La delibera è nulla, se non approvata all’unanimità dei condòmini (e non solo di quelli presenti in assemblea), quando attribuisce l’impianto di riscaldamento centralizzato in proprietà esclusiva solo ad alcuni condòmini, con esenzione delle spese di manutenzione per gli alloggi scollegati.
Di seguito, un estratto dell’importante sentenza 6090 di Cassazione, datata 4 marzo 2020.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 4.3.2020,
n. 6090
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1. Con atto di citazione del luglio 2002 il sig. A.R. impugnava, dinanzi al Tribunale di Padova, la delibera dell’assemblea straordinaria del 7 giugno 2002 del Condominio …, con la quale era stata approvata con l’unanimità dei presenti (ma in assenza di esso attore) la trasformazione dell’impianto di riscaldamento ed il contestuale distacco dei tre appartamenti ubicati al terzo piano, stabilendo che l’amministratore non effettuasse la predisposizione della relazione tecnica prevista dalla legge n. 10 del 1991. L’impugnazione di detta delibera era stata proposta per sua asserita nullità siccome non adottata dall’unanimità dei condòmini con riferimento al criterio individuato per la ripartizione delle spese e per l’insufficiente contribuzione determinata a carico dei condòmini del terzo piano.
Nella costituzione del resistente Condominio, l’adìto Tribunale, con sentenza n. 361 del 2006, accoglieva per quanto di ragione la formulata domanda, dichiarando la nullità – per mancata approvazione all’unanimità – dell’impugnata delibera nella parte in cui aveva approvato di attribuire in esclusiva proprietà ai soli condòmini del primo e secondo piano l’impianto di riscaldamento e l’esenzione delle spese di manutenzione per i condòmini posti al terzo piano, rigettando nel resto la domanda stessa.
2. Interposto appello da parte del A.R. e nella costituzione dell’appellato Condominio (il quale, a sua volta, formulava appello incidentale), la Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 2662/2014 (depositata il 26 novembre 2014), rigettava entrambi i gravami e, per l’effetto, confermava l’impugnata decisione di primo grado.
Con riferimento all’appello principale, la Corte veneta osservava che, in effetti, l’oggetto dell’impugnata delibera consisteva nella sostituzione della vecchia caldaia con una nuova e nel distacco dei condòmini del terzo piano, precisando che l’impianto centralizzato non aveva subìto trasformazioni (essendo stato, per l’appunto, solo sostituito) e che l’approvato distacco era risultato finalizzato al migliore funzionamento dell’impianto centralizzato a servizio del piani primo e secondo.
Quanto all’appello incidentale, riconfermato che l’impugnata delibera andava approvata dall’unanimità dei condòmini (avuto riguardo alla prevista deroga dei criteri legali di ripartizione delle spese e alla decisione che dispone innovazioni dei diritti di alcuni condòmini alle cose e servizi comuni), riteneva che, pur se la nuova caldaia serviva solo gli appartamenti del primo e secondo piano, non poteva considerarsi venuta meno ogni ragione di comproprietà di tale piano anche in capo a condòmini del terzo piano.
3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito ad un unico motivo, il Condominio …. L’intimato A.R. non si è costituito nella presente sede.
1. Con il formulato motivo il ricorrente Condominio ha denunciato – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118 e 1123 c.c. nella parte in cui, con l’impugnata sentenza, era stato ritenuto che fosse necessaria l’approvazione con il voto unanime dei condòmini, e non con l’unanimità dei soli condòmini presenti (in assenza di altri), della delibera condominiale nella parte in cui era stato disposto che il nuovo impianto di riscaldamento fosse comune ed ad uso esclusivo dei soli condòmini del primo e secondo piano, non servente le parti comuni, e che rimanesse comunque in comproprietà anche dei condòmini del terzo piano dotati di impianti autonomi (che, invece, non avrebbero dovuto essere considerati tenuti a contribuire alle spese di esercizio e a quelle straordinarie relative all’impianto termico generale, fermo restando l’obbligo di contribuzione per le spese di conservazione).
2. Rileva il collegio che la censura è infondata e deve, pertanto, essere respinta.
Va osservato come sia, nel caso di specie, da ritenersi incontroverso che la delibera impugnata dal A.R., con cui erano stati approvati la sostituzione della caldaia (che avrebbe continuato a rimanere a servizio del primo e / secondo piano) e il distacco dal riscaldamento centralizzato dei condòmini del terzo piano, è stata dichiarata nulla con la sentenza del Tribunale di primo grado, e confermata dalla Corte di appello, sul presupposto che per essa occorresse l’unanimità dei condoòmini (e non fosse, quindi, sufficiente l’approvazione con altre composizioni assembleari) nella parte in cui con tale delibera era stata attribuita in esclusiva proprietà la caldaia ai soli condòmini dei primi due piani e dichiarata l’esenzione dalle spese di manutenzione per i condòmini posti al terzo piano e serviti dagli impianti autonomi di riscaldamento.
