L’installazione di un ascensore, allo scopo dell’eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata su parte di aree comuni (nella specie, un’area destinata a giardino), deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condòmini ai sensi dell’art. 1102 c.c. questo il principio di diritto con il quale la Cassazione ha ribaltato la decisione assunta dalla Corte d’Appello. Di seguito un estratto della sentenza.
————
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 9.3.2017,
n. 6129
—————
S.T., A.O., L.D. ed F.A. (quest’ultima anche quale procuratrice di F.L.) hanno proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 4 agosto 2015, n. 483/2015, resa dalla Corte d’Appello di Trieste, che ha riformato la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale di Trieste l’11 febbraio 2014, accogliendo l’impugnazione principale di B.N., S.E., O.F. e Ba.Ag..
Il Tribunale di Trieste, in accoglimento della domanda degli attuali ricorrenti, aveva accertato il diritto degli stessi, ai sensi della L. 9 gennaio 1989, n. 13, art. 2, ad installare un ascensore occupando una parte del sedime del giardino comune, a ridosso della facciata, ove è ubicato il portone d’ingresso del Condominio di via …. La domanda degli attori conseguiva al rigetto espresso due volte dall’assemblea condominiale alla proposta di installazione dell’ascensore e deduceva la difficoltà di deambulazione di due condomine.
La Corte d’Appello, riformando la sentenza impugnata e rigettando le domande degli appellati, osservava che “l’ascensore è manufatto diverso dal concetto di servoscala o altre strutture mobili e facilmente amovibili”, di cui alla L. n. 13 del 1989, art. 2, comma 2, e che l’ascensore per cui è causa comunque non avrebbe consentito alle condomine L. ed O. di raggiungere senza problemi i rispettivi appartamenti, dovendo fermarsi sul pianerottolo dell’interpiano con dieci gradini da percorrere a piedi. La Corte di Trieste ha perciò ritenuto l’installazione dell’ascensore lesiva dell’art. 1102 c.c., ed in particolare della destinazione a giardino dell’area comune, e quindi illegittima in difetto di deliberazione assembleare approvata con il quorum di cui all’art. 1136 c.c..
(omissis)
La decisione dei giudici di appello si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui l’installazione di un ascensore rientra fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche, di cui alla L. 3 marzo 1971, n. 118, art. 27, comma 1, e al D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384, art. 1, comma 1, e perciò costituisce innovazione che, ai sensi della L. 2 gennaio 1989, n. 13, art. 2, è approvata dall’assemblea con la maggioranza prescritta dall’art. 1136 c.c., comma 2 (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28920 del 27/12/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8286 del 20/04/2005; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14384 del 29/07/2004). La stessa L. n. 13 del 1989, art. 2, stabilisce che, nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni aventi per oggetto le innovazioni volte all’eliminazione delle barriere architettoniche, i portatori di handicap possono installare, a proprie spese, le strutture occorrenti al fine di rendere più agevole l’accesso agli edifici, agli ascensori e alle rampe dei garages, fermo quanto disposto dall’art. 1120 c.c., comma 4, e art. 1121 c.c., comma 3 (all’esito delle modifiche introdotte dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220).
L’installazione di un ascensore, allo scopo dell’eliminazione delle barriere architettoniche, realizzata su parte di aree comuni (nella specie, un’area destinata a giardino), deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento, e rientra, pertanto, nei poteri spettanti ai singoli condòmini ai sensi dell’art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14096 del 03/08/2012). Di tal che, nel valutare il contrasto delle opere, cui fa riferimento la L. n. 13 del 1989, art. 2, con la specifica destinazione delle parti comuni, sulle quali esse vanno ad incidere, occorre tenere conto altresì del principio di solidarietà condominiale, secondo il quale la coesistenza di più unità immobiliari in un unico fabbricato implica di per sé il contemperamento, al fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali, di vari interessi, tra i quali deve includersi anche quello delle persone disabili all’eliminazione delle barriere architettoniche, oggetto di un diritto fondamentale che prescinde dall’effettiva utilizzazione, da parte di costoro, degli edifici interessati (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18334 del 25/10/2012).
Ai fini della legittimità dell’intervento innovativo approvato ai sensi della L. n. 13 del 1989, art. 2, è sufficiente, peraltro, che lo stesso (pur non potendo, come nella specie accertato dalla Corte di Trieste, in ragione delle particolari caratteristiche dell’edificio, raggiungere l’ascensore direttamente gli appartamenti dei portatori di handicap, dovendosi fermarsi sul pianerottolo) produca, comunque, un risultato conforme alle finalità della legge, attenuando sensibilmente le condizioni di disagio nella fruizione del bene primario dell’abitazione (Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 18147 del 26/07/2013).
Il ricorso va perciò accolto, limitatamente al suo secondo motivo, rimanendo assorbiti i restanti motivi. Conseguono la cassazione dell’impugnata sentenza ed il rinvio della causa alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, che deciderà uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche sulle spese del giudizio di cassazione.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti il primo ed il terzo motivo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Trieste in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.