo accertamento dell’inesistenza della servitù di gasdotto, la condanna di ISGAS a rimuovere le due tubature di collegamento a vista posizionate lungo la facciata dell’edificio sito al civico 32 della Via … e lungo la recinzione dell’annesso cortile, entrambe in proprietà dell’Ente.
1.2. La società ISGAS eccepì di avere posizionato le tubature dopo essere stata autorizzata da un incaricato dell’Ente. I condòmini G.L. ed E.L. si difesero eccependo la propria estraneità ai fatti e la carenza di legittimazione passiva, essendosi limitati il primo a chiedere l’attivazione dell’utenza ed il secondo ad usufruire del servizio di fornitura del gas. Rimasero contumaci gli altri condòmini.
1.3. Il Tribunale accolse la domanda nei confronti di ISGAS, ritenendo i condòmini privi di legittimazione passiva, e condannò il Seminario Arcivescovile a tenerli sollevati dalle spese processuali.
2. La Corte d’appello, adita dal Seminario Arcivescovile che contestava sotto plurimi profili la ritenuta carenza di legittimazione passiva dei condòmini G.L. ed E.L. e la consequenziale pronuncia sulle spese, ha confermato la sentenza di primo grado sul rilievo che l’Ente era risultato soccombente nei confronti dei G.L. ed E.L..
Costoro – che erano soltanto utenti del servizio gas e che pertanto non avrebbero dovuto essere convenuti in giudizio – avevano sostenuto spese indotte dall’errore in cui era incorso il Seminario, ed era irrilevante che non fosse stata formulata domanda alcuna nei loro confronti. Secondo la Corte d’appello, infatti, l’esigenza di difendersi era sorta in capo ai G.L. ed E.L. «già in conseguenza della notifica dell’atto di citazione in giudizio e delle argomentazioni in esso contenute relative alla sussistenza della loro legittimazione passiva».
3. Il Seminario Arcivescovile di Cagliari ricorre per la cassazione della sentenza, sulla base di quattro motivi, ai quali resistono con autonomi atti di controricorso E.L., (e altri), eredi di G.L.. Non ha svolto difese in questa sede ISGAS s.c.a.r.l.
1. Con il primo motivo di ricorso, che denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 100 e 112 cod. proc. civ., l’Ente ecclesiastico contesta che l’eccezione formulata da G.L., di estraneità al rapporto intercorrente tra il Seminario Arcivescovile e la società ISGAS, corrispondesse ad un’eccezione di difetto di legittimazione passiva, trattandosi piuttosto della sollecitazione di una pronuncia sul merito della controversia, che presupponeva l’interesse a stare in giudizio sancito.
2. La doglianza è inammissibile.
2.1. La legitimatio ad causam, attiva e passiva, consiste nella titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto, secondo la prospettazione della parte, mentre l’effettiva titolarità del rapporto controverso, attenendo al merito, rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio dei soggetti in lite. Ne consegue che il difetto di legitimatio ad causam, riguardando la regolarità del contraddittorio, costituisce un error in procedendo ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo (ex plurimis, Cass. 27/03/2017, n. 7776; Cass. Sez. U 16/02/2016, n. 2951).
Così stando le cose, è chiaro che quella che il ricorrente definisce eccezione non è altro che difesa, e che rispetto ad essa non è neppure in astratto configurabile il vizio processuale denunciato con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ..
Si può ulteriormente precisare che, in ogni caso, deducendo la propria estraneità ai fatti di causa la difesa dei condòmini non sollecitava alcun accertamento di merito, ma soltanto il rilievo della carenza di legittimazione passiva puntualmente avvenuto.
3. Con il secondo motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e si censura la statuizione di condanna del Seminario Arcivescovile al pagamento delle spese processuali in favore di G.L., pur in assenza di una specifica domanda in tal senso da parte del convenuto.
3.1. La doglianza è manifestamente infondata.
La pronuncia con la quale il giudice regola le spese del giudizio costituisce un atto dovuto, che non necessita di domanda (cfr. Cass. 17/04/1962, n. 735), con la conseguenza che non può configurarsi, rispetto a tale pronuncia, il vizio di “ultra” o “extra” petizione.
4. Con il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 949, 1027 cod. civ. e 100 cod. proc. civ., il Seminario Arcivescovile censura la sentenza d’appello nella parte in cui non ha individuato il fondo dominante della servitù oggetto dell’actio negatoria nei singoli appartamenti che usufruiscono della fornitura del gas.
4.1. La doglianza è priva di fondamento.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito in tempi risalenti e costantemente riaffermato che titolare della servitù di elettrodotto-gasdotto-acquedotto non è il proprietario del fondo che riceve la fornitura ma il fornitore dell’energia, dovendosi identificare il fondo dominante nell’impianto di tubazioni (ex plurimis, Cass. 12/07/1974, n. 2078; Cass. 25/03/1980, n. 1991; Cass. 30/05/2003, n. 8815; Cass. 19/05/2006, n. 11784; Cass. 11/09/2018, n. 22050).
5. Con il quarto motivo di ricorso è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 88 e 91 cod. proc. civ. e si lamenta che i convenuti E.L. (e altri), limitandosi ad eccepire la propria estraneità ai fatti di causa nonché il proprio difetto di legittimazione passiva, abbiano ottenuto come unico risultato della loro costituzione il rimborso delle spese processuali, in spregio ai principi di lealtà e probità che devono guidare il comportamento delle parti in giudizio, mentre i giudici di merito, condannando il Seminario ad una simile rifusione, non abbiano correttamente applicato il principio della soccombenza ed il principio di causalità delle spese ex art. 91 cod. proc. civ..
4.1. La doglianza è fondata.
Risulta agli atti che la citazione notificata ai signori E.L., (e altri), come agli altri condòmini del civico … di Via …, aveva finalità di mera litis denuntíatio, non essendo stata formulata alcuna domanda nei confronti di costoro. In assenza di vocatio in ius da parte dell’Ente ecclesiastico, non poteva trovare applicazione il principio di causalità né quello di soccombenza (omissis).
5. L’accoglimento quarto motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata in parte qua ed il rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale regolerà le spese del giudizio di merito tenendo conto del principio richiamato, e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta i rimanenti, cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Cagliari, in diversa composizione.