La braga, e cioè l’elemento di raccordo tra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale di pertinenza condominiale, non è di proprietà comune, bensì del singolo condomino, al quale vanno dunque imputate anche le spese di riparazione o sostituzione e quelle di risarcimento per gli eventuali danni provocati da rottura o malfunzionamento. È quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1027 del 17 gennaio 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 17.1.2018,
n. 1027
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1. Nella causa di merito promossa nel 2003 dai condòmini A.M. (e altri) contro il condomino A.P. (proprietario di appartamento soprastante) e contro il Condominio di via …, per ottenere, previa conferma del provvedimento cautelare emesso ante causam, la condanna del A.P. al risarcimento dei danni per infiltrazioni, la Corte d’Appello di Roma con sentenza 6.11.2012 – per quanto ancora interessa in questa sede – in accoglimento dell’appello proposto dal A.P., ha riformato la decisione di primo grado rigettando le domande contro di lui proposte e ha dichiarato il Condominio tenuto a riparare la “braga” di collegamento degli scarichi, con ripartizione interna della spesa fra i condòmini serviti dalla colonna di scarico. La Corte ha condannato gli attori a rimborsare le spese al A.P. e ha dichiarato il Condominio di via … tenuto a manlevare gli attori degli effetti della condanna alle spese; ha compensato le spese del grado nei rapporti con le Assicurazioni
Generali (pure chiamate in causa) ed ha posto quelle di CTU interamente a carico del Condominio (fissando sempre lo stesso criterio di ripartizione interna).
2. Per giungere a tale soluzione la Corte d’Appello ha osservato che, come accertato dal CTU, la rottura della braga di ghisa era localizzata nel tratto terminale della stessa con l’innesto della colonna di scarico nel tratto terminale e dunque doveva ritenersi di proprietà comune in base ad una recente ordinanza di questa Corte (n. 778/2012).
3. Contro questa decisione il A.M. e gli altri condòmini ricorrono per cassazione con tre motivi a cui resiste con controricorso il A.P., mentre le altre parti non hanno svolto difese.
(omissis)
(omissis)
1.1. Ciò chiarito e venendo all’esame dei motivi di ricorso, col primo di essi i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. criticando la Corte d’Appello per avere ritenuto che la “braga” di collegamento tra la condotta condominiale e quella del singolo condomino rientri tra le parti comuni. Si soffermano, anche attraverso richiami giurisprudenziali, sulla funzione, sulle finalità e sul compito a cui assolve tale raccordo, per escludere la presunzione di condominialità.
(omissis)
2. II primo motivo è fondato.
La questione di diritto che il Collegio è chiamato a risolvere riguarda la appartenenza o meno alla proprietà condominiale, della braga di innesto degli scarichi provenienti dalle singole unità immobiliari nella colonna verticale di proprietà comune. La soluzione del problema porta poi automaticamente ad individuare il criterio da seguire per il riparto delle spese di riparazione o sostituzione della braga e per l’individuazione del responsabile in caso di eventuali danni provocati da rottura o malfunzionamento.
La questione non è nuova nella giurisprudenza di questa Corte, ma merita un’ulteriore riflessione.
A norma dell’articolo 1117 n. 3 c.c. (nella precedente formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie che ci occupa, ma il principio non è stato modificato) si presumono comuni i canali di scarico solo “fino al punto di diramazione” degli impianti ai locali di proprietà esclusiva.
Partendo dal chiaro tenore del testo normativo, la prevalente giurisprudenza di questa Corte (omissis) ha escluso dalla proprietà condominiale la c.d. braga (cioè l’elemento di raccordo tra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale di pertinenza condominiale). Si è altresì osservato che, mentre la proprietà comune condominiale è tale perché serve all’uso (e al godimento) di tutti i partecipanti, la braga invece, serve soltanto a convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento a differenza della colonna verticale, che raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini (omissis).
Il Collegio ritiene senz’altro che tale orientamento sia da ribadire perché:
a) parte proprio da una corretta lettura del dato normativo che fissa con precisione il limite di estensione delle condotte comprese nella presunzione di condominialità e lo individua “fino al punto di diramazione”;
b) considera, altrettanto correttamente, la ragione posta a base del concetto di proprietà condominiale che è appunto l’idoneità all’uso (e al godimento) di tutti i partecipanti concludendo coerentemente, che la braga invece, serve soltanto convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento, a differenza della colonna verticale, che raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condòmini;
L’ordinanza di questa sezione n. 778 del 19/01/2012 – richiamata dalla Corte d’Appello – era stata emessa in una vicenda in cui il dato decisivo era rappresentato, come riporta la stessa ordinanza, dal fatto che secondo l’apprezzamento dei giudici di merito sulla scorta dei rilievi effettuati dal consulente tecnico, la perdita era stata individuata in “un punto della colonna condominiale verticale” e dal fatto che la perdita d’acqua si verificava “anche quando era fatta scorrere l’acqua di appartamenti sovrastanti”.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Roma, avendo riscontrato la rottura della braga “nel tratto terminale della stessa…”, si è limitata a prestare pedissequa adesione all’ordinanza n. 778/2012, senza però confrontarsi adeguatamente con la situazione di fatto nel caso ad essa sottoposta e, soprattutto, senza confrontarsi con l’opzione interpretativa fornita con puntuali argomentazioni dalla prevalente giurisprudenza di legittimità ed oggi ribadita da questo Collegio: la sentenza impugnata deve pertanto essere cassata per nuovo esame, restando così logicamente assorbita la trattazione degli altri motivi di ricorso.
Il giudice di rinvio, che si designa in altra sezione della Corte d’Appello di Roma, riesaminerà la questione di diritto riguardante la natura della braga di innesto attenendosi al principio di diritto sopra richiamato e provvederà, all’esito, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.