Confermata la condanna a carico di un condomino che aveva diffamato due vicini di casa mediante una lettera inviata sia alla questura sia all’amministratore, per indurlo a convocare un’assemblea. Di seguito una sintesi della vicenda e un estratto della sentenza 29217/2018 di Cassazione.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 29217/2018
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Con sentenza deliberata il 19/01/2017, il Tribunale di Avellino ha confermato la sentenza del 24/04/2012 con la quale il Giudice di pace di Avellino aveva dichiarato R.P. colpevole del reato di diffamazione (perché, con missiva in data 02/04/2010 inviata all’amministratore del condominio e alla Questura di Avellino, offendeva la reputazione di A.R. e di N.C.) e la condannava alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore delle parti civili.
Avverso l’indicata sentenza del Tribunale di Avellino ha proposto ricorso per cassazione R.P., attraverso il difensore avv. …, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.. Il primo motivo denuncia erronea applicazione dell’art. 595 cod. pen. e vizi di motivazione: non essendo stata inviata e ricevuta dalla Questura di Avellino, la missiva di cui all’imputazione ha avuto quale unico destinatario l’amministratore del condominio, che, in considerazione del contenuto, non aveva alcun obbligo istituzionale di diffusione, non dovendo essere oggetto di approfondimento né di dibattito in un’assemblea condominiale. Il secondo motivo denuncia erronea applicazione dell’art. 599 cod. pen. e vizi di motivazione: nella valutazione degli elementi emersi dall’istruttoria dibattimentale, sembra sia stata pretermessa la circostanza atta a giustificare l’applicazione dell’esimente – anche putativa – della provocazione, posto che l’imputata ha presentato in data 29/11/2009 una denuncia-querela nei confronti delle parti civili e il pubblico ministero ha esercitato l’azione penale.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è inammissibile, per plurime, convergenti ragioni. Il giudice di appello ha rilevato, in primo luogo, che la missiva era stata indirizzata all’amministratore per provocare un suo intervento (ossia, la convocazione di un’assemblea del condominio) e, dunque, per essere diffusa, portandola quanto meno a conoscenza delle due destinatarie delle espressioni diffamatorie: il ricorso si sottrae ad una puntuale disamina critica delle argomentazioni della sentenza impugnata, facendo leva, in termini peraltro del tutto generici, sul contenuto della missiva, la cui prospettata “eccentricità” rispetto al contesto del condominio non spiega le ragioni per le quali fu indirizzata al suo amministratore. D’altra parte, il Tribunale di Avellino ha rilevato che la missiva era stata inviata – anche – alla Questura di Avellino; rilievo, questo, in linea con quanto evidenziato dalla sentenza di primo grado, che segnalava come l’amministratore del condominio, sentito in dibattimento ex art. 507 cod. proc. pen., aveva riferito, appunto, dell’invio anche all’autorità di polizia della lettera: il ricorso non si confronta criticamente con il rilievo (limitandosi ad un’affermazione del tutto assertiva circa l’esclusivo invio della missiva all’amministratore del condominio), così come l’atto di appello non aveva specificamente censurato, sub specie di travisamento, il dato probatorio appena richiamato.
Anche il secondo motivo è inammissibile, per plurime, convergenti ragioni.
La censura è all’evidenza versata in fatto in ordine alla valenza esimente di quanto asseritamente denunciato vari mesi prima dell’invio della missiva in questione e, comunque, il punto non era stato devoluto al giudice di appello.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma, che si stima equa, di euro 2.000.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000 a favore della Cassa delle ammende.