Se i danni ad un appartamento sono stati provocati da un errore di progettazione del complesso condominiale, è irrilevante stabilire se il terrazzo da cui è scaturito il problema sia balcone di proprietà esclusiva ovvero lastrico solare/terrazza a livello ad uso esclusivo. È la posizione assunta dalla Cassazione nel confermare la condanna al risarcimento a carico del condominio. di seguito un estratto dell’ordinanza 28778 del 7 novembre 2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 7.11..2019, n. 28778
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1. Il Condominio … ha proposto ricorso nei confronti dei coniugi F.P. e P.G., nonché di B.B. chiedendo la cassazione della sentenza n. 2684/2017 della Corte di Appello di Firenze, che, respingendo il suo appello, ha confermato la sentenza n. 3995/2008 del Tribunale di Firenze. Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda risarcitoria proposta dai coniugi F.P.-P.G. in relazione ai danni subiti dall’appartamento di loro proprietà (per effetto dell’anomalo collegamento tra il muro perimetrale dell’edificio e la terrazza a servizio esclusivo dell’appartamento di proprietà B.N.), e, avendo accertato l’esecuzione dei lavori di ripristino, aveva dichiarato cessata la materia del contendere in parte qua ed aveva respinto la domanda di manleva proposta dal Condominio.
2. Hanno resistito con distinti controricorsi B.B. ed i coniugi F.P.-P.G..
(omissis)
1. Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo, articolato in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., il Condominio ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111, 1125 e 1126 c.c. nella parte in cui, travisando il contenuto della espletata c.t.u., ha ritenuto che la terrazza per cui è processo sia una terrazza a livello e funga da copertura dell’edificio, mentre sarebbe un semplice balcone connesso e di pertinenza della proprietà esclusiva della B.B.. Sostiene che detto balcone, essendo posto al primo piano ed avendo nella sua proiezione verticale il solo marciapiede, è sottoposto alla disciplina dell’art. 1125 c.c., con la conseguenza che la responsabilità per i danni causati a terzi e le spese manutentive sono a carico esclusivo del proprietario.
1.2. Con il secondo motivo, sempre articolato in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., il Condominio ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2051, 2053 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c., nella parte in cui, continuando a travisare il contenuto della espletata c.t.u., ha ritenuto che i danni, lamentati dagli originari attori, erano ascrivibili esclusivamente a difetti di progettazione della struttura portante del fabbricato, di cui al civico n 51. Sostiene che la responsabilità per i suddetti danni, riportati proprio in adiacenza del balcone, siano da imputare all’imperizia nella costruzione del balcone stesso e/o, comunque, ad una carenza di sua manutenzione. Aggiunge che a tutto voler concedere la responsabilità per danni, derivanti dal riferito vincolo di giuntura, avrebbe dovuto essere ripartita in egual misura tra la c.d. struttura maschio (cioè la soletta portante del balcone di proprietà B.B.) e la c.d. struttura femmina (cioè l’alveo nei foratoni della parete di cemento armato di proprietà condominiale).
2. Entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto sottendono la contestazione della valutazione da parte di entrambi i giudici di merito delle risultanze della espletata consulenza tecnica d’ufficio e della successiva relazione integrativa a chiarimenti. E si risolvono, come palesa la reiterata evocazione di travisamenti, in una sollecitazione a rivalutare la quaestio facti.
Contrariamente a quanto dedotto dal condominio ricorrente, entrambi i giudici di merito, ad esito di un articolato percorso motivazionale, sono arrivati alla conclusione che i danni lamentati erano stati provocati da un errore di progettazione o di esecuzione della struttura portante del fabbricato n. 51 del complesso condominiale (e precisamente dalla labilità del vincolo fra soletta e muro dipendente dalla struttura della muratura perimetrale condominiale dello stabile civico 51, sulla quale il progettista o l’esecutore aveva fatto appoggiare il solettone della terrazza di copertura del porticato antistante il fabbricato) e che gli interventi da effettuare erano esclusivamente sulla parete perimetrale dello stabile civico 51, nella sua struttura portante e nel suo tamponamento.
Avendo così individuato la causa dei danni lamentati e le opere da eseguire, la Corte di merito, nell’esercizio del sindacato ad essa demandato, senza incorrere in alcuno dei vizi lamentati, ha ritenuto irrilevante stabilire se il terrazzo, il cui solettone era stato fatto poggiare sul muro perimetrale, fosse balcone di proprietà esclusiva ovvero lastrico solare/terrazza a livello ad uso esclusivo.
Ai rilievi che precedono si aggiunge che il condominio ricorrente:
a) lungi dal dedurre in via diretta la violazione delle norme di diritto indicate nell’intestazione dei due motivi, pretende di farla discendere solo all’esito di una iniziale prospettazione secondo cui la corte territoriale avrebbe “travisato” le emergenze della c.t.u. e, quindi, si duole che essa sarebbe stata mal valutata quanto alle affermazioni stesse del c.t.u., il che non integra certo la denuncia di una violazione di quelle norme;
b) nel riportare la motivazione della corte territoriale là dove evoca le risultanze della c.t.u., tanto fa del tutto parzialmente, in quanto omette i punti 3 e 4 della suddetta motivazione, che riportano fra virgolette ciò che dagli accertamenti era emerso; in definitiva, non si fa carico dell’effettiva motivazione e tanto rende inammissibile il motivo alla stregua del principio di diritto affermato da questa Corte con sentenza n. 359/ 2005 (e di recente confermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 7074/2017);
c) omette di localizzare nel presente giudizio di legittimità la c.t.u., in violazione dell’art. 366 n. 6 cod. proc. civ., senza neppure precisare a questi fini se abbia inteso non produrla e fare riferimento, eventualmente, alla sua presenza nel fascicolo d’ufficio (come ammesso dalle Sez. Un. con sentenza n. 22726/2011);
d) deduce nel secondo motivo la violazione dell’art. 115 c.p.c., disattendendo i criteri indicati dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 16598 del 2016 (in motivazione, confermando precedente orientamento, e, in particolare, la sent. n 11892/2016).
3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo.
La Corte: