Per l’omissione dei lavori in “edifici che minacciano rovina”, in assenza di volontà assembleare e stanziamento di fondi sono responsabili i singoli proprietari e non il professionista. È il principio di diritto rimarcato dalla Cassazione con la sentenza 50366/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. I pen., sent. n. 50366/2019
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1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza emessa in data 14/07/2017 dal Tribunale di Foggia in composizione monocratica, che condannava G.A. e A.M. alla pena condizionalmente sospesa di mesi uno di arresto in ordine al reato di cui all’art. 677, comma 3, cod. pen., accertato il 7.9.13.
La Corte territoriale ritiene indubbia la concretezza del pericolo alle persone e la colpa addebitabile agli imputati, che, quali proprietari delle singole unità abitative, omettevano per lunghissimo tempo i dovuti adempimenti posti a loro carico dalle ordinanze sindacali. (omissis).
2. Avverso tale sentenza G.A. e A.M. ricorrono, tramite il proprio comune difensore, per cassazione.
(omissis)
2.2. Col secondo motivo di ricorso la difesa denuncia violazione dell’art. 677, comma 3, cod. pen. e vizio di motivazione. Osserva che nel caso di specie, essendovi un amministratore del condominio e quindi una persona tenuta alla vigilanza e manutenzione dell’edificio condominiale, lo stesso andava considerato soggetto attivo del reato al posto dei proprietari, la cui responsabilità era unicamente sussidiaria. Lamenta che tale profilo sia stato assolutamente trascurato dalla sentenza impugnata.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione ci si duole del difetto assoluto di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato. Si rileva che con l’appello era stato evidenziato che gli imputati, in quanto proprietari, erano esenti da qualsiasi tipo di colpa, sia perché del problema si era occupato l’amministratore condominiale mediante il transennamento della zona, sia perché essi, indipendentemente dall’intervento dell’amministratore, si erano adoperati per procedere alla demolizione della struttura di loro proprietà, ma questa iniziativa richiedeva per la pratica attuazione sia l’approvazione del Comune di Foggia, sia la contestuale partecipazione degli altri condomini, proprietari di altre porzioni dell’edificio anch’esse pericolanti.
(omissis)
1. I ricorsi sono inammissibili.
(omissis)
1.2. Inammissibile è, altresì, il secondo motivo di ricorso in quanto manifestamente infondato e aspecifico, a fronte anche della motivazione della sentenza di primo grado (che costituisce un unicum motivazionale con quella impugnata). Detta sentenza, invero, osserva come “gli imputati, destinatari, tra gli altri, delle richiamate ordinanze sindacali, e proprietari di singole unità abitative comprese nel fabbricato, fossero tenuti all’obbligo di mantenere l’edificio in condizioni tali da evitare l’insorgere di pericoli per la pubblica incolumità”. Rileva che, “a prescindere dalla responsabilità di altri comproprietari dell’immobile …, è indubbio che gli odierni imputati sono rimasti inerti nonostante l’intimazione sindacale ad eseguire i lavori necessari alla messa in sicurezza dell’edificio”. Sottolinea, quindi, come la responsabilità sia dei proprietari delle unità abitative, altresì destinatari dell’intimazione sindacale. Venendosi così ad escludere ogni responsabilità dell’amministratore condominiale, che al più avrebbe potuto concernere le parti condominiali pericolanti.
Ma, anche con riguardo a tale responsabilità, questa Corte ha osservato che in tema di omissione di lavori in costruzioni che minacciano rovina negli edifici condominiali (nella specie, i solai dei locali garage), nel caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento di fondi necessari per porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo non può ipotizzarsi la responsabilità per il reato di cui all’art. 677 cod. pen. a carico dell’amministratore del condominio per non aver attuato interventi che non erano in suo materiale potere, ricadendo in siffatta situazione su ogni singolo proprietario l’obbligo giuridico di rimuovere la situazione pericolosa, indipendentemente dall’attribuibilità al medesimo dell’origine della stessa (Sez. 1, n. 21401 del 10/02/2009: nell’affermare tale principio, la Corte ha anche chiarito che, nel caso previsto dal terzo comma della citata norma, al fine di andare esente da responsabilità, è sufficiente per l’amministratore intervenire sugli effetti della rovina, interdicendo, ove ciò sia possibile, l’accesso o il transito delle persone).
1.3. Manifestamente infondato e aspecifico è pure il terzo motivo di impugnazione. La sentenza impugnata anche in punto di elemento soggettivo del reato è integrata dalla sentenza di primo grado, che, oltre a ricalcare quanto già riportato, evidenzia che “ai fini dell’integrazione del reato in parola che costituisce illecito contravvenzionale, è sufficiente la colpa e non è, quindi, necessario che la condotta omissiva sia motivata da una specifica volontà di sottrarsi ai dovuti adempimenti, essendo al contrario, sufficiente a tanto anche un atteggiamento negativo dovuto a colpa” e che “nel caso di specie si trattava di interventi da tempo necessari, la cui esecuzione era stata di fatto procrastinata a tempo indeterminato”. Quanto, poi, alle lamentate difficoltà oggettive degli interventi di messa in sicurezza, in assenza della collaborazione di altri proprietari e di autorizzazioni amministrative, i ricorsi non sono autosufficienti, sembrando, peraltro, la successiva messa in sicurezza smentire tale doglianza.
(omissis)
2. I ricorsi devono essere, pertanto, dichiarati inammissibili, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, ciascuno al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.