Conclusione paradossale di una vicenda. Un condominio chiama in giudizio una società idrica perché il contatore generale aveva misurato consumi a suo giudizio eccessivi per 7 anni, per quasi 400mila euro di fatture. Alla fine della vicenda è risultato che il contatore installato dalla società fornitrice era davvero malfunzionante, ma tale difetto si era tradotto in un’indicazione dei consumi a discapito della società erogatrice ed a favore del Condominio.
Di seguito un estratto dell’ordinanza di Cassazione numero 31221 del 29 novembre 2019.
—————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 29.11.2019,
n. 31221
————–
1. Il Condominio … convenne in giudizio la A. s.p.a. davanti al Tribunale di Cagliari e – sulla premessa di essere titolare di un’utenza idrica cui erano collegati un contatore generale ed i singoli contatori dei componenti del Condominio – rilevò che nel periodo tra il 2005 ed il 2011 il contatore aveva misurato consumi del tutto eccessivi, da connettere ad un cattivo funzionamento del contatore generale. Aggiunse che la società convenuta aveva sostituito il contatore difettoso in data 23 aprile 2011 e che da quel momento in avanti i consumi registrati erano stati nettamente inferiori. Chiese, pertanto, che fossero determinati i consumi effettivi del periodo suindicato, con conseguente calcolo della minore somma dovuta alla società A. s.p.a..
Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda dell’attore e proponendo domanda riconvenzionale per la condanna del Condominio al pagamento delle fatture emesse, per la somma complessiva di euro 398.543,75.
Espletata istruttoria con lo svolgimento di una c.t.u. e la produzione di documenti, il Tribunale rigettò la domanda principale, accolse quella riconvenzionale e condannò il Condominio attore al pagamento della somma richiesta dalla convenuta, con il carico delle spese di lite.
2. La pronuncia è stata impugnata dall’attore soccombente e la Corte d’appello di Cagliari, con sentenza del 6 luglio 2017, ha rigettato il gravame e ha condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Cagliari ricorre il Condominio … con atto affidato a due motivi.
Resiste la A. s.p.a. con controricorso.
(omissis)
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., sostenendo che la Corte di merito avrebbe compiuto un’errata valutazione delle prove e, in particolare, della c.t.u., che aveva accertato il malfunzionamento del contatore originario.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2697 cod. civ., sul rilievo che la società A. s.p.a. era gravata dell’onere di dimostrare di avere correttamente adempiuto alla sua obbligazione derivante dal contratto di somministrazione, onere che essa non avrebbe assolto, così come non avrebbe dimostrato il fondamento del credito riconosciuto dalla sentenza in esame.
3. I due motivi, da trattare congiuntamente, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.
Ed invero la Corte d’appello, con una motivazione supportata dall’analisi dei documenti e dell’espletata c.t.u., ha spiegato che era risultato dimostrato che, effettivamente, il contatore originariamente installato dalla società fornitrice era malfunzionante; tale difetto, però, si era tradotto in un’indicazione dei consumi a discapito della società A. s.p.a. ed a favore del Condominio oggi ricorrente, per cui in realtà ciò aveva arrecato danni alla società fornitrice e non all’utente.
A fronte di tale accertamento in fatto, che questa Corte non può più mettere in discussione, il primo motivo di ricorso è inammissibile, perché si risolve in una richiesta di diversa valutazione del materiale probatorio, cioè in una sollecitazione ad ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito; il secondo motivo, invece, è privo di fondamento perché, pur essendo stato dimostrato l’inadempimento della società fornitrice sotto il profilo dell’indicazione di una quantità d’acqua non rispondente a quella fatturata, in realtà detto errore si è risolto in un vantaggio per il cliente e in un danno per la società A. s.p.a…
4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.
A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi euro 6.500, di cui euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.