L’amministratore di condominio non ha alcuna legittimazione passiva a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivati all’edificio da interventi realizzati da singoli condòmini che ledano il decoro architettonico dello stabile. Questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 29905 del 20 novembre 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 20.11.2018,
n. 29905
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Con atto di citazione notificato il 4.11.2008 il condominio … evocava in giudizio innanzi il Tribunale di Messina L.R., proprietaria di un appartamento sito all’interno dello stabile in condominio, per sentirla condannare alla rimozione della chiusura in metallo e vetro realizzata sul balcone prospiciente la via pubblica, nonché al risarcimento del danno derivante dalla lesione del decoro architettonico dell’edificio.
Si costituiva la convenuta allegando la natura precaria della chiusura del balcone e dichiarando di non opporsi alla sua eliminazione, a condizione che anche gli altri condòmini avessero eliminato i diversi manufatti (caldaie, armadi e condizionatori) da loro installati sul prospetto condominiale o sui balconi, sul presupposto che anche detti manufatti fossero lesivi del decoro architettonico dell’edificio, spiegando domanda riconvenzionale sul punto.
All’esito di C.T.U. il Tribunale accoglieva la domanda principale, sul presupposto che la convenuta ne avesse riconosciuto la fondatezza, mentre respingeva la riconvenzionale per carenza di legittimazione passiva del condominio.
Interponeva appello la L.R. e la Corte di Appello di Messina, con l’ordinanza impugnata, riteneva inammissibile l’impugnazione ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c.
Contro la sentenza di primo grado e l’ordinanza di inammissibilità propone ricorso per cassazione L.R. affidandosi a tre motivi.
Resiste con controricorso il condominio ….
La ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
(omissis)
Passando all’esame del ricorso avverso la sentenza di prime cure, con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. dolendosi del rigetto della domanda riconvenzionale, sul presupposto che essa avrebbe dovuto essere diretta nei confronti dei singoli condòmini autori delle violazioni del decoro della facciata, e non invece nei confronti del condominio. Ad avviso della ricorrente, poiché la facciata costituisce bene comune l’amministratore avrebbe dovuto attivarsi per tutelarne il decoro nei confronti di tutti i condòmini, e quindi la domanda riconvenzionale sarebbe stata legittimamente proposta nei suoi riguardi, in quanto egli non avrebbe assolto agli obblighi posti a suo carico dalla legge.
La censura non è fondata. Le ipotetiche lesioni del decoro della facciata lamentate dalla ricorrente sono infatti state compiute da altri condòmini e quindi la predetta avrebbe dovuto evocare direttamente in giudizio, come comproprietaria del bene comune pregiudicato, i singoli responsabili delle violazioni.
L’amministratore, invece, non ha alcuna legittimazione passiva a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivati all’edificio da interventi realizzati da singoli condòmini.
Al massimo, il rappresentante dell’ente di gestione sarebbe stato passivamente legittimato in relazione all’azione volta all’accertamento dell’illiceità della sua inerzia nell’agire a tutela del decoro dell’edificio, ma la ricorrente non ha proposto simile domanda, avendo ella – piuttosto – invocato direttamente nei confronti dell’amministratore del condominio l’eliminazione dei manufatti ritenuti lesivi del decoro della facciata dell’edificio.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 164 n. 4 e 163 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe illegittimamente disatteso la domanda di accertamento delle violazioni del decoro del fabbricato commesse dagli altri condomini, proposta dalla ricorrente, ritenendola indeterminata. Ad avviso della ricorrente, la domanda era specifica, posto che erano stati indicati, per tipologia e numero, i manufatti asseritamente lesivi del decoro della facciata.
Il motivo è assorbito dal rigetto della prima censura.
(omissis)
In definitiva, il ricorso va rigettato e le spese del grado, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
(omissis)
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado, che liquida in euro 3.000, di cui euro 200 per esborsi, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, Iva e cassa avvocati come per legge.