Il formulato motivo attinge proprio quest’ultima parte dell’impugnata decisione in relazione alla quale è stata rilevata la necessità dell’approvazione all’unanimità dei condòmini della delibera oggetto della controversia.
A tal proposito il ricorrente sostiene che, nel caso di specie, dovesse ravvisarsi il difetto del presupposto per l’attribuzione della proprietà della nuova caldaia in favore dei condòmini del terzo piano, poiché – secondo la formulata doglianza – l’impianto di riscaldamento non era, per caratteri strumentali e funzionali, destinato all’uso o al servizio delle unità immobiliari collegate con l’impianto stesso, sicché non poteva più considerarsi intercorrente la relazione di accessorietà e, quindi, rilevarsi la persistenza dell’interesse e dell’utilità per i predetti condòmini.
Questa prospettazione non è, però, ad avviso del collegio, condivisibile in punto di diritto.
Infatti, con la delibera oggetto di causa si provvide – con la sola unanimità dei presenti – a determinare un mutamento del titolo di comproprietà sulla caldaia, ancorché sostituita e malgrado i condòmini del terzo piano fossero stati autorizzati a distaccarsi dall’impianto centralizzato, con conseguente esonero totale di questi ultimi condomini a compartecipare alle spese di manutenzione della caldaia stessa.
Trattavasi, perciò, di una deliberazione incidente sulla titolarità delle parti comuni (ricollegabile “ex se” alla costituzione del condominio, secondo la previsione generale dell’art. 1117 c.c.) e non meramente dispositiva di innovazioni riconducibili all’art. 1120, comma 1, c.c..
Sarebbe stata, quindi, necessaria a tal fine l’unanimità dei condòmini (e non solo dei presenti all’assemblea) e ciò anche ponendosi riferimento a quanto sancito dalla norma generale in tema di comunione di cui all’art. 1108, comma 3, c.c. (a cui rinvia, tra le altre disposizioni normative nella stessa materia, la disciplina sul condominio degli edifici secondo il richiamo contemplato dall’art. 1138 c.c.: cfr. Cass. n. 15024/2013). In altri termini, implicando l’impugnata delibera – nei sensi in cui era stata approvata – la produzione di un effetto traslativo (per effetto dell’alienazione dei diritti di alcuni dei condòmini comproprietari di un bene comune in favore dei restanti), incidente sulla pregressa comproprietà originaria ex lege della caldaia centralizzata in capo alla generalità dei condòmini, per la prevista esclusione da tale vincolo reale di alcuni dei condòmini sarebbe stato necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio e, quindi, di tutti i condòmini.
Deve, perciò, considerarsi corretta, sul piano giuridico, la sentenza oggetto di ricorso laddove ha sostenuto che, pur servendo la nuova caldaia solo gli appartamenti del primo e del secondo piano, non poteva ritenersi venuta meno ogni ragione di comproprietà di tale bene anche in capo ai condòmini del terzo piano, donde la legittimità della dichiarazione di nullità dell’impugnata delibera assembleare – come statuita dal giudice di prime cure – per effetto della mancata approvazione con il voto unanime di tutti i condòmini.
Con riferimento al resto della delibera è indiscutibile che – con riguardo alla ripartizione delle spese relative all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento – si dovesse applicare il previgente art. 1118, comma 2, c.c., il quale sanciva che “Il condomino non può, rinunziando al diritto sulle cose anzidette (ovvero comuni), sottrarsi al contributo nelle spese per la loro conservazione”.
Ed invero – secondo la giurisprudenza di questa Corte (a cui il giudice di appello si è conformato) – il condomino è sempre obbligato a pagare le spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune, ovvero abbia offerto la prova che dal distacco non derivano né un aggravio di gestione o uno squilibrio termico, essendo in tal caso esonerato soltanto dall’obbligo del pagamento delle spese occorrenti per il suo uso, se il contrario non risulti dal regolamento condominiale (cfr., ad es., Cass. n. 7708/2007, con cui era stata, perciò, considerata legittima la delibera condominiale che poneva a carico anche dei condòmini che si erano distaccati dall’impianto di riscaldamento le spese occorrenti per la sostituzione della caldaia, sul presupposto che l’impianto centralizzato costituisce – si badi – un accessorio di proprietà comune e che rimane di norma tale, al quale i predetti condòmini “distaccanti” potrebbero comunque, eventualmente, riallacciare la propria unità immobiliare).
3. In definitiva, il ricorso deve essere respinto, senza che si debba far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese del presente giudizio poiché l’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso.