Se non è stata impugnata e non ha eventualmente perso la propria efficacia, la delibera condominiale che approva il rendiconto annuale rende possibile sia la concessione del decreto ingiuntivo che la condanna del condomino moroso a pagare le somme dovute, anche comprensive di debiti relativi ad annualità precedenti. È quanto sancito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 20006 del 24 settembre 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 24.9.2020,
n. 20006
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F.P. ha proposto ricorso articolato in unico motivo avverso la sentenza 7 marzo 2019, n. 1023/2019, resa dalla Corte d’appello di Milano.
Resiste con controricorso il Condominio ….
La Corte d’appello di Milano, rigettando l’appello formulato da F.P. avverso la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Milano, ha respinto l’opposizione avanzata dal condomino F.P. contro il decreto ingiuntivo n. 2475/2015 dell’importo di euro 7.162,48, relativo ai contributi risultanti dall’approvazione del rendiconto consuntivo 2013, nonché del preventivo 2014, deliberata dall’assemblea condominiale in data 21 febbraio 2014. La Corte d’appello ha evidenziato che F.P. non aveva impugnato la deliberazione di approvazione del rendiconto, di per sé corredato di tutta la documentazione relativa alla situazione debitoria dell’appellante, non avendo perciò rilievo che la morosità dedotta in sede monitoria e contabilizzata nel consuntivo attenesse anche a gestioni pregresse.
L’unico motivo del ricorso di F.P. denuncia la violazione dell’art. 63 disp. att. c.c. e dell’art. 1135 c.c., sostenendo l’erroneità della sentenza impugnata per aver la Corte d’appello riconosciuto alla delibera del 21 febbraio 2014 valenza di “titolo di credito” anche con riguardo alle gestioni pregresse.
(omissis)
Occorre in premessa ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569). Il giudice, pronunciando sul merito, emetterà una sentenza favorevole o meno, a seconda che l’amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioè che il credito preteso sussiste, è esigibile e che il condominio ne è titolare. La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (omissis). Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (omissis).
Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, che non può essere scalfito dai precedenti invocati dal ricorrente, per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c., la deliberazione dell’assemblea condominiale che approva il rendiconto annuale dell’amministratore può essere impugnata dai condòmini assenti e dissenzienti nel termine stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c. non per ragioni di merito, ma solo per ragioni di mera legittimità, non essendo consentito al singolo condomino rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera (omissis).
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c. (e senza che perciò possano essere altrimenti rilevanti la “partecipazione” o un “idoneo atto ricognitivo del singolo condomino”, che il ricorrente postula alla stregua di quanto sostenuto in Cass. Sez. 2, 22/02/2018, n. 4306), discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condòmini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio (Cass. Sez. 2, 05/11/1992, n. 11981).
Una volta, perciò, che il bilancio consuntivo sia stato approvato con la maggioranza prescritta dalla legge, l’amministratore, per ottenere il pagamento delle somme risultanti dal bilancio stesso, non è tenuto a sottoporre all’esame dei singoli condòmini i documenti giustificativi, dovendo gli stessi essere controllati prima dell’approvazione del bilancio, senza che sia ammissibile la possibilità di attribuire ad alcuni condòmini la facoltà postuma di contestare i conti, rimettendo così in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza (Cass. Sez. 2, 23/05/1981, n. 3402).
A norma dell’art. 1130 bis c.c., invero, il rendiconto condominiale deve contenere “le voci di entrata e di uscita”, e quindi gli incassi e i pagamenti eseguiti, in rapporto alle relative manifestazioni finanziarie, nonché “ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio”, con indicazione nella nota sintetica esplicativa della gestione “anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti”, avendo qui riguardo al risultato economico dell’esercizio annuale. Secondo il cosiddetto “principio di cassa”, i crediti vantati dal condominio verso un singolo condomino vanno inseriti nel consuntivo relativo all’esercizio in pendenza del quale sia avvenuto il loro accertamento (arg. da Cass. Sez. 2, 04/07/2014, n. 15401).
Una volta inseriti nel rendiconto di un determinato esercizio i nominativi dei condòmini morosi nel pagamento delle quote condominiali e gli importi da ciascuno dovuti, tali pregresse morosità, ove rimaste insolute, devono essere riportate altresì nei successivi anni di gestione, costituendo esse non solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una permanente posta di debito di quei partecipanti nei confronti del condominio. Il rendiconto condominiale, in forza di un principio di continuità, deve, cioè, partire dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente, a meno che l’esattezza e la legittimità di questi ultimi non siano state negate con sentenza passata in giudicato, ciò soltanto imponendo all’amministratore di apporre al rendiconto impugnato le variazioni imposte dal giudice, e, quindi, di modificare di conseguenza i dati di partenza del bilancio successivo. Non ha senso invocare al riguardo il limite della dimensione annuale della gestione condominiale, la quale vale ad impedire, piuttosto, la validità della deliberazione condominiale che, nell’assenza di un’unanime determinazione, vincoli il patrimonio dei singoli condòmini ad una previsione pluriennale di spese (Cass. Sez. 2, 21/08/1996, n. 7706).
Il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti, una volta approvato dall’assemblea, può essere impugnato ai sensi dell’art. 1137 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non costituendo “un nuovo fatto costitutivo del credito” stesso (cfr. Cass. Sez. 2, 25/02/2014, n. 4489). Da ciò consegue l’infondatezza della tesi del ricorrente circa la carenza di efficacia probatoria del consuntivo 2013, approvato dall’assemblea 21 febbraio 2014 del Condominio …, per le gestioni pregresse.
Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.