Se da un lato l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, dall’altro il regolamento condominiale può contenere limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condòmini, può validamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella dell’art. 1120 c.c. e può derogare all’art. 1102 del c.c..
È quanto rimarcato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 17965 del 27 agosto 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 27.8.2020,
n. 17965
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D.C. e R.C. hanno proposto ricorso articolato in sei motivi avverso la sentenza n. 822/2015 della Corte d’appello di Roma, depositata il 4 febbraio 2015.
Resistono con distinti controricorsi S.C. e la società P.d.P. s.n.c. di E.F. e c..
Non ha svolto attività difensive il Condominio di via …, cui il ricorso è stato notificato in data 8 novembre 2019, in adempimento dell’ordine di integrazione del contraddittorio disposto con ordinanza del 22 ottobre 2019.
Con citazione del 23 maggio 2002 il Condominio di via …, convenne il condomino S.C. nonché G.C. e C.F., conduttori dell’unità immobiliare di proprietà S.C., adibita a pizzeria, per sentir dichiarare inefficace la delibera assembleare del 7 giugno 2000, che aveva autorizzato la collocazione di una canna fumaria sul muro comune del cortile. Intervennero nella causa D.C. e R.C., usufruttuario e nudo proprietario dell’immobile sovrastante il locale pizzeria, per chiedere la rimozione della canna fumaria. Il Tribunale di Roma, con sentenza del 10 aprile 2008, dichiarò inammissibile la domanda del Condominio per difetto di procura alle liti e condannò i convenuti a rimuovere la canna fumaria. Propose appello principale la P.d.P. s.n.c. di E.F. e c., cessionaria di G.C. e C.F., mentre formularono appelli incidentali il Condominio di via …, S.C., G.C. e C.F., D.C. e R.C..
La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 4 febbraio 2015: accolse l’impugnazione incidentale del Condominio, quanto alla validità della procura alle liti ed alla legittimazione processuale; accolse l’appello principale della P.d.P. s.n.c. e quello incidentale di S.C., asserendo che non era stato dedotto alcun divieto regolamentare, negando che la canna fumaria installata violasse le distanze legali rispetto alle finestre delle scale, ravvisando nell’appoggio dell’impianto un uso legittimo del muro perimetrale, ex art. 1102 c.c., ed escludendo altresì la lesione del decoro architettonico del fabbricato; rigettò l’appello di D.C. e R.C., non essendo stati riscontrati i cattivi odori provenienti dalla canna fumaria, né un malfunzionamento dell’impianto, e respingendo le doglianze sul contatore del gas e sulla prospettazione di una servitù.
(omissis)
I. Il primo motivo del ricorso di D.C. e R.C. denuncia la violazione degli artt. 1137 e 1138 c.c., degli artt. 112 e 132 n. 4 c.p.c., nonché l’omesso esame di fatto decisivo, evidenziando come a pagina 4 della comparsa di intervento del 10 gennaio 2003 essi avessero richiamato l’art. 7 del prodotto regolamento di condominio, contenente un espresso divieto di installazione di tubi sui muri condominiali. Tale eccezione inerente al divieto regolamentare era poi stata riproposta nella comparsa di costituzione in appello.
(omissis)
Il primo motivo di ricorso risulta fondato, e l’accoglimento di tale censura determina l’assorbimento dei restanti motivi, i quali involgono ragioni che perdono di immediata rilevanza decisoria in ragione della fondatezza del primo, e che potranno essere riesaminati eventualmente in sede di rinvio.
Ha ragione la Corte d’appello di Roma a richiamare il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno – quest’ultimo – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito (e risulta compiuta alla pagina 4 della sentenza impugnata, avendo riguardo a dimensioni, consistenza e tipologia del manufatto), rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (omissis).
Sennonché, la Corte d’appello ha affermato in premessa che, quanto alla legittimità della installazione della canna fumaria nel cortile, non era stato dedotto che vi fosse un “divieto regolamentare”. Il primo motivo del ricorso di D.C. e R.C. espone, al contrario, come a pagina 4 della comparsa di intervento del 10 gennaio 2003 essi avevano richiamato l’art. 7 del prodotto regolamento di condominio, contenente un espresso “divieto di installazione sui muri condominiali di tubi di qualsiasi genere”. La stessa eccezione inerente al divieto regolamentare era poi stata riproposta da D.C. e R.C. nella comparsa di costituzione in appello.
L’omesso esame di tale divieto regolamentare risulta decisivo, in quanto lo stesso, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
È infatti altrettanto consolidato l’orientamento di questa Corte – proprio con riguardo a disposizioni che stabiliscano il divieto assoluto di apportare qualsiasi modifica alle parti esterne dell’edificio, o, come allegato nel caso in esame, di installare tubi sui muri perimetrali – che riconosce all’autonomia privata la facoltà di stipulare convenzioni che pongano limitazioni nell’interesse comune ai diritti dei condòmini, anche relativamente al contenuto del diritto dominicale sulle parti comuni o di loro esclusiva proprietà. Inoltre, il regolamento può validamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art. 1120 c.c. e supposta dal medesimo art. 1102 c.c., arrivando al punto di imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica ed all’aspetto generale dell’edificio (omissis).
Il regolamento di condominio può, del resto, validamente derogare alle disposizioni dell’art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, 09/11/1998, n. 11268).
L’elaborazione della giurisprudenza spiega come le modificazioni apportate da uno dei condòmini, in violazione del divieto previsto dal regolamento di condominio, connotano tali opere come abusive e pregiudizievoli al decoro architettonico dell’edificio e configurano l’interesse processuale del singolo condomino che agisca in giudizio a tutela della cosa comune (omissis).
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.