Il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condòmini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà. È uno dei fondamentali principi di diritto richiamati dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 9380 del 21 maggio 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 21.5.2020,
n. 9380
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1. La Corte d’appello di Roma, con sentenza pubblicata il 1° luglio 2015, ha rigettato l’appello proposto da L.D. avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 24643 del 2007, e nei confronti di C.G. s.r.l., D.S. e A.P..
1.1. Nel 2003 i sigg. D.S.-A.P. agirono per l’accertamento della proprietà esclusiva dei lastrici solari/terrazze di copertura di alcuni fabbricati minori dell’edificio situato in …, assumendo di averli acquistati a titolo di successione mortis causa e, comunque, di averli posseduti per il tempo sufficiente ad usucapire.
Il convenuto sig. L.D. resistette adducendo di essere proprietario esclusivo dei lastrici, per averli acquistati nel 1996 dalla società A., a sua volta resasi acquirente nel 1954 dagli originari proprietari L., gli stessi che avevano ceduto altra parte dei fabbricati ai danti causa degli attori.
Intervenne in giudizio la s.r.l. C.G., che nel frattempo aveva acquistato la proprietà immobiliare degli attori, facendo proprie le domande da questi proposte.
1.2. Il Tribunale accolse la domanda di usucapione.
2. La Corte d’appello, adita in via principale da L.D. e in via incidentale condizionata dalla società C.G. s.r.l., ha confermato la decisione, ritenendo provato l’acquisto dei beni a titolo originario, dopo aver escluso la proprietà per titoli.
3. Per la cassazione della sentenza propone ricorso L.D., sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso C.G. s.r.l., che ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione o falsa applicazione degli artt. 1117, 1140, 1158 e 2697 cod. civ. e si contesta la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’usucapione.
Il ricorrente assume, nell’ordine, che l’acquisto dei lastrici solari da parte sua nel 1996 avrebbe interrotto il possesso esercitato dagli attori; che, essendo i lastrici solari oggetto di proprietà comune a tutti i condòmini, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., gli attori avrebbero dovuto dimostrare di aver posseduto escludendo gli altri comproprietari; che, infine, la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare il vincolo pertinenziale esistente tra i lastrici solari e gli appartamenti.
(omissis)
6. Il primo motivo è fondato e assorbe i rimanenti.
6.1. La Corte d’appello, dopo aver escluso che i lastrici solari appartenessero per titoli contrattuali ad una delle parti, ha accolto la domanda di usucapione senza avere previamente accertato la natura condominiale o non degli immobili in contestazione, laddove il lastrico solare è compreso nel catalogo delle parti comuni del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., con conseguente presunzione di condominialità (ex plurimis, Cass. 23/08/2017, n. 20287).
6.2. Si tratta, infatti, di bene che svolge una funzione di utilità comune a tutti i condòmini, in quanto assicura la copertura dell’edificio (cfr. Cass. Sez. U. 10/05/2016, n. 9449, del 10/05/2016).
Nondimeno, come chiaramente emerge dal regime delle spese di riparazione e ricostruzione previsto dall’art. 1126 cod. civ., è configurabile l’«uso esclusivo» del lastrico (o di parte di esso), al quale la giurisprudenza consolidata ha assimilato l’ipotesi in cui il lastrico solare sia di proprietà esclusiva. Si trova ripetutamente affermato che il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condòmini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l’obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti i condòmini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all’art. 1126 cod. civ. (omissis).
6.3. Una volta ammessa l’appartenenza esclusiva del lastrico, è consequenziale ammettere che la proprietà dello stesso possa essere acquistata per usucapione, dovendosi ritenere superata l’affermazione risalente, secondo cui il lastrico solare non sarebbe usucapibile perché concettualmente insopprimibili le utilità tratte dagli altri partecipi della comunione, per effetto della connaturata destinazione di copertura del fabbricato (Cass. 05/06/1968, n. 3544).
È vero, al contrario, che l’utilitas concettualmente insopprimibile – copertura dell’edificio – che tutti i condòmini ricavano dal lastrico solare non costituisce una facoltà connessa al diritto di proprietà, esercitabile dal proprietario ovvero dal possessore o compossessore, trattandosi di utilità che si trae dal bene in sé, mentre sono altre le utilità, esse sì corrispondenti ad altrettante facoltà connesse alla proprietà e coincidenti con il godimento del bene, che possono rilevare ai fini dell’usucapione.
6.4. Come ripetutamente affermato da questa Corte, il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituita da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condòmini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà (omissis).
7. All’accoglimento del primo motivo di ricorso – che assorbe i rimanenti motivi, nei quali sono prospettate questioni che presuppongono l’accertamento della natura dei beni in contestazione – segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice designato in dispositivo, che provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma, in altra composizione.