Il cortile condominiale dello stabile appartiene al novero delle pertinenze del condominio o dei condòmini (nozione che dal punto di vista penale non coincide con quella civilistica e viene piuttosto accostata al concetto di appartenenza) il che consente di ritenere configurata, così come ritenuto correttamente dalla Corte territoriale, l’ipotesi di tentato furto in abitazione.
È quanto emerge dalla sentenza 5968/2020 di Cassazione, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. IV pen., sent. n. 5968/2020
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1. La Corte di Appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino del 3.03.2016, che ha condannato A.M. e D.A. alla pena di giustizia per il delitto di tentato furto in abitazione, in Torino, il 26.04.2013.
1.1. In punto di fatto va ricordato che secondo la ricostruzione operata dai Giudici di merito gli imputati dopo essere entrati dal portone dello stabile erano stati trovati nel cortile condominiale. Gli stessi in sede di interrogatorio avevano ammesso che avevano cercato biciclette da rubare e che, a tal fine, avevano fatto anche una perlustrazione nei vari piani dello stabile, che poi erano discesi e avevano trovato la Polizia Giudiziaria che li aveva identificati.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, a mezzo del proprio difensore, censurando l’affermata qualificazione del fatto quale tentato furto in abitazione, sotto il profilo della erronea applicazione della legge nonché della manifesta illogicità e della carenza della motivazione. Lamentano che l’ipotesi descritta dall’art. 624 bis c.p. richiede un uso esclusivo da parte del proprietario del luogo ove il fatto illecito viene commesso, esclusività che non ricorre nel caso di specie in cui si trattava di un cortile su cui insistevano vari accessi delle singole abitazioni e non poteva ritenersi che fosse pertinenza di tali abitazioni ma parte di un’indistinta comunione.
3. I ricorsi sono manifestamente infondati per i motivi di seguito precisati.
3.1. In primo luogo, nel ricorso avanti questa Corte si prospettano le medesime questioni che hanno formato oggetto del giudizio di appello e sulle quali è stata data specifica risposta.
Quanto alla pretesa errata qualificazione del reato ascritto all’imputato, giova osservare, in diritto, come l’art. 624 bis c.p., innovando rispetto alla precedente formulazione dell’art.625 c.p. che puniva più gravemente la condotta di furto realizzatasi attraverso l’introduzione o l’intrattenersi in un edificio destinato ad altrui “abitazione”, preveda nella nuova formulazione, vigente dal 2001, la condotta dell’impossessamento mediante introduzione in un luogo destinato “a privata dimora” ovvero nelle sue pertinenze. La nuova norma punisce il comportamento di chi si impossessi della cosa altrui mediante introduzione in uno dei luoghi nei quali la persona compia, anche in modo transitorio e contingente, atti della vita privata: tale essendo il luogo di “privata dimora” che è nozione più ampia e comprensiva di quella di “abitazione”, come è dimostrato anche dalla formulazione dell’art. 614 c.p., ove sono entrambi presenti (cfr. Cass. Sez. 5, n. 4569 del 22/12/2010).
Secondo la diffusa opinione anche la nozione di pertinenza valevole ai fini dell’art. 624 bis c.p. (in passato il riferimento era all’art. 625 c.p.) non coincide con quella civilistica, non richiedendo essa l’uso esclusivo del bene da parte di un solo proprietario. Piuttosto essa viene accostata alla nozione di appartenenza, di cui all’art. 615 c.p.. Elemento caratterizzante è quindi quello della strumentalità, anche non continuativa e non esclusiva, del bene alle esigenze di vita domestica del proprietario. La giurisprudenza ha quindi ritenuto integrato il nuovo reato anche nel caso in cui il fatto sia stato commesso in una portineria condominiale (Cass. Sez. 5, n. 28192 del 25/03/2008).
Pertanto, il cortile condominiale dello stabile appartiene al novero delle pertinenze del condominio (o dei condòmini) e consente di ritenere configurata, così come ritenuto correttamente dalla Corte territoriale, l’ipotesi tentata del furto in abitazione (Cfr. Sez. 4, Sentenza n. 4215 del 10/01/2013 ud., dep. 28/01/2013).
(omissis)
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.