A cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Pronunciandosi ancora una volta in materia condominiale, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 2316 del 2 febbraio 2021, ha stabilito che, essendo opera posta a servizio di una diversa proprietà, il proprietario del fondo servente non può rimuovere la canna fumaria passante attraverso una proprietà individuale.
Nel caso in esame, Tizio, Caia e Sempronia, il primo usufruttuario e le seconde nude proprietarie di un immobile sito al piano terra di un edificio, invocavano la reintegrazione nel possesso di una canna fumaria a servizio del predetto cespite, sostenendo che Mevia, proprietaria dell’appartamento sovrastante, in occasione di un intervento di ristrutturazione, aveva illegittimamente chiuso il tratto di canna fumaria che attraversava la sua proprietà.
Mevia si costituiva in giudizio, resistendo alla domanda e contestando l’esistenza del diritto di servitù.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso ordinando la reintegrazione nel possesso. Tuttavia, a seguito di reclamo proposto da Mevia, il Tribunale revocava il primo provvedimento e, all’esito del giudizio di primo grado, rigettava la domanda di reintegrazione, rilevando il contrasto fra le diverse deposizioni testimoniali e ritenendo, dunque, non assolto l’onere della prova da parte dei ricorrenti.
Caia, Sempronia e gli eredi del defunto Tizio impugnavano tale decisione e la Corte d’appello rigettava l’impugnazione condannando gli appellanti alle spese del secondo grado di giudizio.
La vicenda approdava così in Cassazione, davanti alla quale Caia, Sempronia e gli eredi di Tizio, tra i vari motivi sollevati, eccepivano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1102 e 1122 c.c., in ordine all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., in quanto il giudice di merito aveva erroneamente affermato che il proprietario del fondo dominante avrebbe perduto il possesso del diritto di servitù, poiché non lo aveva esercitato da alcuni anni, omettendo di considerare da una parte che la rimozione, da parte di un condòmino, della canna fumaria posta a servizio di altra unità immobiliare esistente nello stesso edificio è comunque un atto illecito, trasmodante i limiti previsti per l’uso della cosa comune dall’art. 1102 c.c., e dall’altra di tenere conto che la canna fumaria passante all’interno della proprietà di un condominio costituisce un’opera posta a servizio del diritto di servitù di scarico dei fumi costituito a favore della diversa unità immobiliare servita dalla predetta tubatura.
Il Tribunale Supremo, ritenendo fondato il suddetto motivo di ricorso, affermava che “la canna fumaria passante attraverso una proprietà individuale, infatti, costituisce opera stabilmente posta a servizio di una diversa proprietà e quindi non può essere rimossa dal proprietario del fondo servente, a meno che costui dimostri con certezza che l’utilitas che detto manufatto era destinato ad assicurare al fondo dominante sia venuta meno, o in base a fatto naturale, o per intervenuta estinzione del diritto di servitù, ai sensi dell’art. 1073 c.c., ovvero per volontà del titolare del fondo dominante, che abbia rinunciato nelle forme di legge ed in modo esplicito al possesso della servitù attiva al cui servizio la canna fumaria era posta ovvero al relativo diritto reale. Con riferimento a detta ultima ipotesi, occorre altresì ribadire il principio per cui l’estinzione del diritto di servitù per rinuncia del titolare deve risultare da atto scritto, ai sensi dell’art. 1350 c.c., e non può essere desunta indirettamente da fatti concludenti”.
Dunque, secondo gli Ermellini, la Corte d’appello avrebbe dovuto prendere in considerazione il fatto che, per la natura stessa del diritto di servitù costituito dallo scarico di fumi attraverso una canna fumaria posta nella muratura dell’appartamento di Mevia, e, perciò, avente natura continua, il titolare del relativo possesso non doveva tenere alcun comportamento attivo, né per rivendicare la propria situazione possessoria, né per confermare l’attualità della stessa.