Lavori in condominio: eseguiti o da effettuare; non realizzati bene, oppure omessi, o ancora assegnati senza autorizzazione. È una delle tematiche più controverse e maggiormente foriere di liti e cause in tribunale, quella oggetto della rassegna di massime che vi presentiamo di seguito: brevi estratti di alcune delle più recenti sentenze di Cassazione in materia.
Il versamento delle spese che il condomino esegua in favore del condominio prima che sia individuabile una completa e definitiva deliberazione di approvazione dell’intervento di manutenzione straordinaria configura, agli effetti dell’art. 2033 c.c., un pagamento “ab origine” indebito, in quanto solo la deliberazione dell’assemblea, chiamata a determinare quantità, qualità e costi dell’intervento, assume valore costitutivo della relativa obbligazione di contribuzione in capo a ciascun condomino.
Cass., Sez. II civ., sent. 14.10.2019, n. 25839
In tema di conservazione del tetto di un edificio condominiale, le relative spese vanno ripartite – salvo che si tratti di tetto di proprietà esclusiva, assimilato al lastrico solare e, perciò, soggetto all’applicazione dell’art. 1126 c.c. – tra tutti i condòmini in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., trattandosi di bene rientrante, per la funzione necessaria all’uso collettivo, tra le cose comuni, in quanto deputato a preservare l’edificio condominiale da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni d’acqua piovana e non riconducibile, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condòmini e non di altri, di cui all’art. 1123, commi 2 e 3, c.c.. Nella specie, è stata confermata la pronuncia di merito, che aveva ravvisato l’obbligo di un condomino di concorrere alle spese di manutenzione del tetto del fabbricato, seppur non sovrastante alcuna unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell’atrio comune.
Cass., Sez. VI-2 civ., ord. 7.10.2019, n. 24927
In materia di condominio, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all’edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere ai criteri previsti dall’art. 1126 c.c., ma si deve, invece, applicare analogicamente l’art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi, con l’uso esclusivo della stessa, determina la necessità della inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un’applicazione particolare del principio generale dettato dall’art. 1123, comma 2, c.c..
Cass., Sez. II civ., ord. 29.11.18, n. 30935
È nullo il contratto di affidamento della direzione dei lavori di costruzioni civili ad un geometra, ove la progettazione richieda l’esecuzione, anche parziale, dei calcoli in cemento armato, attività demandata agli ingegneri, attese le limitate competenze attribuite ai geometri dall’art. 16 del r.d. n. 274 del 1929. Tale nullità è rilevabile, ai sensi dell’art. 1421 c.c., anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento, incontrando siffatto principio, in sede di legittimità, il limite del divieto degli accertamenti di fatto, sicché nel giudizio di cassazione la nullità è rilevabile solo se siano acquisiti agli atti tutti gli elementi di fatto dai quali possa desumersene l’esistenza.
Cass., Sez. II civ., ord. 29.7.2019, n. 20438
In tema di condominio, le decisioni sulla scelta del contraente per l’esecuzione di lavori da conferire in appalto e sul riparto del relativo corrispettivo, assunte da una commissione di condòmini nominata con delibera assembleare con l’incarico di esaminare i preventivi di spesa, sono vincolanti per tutti i condòmini – anche dissenzienti – solamente in quanto rimesse all’approvazione, con le maggioranze prescritte, dell’assemblea, le cui funzioni non sono delegabili a un gruppo di condòmini. Nella specie, la Suprema Corte ha cassato la decisione del giudice del merito che aveva invece ritenuto che la delibera assembleare di incarico a due consiglieri di esaminare i preventivi e decidere la spesa da affrontare fosse idonea a conferire ad essi, quali mandatari degli altri condòmini, poteri rappresentativi in ordine alla stipula del contratto di appalto.
Cass., sez. II civ., ord. 20.12.2018, n. 33057
In materia di appalto avente ad oggetto la costruzione di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, l’indagine volta a stabilire se i difetti costruttivi ricadano nella disciplina dell’art. 1669 c.c., che comporta la responsabilità extracontrattuale dell’appaltatore, ovvero in quella posta dagli artt. 1667 e 1668 c.c. in tema di garanzia per le difformità e i vizi dell’opera, rientra nei compiti propri del giudice del merito, coinvolgendo l’accertamento e la valutazione degli elementi di fatto del caso concreto. Al giudice di merito spetta altresì stabilire – con accertamento sottratto al sindacato di legittimità, ove adeguatamente motivato – se le acquisizioni processuali sono sufficienti a formulare compiutamente il giudizio finale sulle caratteristiche dei difetti, dovendo egli, al riguardo, accertare se essi, pur afferendo ad elementi secondari ed accessori, siano tali da incidere negativamente, pregiudicandoli in modo considerevole nel tempo, sulla funzionalità e sul godimento dell’immobile.
Cass., Sez. II civ., ord. 4.9.2019, n. 22093
In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente poiché, nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto “ad substantiam”, mentre, nel secondo, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente. Nella specie, sul presupposto che la disciplina contrattuale ricalcava quella del codice civile agli artt. 1659 e 1661 c.c., la S.C. ha cassato con rinvio la pronuncia nella corte d’appello che si era limitata a prendere atto della mancanza di autorizzazione scritta, mentre avrebbe dovuto verificare se le variazioni fossero state o meno autorizzate dalla committente e assumere al riguardo le prove ritualmente dedotte dall’appellante.
Cass., Sez. II civ., sent. 13.12.2019, n. 32989