La separazione di fatto tra due coniugi comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale, ragione per la quale il contribuente ha diritto all’agevolazione ex Ici (oggi Imu) malgrado l’alloggio non sia più residenza dell’intero nucleo familiare. È quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza 24294 del 3 novembre 2020, di cui riportiamo un estratto.
—————-
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V civ., sent. 3.11.2020,
n. 24294
—————
S.G. impugnava l’avviso di accertamento ICI emesso per il 2008 dal Comune di Marciana Marina in relazione ad un immobile sito nel medesimo comune di sua proprietà ed in cui egli aveva la residenza per omesso versamento di 1.232 euro in ragione del mancato riconoscimento delle agevolazioni tributarie per l’abitazione principale, in quanto risultava che la moglie, non separata, del medesimo risiedeva anagraficamente a Milano con le figlie.
La Commissione Tributaria Provinciale di Livorno con sentenza in data 6.7.2015 respingeva il ricorso del contribuente ritenendolo non meritevole di accoglimento né nel merito della spettanza delle agevolazioni né sull’eccezione relativa alla carenza di motivazione delle sanzioni applicate.
Proposto appello avverso detta pronuncia da parte del contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana respingeva il gravame, ritenendo che in base all’art. 8 del D.L. n. 504 del 1992 ai fini della spettanza delle agevolazioni ICI nell’unità immobiliare vi debba essere non solo la dimora abituale del contribuente ma anche quella dei suoi familiari, tranne il caso della separazione e del divorzio legalmente comprovati, non mediante dichiarazioni di terzi, prive di efficacia probatoria nel contenzioso tributario.
Avverso detta sentenza, il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidato a tre motivi; cui resisteva il Comune di Marciana Marina con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria.
(omissis)
(omissis)
Va esaminato preliminarmente il secondo motivo di ricorso.
La questione sottoposta all’esame della Corte riguarda la spettanza o meno delle agevolazioni tributarie previste a titolo di ICI per l’abitazione principale in un caso in cui l’immobile costituisca la dimora abituale di un solo coniuge mentre l’altro, nella specie, la moglie, si sia trasferito in un’altra abitazione, sita in diverso comune, insieme ai figli.
A sostegno della richiesta di esenzione – l’odierno ricorrente, sin dal giudizio di primo grado, assumeva di essere nell’annualità in contestazione (2008) separato di fatto dalla moglie, situazione comprovata dal fatto che successivamente era intervenuta la separazione legale tra i coniugi.
Il Comune di Marciana Marina, invece, poneva a base dell’avviso di accertamento il dettato dell’art. 8 comma 2 del d. lgs. n. 504 del 1992 che circoscrive la definizione di abitazione principale a quella dove risiede l’intero nucleo familiare cosicché nella specie il contribuente avrebbe illegittimamente fruito dell’agevolazione in quanto presso l’immobile non dimorava l’intero nucleo familiare.
Così sinteticamente descritta la fattispecie per cui è processo, occorre premettere che in tema di agevolazioni fiscali a titolo di ICI, l’art. 8 del d. lgs. n. 504 del 1992 prevede un beneficio fiscale in relazione all’unità immobiliare adibita ad abitazione principale dal soggetto passivo dell’imposta.
L’art. 8, comma 2, del d. lgs. citato chiarisce che “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”.
Secondo la giurisprudenza di legittimità ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le “abitazioni principali”, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari (omissis).
Trattandosi peraltro di norma agevolativa fiscale, è norma di stretta interpretazione e quindi non estensibile ai casi non espressamente previsti in quanto costituisce comunque deroga al principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 Cost..
Con riguardo al concetto di “abitazione principale” considerato dalla norma, va altresì considerato che la giurisprudenza di legittimità (vedi Cass. Sez. 5 n. 14389/2010 in motivazione) ha richiamato quello tradizionale di “residenza della famiglia” desumibile dall’art. 144 c.c., comma 1, ritenendo così legittima l’applicazione al primo dell’elaborazione giurisprudenziale propria della norma codicistica, in particolare del principio per il quale per “residenza della famiglia” deve intendersi il “luogo” di “ubicazione della casa coniugale” perché questo luogo “individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia”, salvo che “tale presunzione sia superata dalla prova” che lo spostamento della propria dimora abituale sia stata causata dal “verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza”.
Pertanto occorre distinguere l’ipotesi in cui due coniugi non separati legalmente abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto “per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della convivenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale” (per la differenziazione di tali ipotesi vedi Cass., sez. 6-5, 17/5/2018, n. 12050).
Nel primo caso, infatti, il nucleo familiare (inteso come unità distinta ed automa rispetto ai suoi singoli componenti) resta unico, ed unica, pertanto, potrà essere anche l’“abitazione principale” ad esso riferibile, con la conseguenza che il contribuente, il quale dimori in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all’agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare.
Ciò per impedire che la fittizia assunzione della dimora o della residenza in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale.
Nel secondo caso, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, intesa quale separazione di fatto, comporta una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l’“abitazione principale” non potrà essere più identificata con la casa coniugale (vedi da ultimo Cass., Sez. 5, n. 15439/19).
Pertanto, alla luce dei principi fin qui esposti, ha errato la CTR nel ritenere tout court esclusa l’agevolazione ICI per il solo fatto che i due coniugi vivessero in due abitazioni diverse, considerato peraltro che l’odierno ricorrente risultava residente presso l’immobile de quo (vedi certificato allegato al ricorso) e che l’altro coniuge non aveva beneficiato di tale agevolazione (avendo provveduto al pagamento dell’Ici il proprietario dell’immobile concesso in comodato alla L.).
(omissis)
in accoglimento dei motivi nn. 1 e 2 del ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana, in diversa composizione, cui rinvia anche per la disciplina delle spese di lite.