Avv. Giuseppe Donato Nuzzo
“Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali costituiscono non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quel partecipante), una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso”. È questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3847 del 15 febbraio 2021.
Per la Corte, il bilancio consuntivo approvato dall’assemblea, che riporta i debiti pregressi di un condomino, fa scattare nei suoi confronti il decreto ingiuntivo per l’intera somma. La delibera, infatti, costituisce titolo di credito anche con riguardo alle gestioni anteriori, se non viene impugnata entro trenta giorni.
Il fatto. La vicenda esaminata dagli Ermellini riguarda l’opposizione promossa da un condomino contro il decreto ingiuntivo relativo a contributi risultanti dal rendiconto consuntivo 2013, nonché del preventivo 2014, approvati dall’assemblea condominiale. Il proprietario rimette in discussione i conti, affermando tra l’altro che la delibera impugnata non può avere valenza di titolo di credito anche con riguardo alle gestioni pregresse. A suo dire, il bilancio ha una valenza limitata temporalmente ad un anno di gestione.
Eccezione respinta dai giudici, che hanno invece confermato l’ingiunzione di pagamento.
Impugnazione. Gli Ermellini ricordano che la delibera che approva il rendiconto annuale dell’amministratore può essere impugnata dai condomini assenti e dissenzienti entro 30 giorni, non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità.
Carattere vincolante. Dall’approvazione del rendiconto annuale, vincolante per tutti i condomini, discende l’insorgenza, e quindi la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell’edificio.
Una volta, perciò, che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l’amministratore, per ottenere il pagamento delle somme in esso risultanti, non è tenuto a sottoporre all’esame dei singoli condomini i documenti giustificativi. Tali documenti, infatti, “devono essere controllati prima dell’approvazione del bilancio, senza che sia ammissibile la possibilità di attribuire ad alcuni condomini la facoltà postuma di contestare i conti, rimettendo così in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza”.
Morosità pregresse. Nel rendiconto, redatto ai sensi dell’art. 1130-bis c.c. e secondo il “principio di cassa”, “i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all’esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento. Dopo che siano stati inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condomini morosi per il pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio”.
Continuità. Il rendiconto condominiale, in forza del principio di continuità, “deve partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente, a meno che l’esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all’amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo”.
Annualità. Non ha senso – conclude la Corte – “invocare al riguardo il limite della dimensione annuale della gestione condominiale, la quale vale ad impedire, piuttosto, la validità della deliberazione condominiale che, nell’assenza di un’unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condomini ad una previsione pluriennale di spese”.