La domanda di accertamento della qualità di condomino, ovvero dell’appartenenza, o meno, di un’unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., non va proposta nei confronti della persona che svolga l’incarico di amministratore del condominio medesimo, imponendo, piuttosto, la partecipazione quali legittimati passivi di tutti i condòmini. Questo, in sintesi, il principio richiamato dalla Corte di Cassazione per dirimere una questione inerente la natura, condominiale o meno, di un piano sottotetto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 21.10.2020, n. 22935
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G.L., B.R., in proprio e quale procuratore di B.A., convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano il condominio in …, affinché, previo accertamento della proprietà esclusiva del piano sottotetto, fosse dichiarato il diritto a sopraelevare ex art. 1127 c.c., con contestuale determinazione dell’indennità di sopraelevazione.
Nella resistenza del condominio, che invece sosteneva che il piano sottotetto avesse natura condominiale, il Tribunale con la sentenza n. … accertava il diritto degli attori alla sopraelevazione, indicando anche l’importo della relativa indennità, con la condanna del condominio al rimborso e delle spese di lite, ivi incluse quelle di CTU.
Avverso tale sentenza proponeva appello il condominio, cui resistevano gli appellati.
La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. …, accoglieva il primo motivo di gravame e per l’effetto dichiarava la nullità della sentenza impugnata, con rimessione della causa al giudice di primo grado, previa integrazione del contraddittorio con tutti i condomini del fabbricato.
Osservava il giudice di appello che l’oggetto del giudizio concerneva l’accertamento della natura condominale o meno del piano sottotetto, sicché tale verifica imponeva la partecipazione al giudizio di tutti i condomini.
Tale accertamento aveva occupato la maggior parte dell’attività istruttoria svoltasi in prime cure ed era oggetto di domanda da parte degli attori, che avevano sottolineato nelle loro difese come l’accertamento della proprietà del vano sottotetto avesse carattere preliminare rispetto alla domanda di riconoscimento del diritto di sopraelevare.
In ogni caso tale accertamento era da reputarsi insito nella domanda proposta, con la conseguenza che si imponeva la partecipazione al giudizio di tutti i condomini atteso che, solo una volta evocati in giudizio, sarebbe stato possibile emettere un’eventuale sentenza che li privasse della contitolarità dei beni invece rivendicati dagli attori.
Attesa quindi la mancata partecipazione al giudizio dei singoli condomini, la sentenza era affetta da nullità in quanto emessa a contraddittorio non integro, e doveva essere quindi dichiarata nulla, con rimessione della causa al giudice di primo grado ex art. 354 c.p.c..
Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso G.L., e B.R., in proprio e quale procuratore generale di B.A., sulla base di due motivi.
L’intimato resiste con apposito controricorso.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1131 in relazione all’art. 102 c.p.c..
Si deduce che i precedenti richiamati dal giudice di appello a fondamento della ricorrenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario con tutti i condomini non appaiono pertinenti rispetto alla fattispecie in esame.
A contrario, deve richiamarsi la previsione di cui all’art. 1131 c.c. che prevede il generale potere di rappresentanza dell’amministratore di condominio, che può essere convenuto per ogni azione concernente le parti comuni dell’edificio, con la conseguenza che il contradittorio deve correttamente reputarsi instaurato nel caso in cui la controversia sia introdotta evocando in giudizio per il condominio l’amministratore.
Viceversa, andavano richiamati i precedenti di legittimità in base ai quali, anche a fronte di una domanda di accertamento della proprietà esclusiva da parte di alcuni condomini, non è necessaria l’evocazione in giudizio di tutti gli altri condomini.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., con la nullità della sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, atteso che il giudice di appello ha richiamato a conforto del proprio convincimento solo alcune pronunce di legittimità che inerivano a controversie solo tra condomini e non anche prevedenti l’evocazione in giudizio dell’amministratore di condominio.
Inoltre, non risulta fornita alcuna risposta alle deduzioni mosse dalla difesa dei ricorrenti quanto alla legittimazione passiva dell’amministratore di condominio.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per la loro connessione, sono infondati.
Parte ricorrente non contesta l’affermazione del giudice di appello a mente della quale la domanda proposta in prime cure implicava necessariamente anche l’accertamento, con efficacia evidentemente di giudicato, della proprietà esclusiva del piano sottotetto, essendo tale accertamento prodromico ed essenziale al fine di vedersi riconosciuto anche il diritto di sopraelevazione ex art. 1127 c.c..
La tesi sostenuta in ricorso secondo cui la regola del litisconsorzio necessario, nel caso in cui un singolo condomino richieda un accertamento della proprietà esclusiva di un bene invece ritenuto da controparte come condominale, opererebbe solo nel caso di controversie tra singoli codomini, e non anche nel caso in cui sia evocato in giudizio in rappresentanza del condominio l’amministratore, operando in tal caso la legittimazione passiva dettata dall’art. 1131 c.c., è però sconfessata dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, che, superando alcune incertezze pur manifestatesi nel passato, ha invece chiaramente affermato la necessità, ove venga in discussione l’accertamento con efficacia di giudicato della proprietà esclusiva di beni altrimenti condominiali, della partecipazione al giudizio di tutti i condomini.
Va al riguardo richiamato quanto di recente affermato da questa Corte (Cass. n. 17022/2019) secondo cui la domanda di accertamento della qualità di condomino, ovvero dell’appartenenza, o meno, di un’unità immobiliare di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, in quanto inerente all’esistenza del rapporto di condominialità ex art. 1117 c.c., non va proposta nei confronti della persona che svolga l’incarico di amministratore del condominio medesimo, imponendo, piuttosto, la partecipazione quali legittimati passivi di tutti i condomini in una situazione di litisconsorzio necessario. La definizione della vertenza postula, invero, una decisione implicante un accertamento in ordine a titoli di proprietà confliggenti fra loro, suscettibile di assumere valenza solo se, ed in quanto, data nei confronti di tutti i soggetti, asseriti partecipi del preteso condominio in discussione (omissis).
Infatti, è stato affermato che (Cass. n. 6649/2017) qualora un condomino, convenuto dall’amministratore per il rilascio di uno spazio di proprietà comune occupato “sine titulo”, agisca in via riconvenzionale per ottenere l’accertamento della proprietà esclusiva su tale bene, il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la controdomanda sull’estensione dei diritti dei singoli; pertanto, ove ciò non avvenga e la domanda riconvenzionale sia decisa solo nei confronti dell’amministratore, l’invalida costituzione del contraddittorio può, in difetto di giudicato espresso o implicito sul punto, essere eccepita per la prima volta o rilevata d’ufficio anche in sede di legittimità, con conseguente rimessione degli atti al primo giudice (in senso conforme si veda anche Cass. n. 20612/2017, secondo cui esula dai limiti della legittimazione passiva dell’amministratore una domanda volta ad ottenere l’accertamento, in capo ad un singolo, della proprietà esclusiva su di un bene altrimenti comune, ex art. 1117 c.c., giacché tale domanda impone il litisconsorzio necessario di tutti i condomini).
Trattasi di una coerente applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 25454/2013, che, sebbene in relazione ad un giudizio che vedeva contrapposti dei singoli condomini, senza anche la partecipazione dell’amministratore, ha affermato che, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia dì giudicato – la comproprietà degli altri soggetti.
È pur vero che tale principio ebbe una smentita ad opera di Cass. n. 28141/2013, di poco successiva, e pur richiamata dalla difesa dei ricorrenti, che ebbe invece ad affermare che la legittimazione passiva dell’amministratore, prevista dall’art. 1131, secondo comma, cod. civ., ha portata generale, in quanto estesa ad ogni interesse condominiale, e sussisterebbe, pertanto, anche con riguardo alla domanda, proposta da un condomino o da un terzo, di accertamento della proprietà esclusiva di un bene, senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio di tutti i condomini, ma le stesse Sezioni Unite, in motivazione, hanno avuto modo di recente di ritornare sulla questione e con la sentenza n. 10934/2019 al punto 4), nel richiamare le considerazioni sviluppate in Cass. n. 25454/2013, hanno precisato che la regola del litisconsorzio necessario con tutti i condomini opera non solo quando il condomino convenuto eccepisca la proprietà esclusiva formulando apposita domanda riconvenzionale, ma anche nel caso in cui vi sia un’espressa azione volta al riconoscimento della proprietà esclusiva proposta contro il condominio.
Ritiene il Collegio che debba darsi continuità a tale orientamento, il che depone per la correttezza della soluzione cui è pervenuta la sentenza gravata, posto che, essendo stata proposta, secondo il suo apprezzamento non contrastato con il motivo di ricorso, una domanda di accertamento della proprietà esclusiva del piano sottotetto (in quanto strettamente ed indissolubilmente correlata all’accertamento del diritto di sopraelevazione vantato dagli attori), ha ritenuto che al giudizio dovessero prendere parte anche tutti i condomini, non essendo sufficiente l’evocazione in giudizio del solo amministratore.
In tal senso depone anche la considerazione per cui la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio per “qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio”, ex art. 1131, comma 2, c.c. (come peraltro delineata in Cass. Sez. U, 06/08/2010, n. 18331), non concerne comunque le domande incidenti sull’estensione del diritto di proprietà o comproprietà dei singoli, le quali devono, piuttosto, essere rivolte nei confronti di tutti i condomini, in quanto in tali fattispecie viene dedotto in giudizio un rapporto plurisoggettivo unico e inscindibile su cui deve statuire la richiesta pronuncia giudiziale. Non si giustifica quindi la tesi difensiva di parte ricorrente che parte da un’errata ricostruzione dell’attuale orientamento della Corte di cassazione. Il disposto dell’art. 1131 c.c., secondo cui, come detto, l’amministratore può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio, viene inteso, invero, nel senso che il potere rappresentativo che spetta all’amministratore di condominio si riflette nella facoltà di agire e di resistere in giudizio unicamente per la tutela dei diritti sui beni comuni, rimanendone perciò escluse le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni stessi, e, cioè, sulla estensione del relativo diritto di condominio, affare che rientra nella disponibilità esclusiva dei condomini. In tal modo, si assicura anche la regolare corrispondenza tra le attribuzioni dispositive dell’amministratore e dell’assemblea e la legittimazione a far valere nel processo le rispettive posizioni dominicali, posto che essendo carente del relativo potere di disporne, è perciò sfornito di legitimatio ad causam, oltre che di legitimatio ad processum per difetto del potere di rappresentanza dei singoli partecipanti, esulando la controversia dalle attribuzioni conferitegli dagli artt. 1130 e 1131 c.c. (omissis).
(omissis)
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.000, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori come per legge.