Nella lite relativa a un contratto d’affitto non abitativo, la sentenza deve tenere in considerazione gli effetti della crisi finanziaria che ha colpito l’azienda locataria. È quanto rimarcato dalla Cassazione con la seguente pronuncia, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., sent. 28.2.2019,
n. 5803
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La società V.V. s.r.l. convenne in giudizio la proprietaria locatrice L.P. s.p.a., per opporsi al decreto emesso dal Tribunale di Padova in favore della medesima, che le aveva ingiunto il pagamento di somma a titolo di canoni (relativi alle mensilità da gennaio a settembre del 2010) di locazione, avente ad oggetto l’immobile – adibito ad ufficio – sito in … come contratto tra di esse intercorrente.
Oltre alla revoca del decreto ingiuntivo opposto domandò, in via riconvenzionale, l’accertamento della legittimità del recesso anticipato dal contratto di locazione, comunicato con raccomandata AR del 9/6/2009, stante la ricorrenza dei gravi motivi L. n. 392 del 1978, ex art. 27.
Il Tribunale di Padova rigettò l’opposizione, ritenendo il recesso illegittimo ed inefficace.
Successivamente, nel dare atto dell’esistenza di altra causa pendente tra le stesse parti relativa al capannone industriale vicino all’ufficio, decisa dai giudici di merito nel senso della sussistenza dei gravi motivi per l’esercizio del recesso, con sentenza n. 2277 del 21/10/2016 la Corte d’Appello di Venezia ha rigettato il gravame interposto dalla società V.V. s.r.l..
Ha al riguardo in particolare osservato che, avendo le parti già prima del 2008 rinegoziato le condizioni economiche del contratto di locazione, all’atto dell’ulteriore rinegoziazione nel 2008 la predetta non potesse essere all’oscuro dell’avversa congiuntura economica, e ciononostante, anziché sciogliersi dal vincolo contrattuale esercitando il diritto di recesso ad nutum (previsto a partire dal 1 maggio 2008), preferì modificare i termini contrattuali, ottenendo un’ulteriore riduzione del canone. E che a tale stregua non fosse pertanto dalla medesima invocabile la sussistenza dei gravi motivi legittimanti il recesso anticipato dal contratto di locazione de quo.
Avverso quest’ultima sentenza la società V.V.s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
(omissis)
(omissis)
2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione della norma di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c..
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha negato la ricorrenza nella specie dei gravi motivi per l’esercizio del recesso anticipato.
Si duole che la corte di merito abbia al riguardo disatteso l’orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità in base al quale i comportamenti determinati da fatti estranei alla volontà dell’impresa, imprevedibili alla costituzione del rapporto e sopravvenuti ad esso, pur essendo volontari in quanto volti a perseguire un adeguamento strutturale dell’azienda, possono integrare i gravi motivi posti a base del recesso anticipato.
Lamenta la sussistenza di un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, deponente per una motivazione perplessa o apparente, sia nella parte in cui, pur dando atto delle non contestate circostanze addotte da V.V. s.r.l. a supporto della dichiarazione di recesso (contrazione del fatturato, perdite consistenti, esuberi di personale, contratti di solidarietà), ha poi concluso per l’illegittimità del recesso, sia nella parte in cui ha attribuito rilevanza all’essere la V.V. s.r.l. parte di un complesso industriale molto ampio e molto solido, disconoscendo l’evidente autonomia patrimoniale e finanziaria dell’impresa.
2.1. Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di recesso del conduttore dal contratto di locazione, i gravi motivi di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, comma 8, devono essere determinati da fatti estranei alla volontà del medesimo, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione (cfr. Cass., 3, n. 17042 del 12/11/2003).
A tale stregua, il comportamento deve essere conseguenziale a fattori obiettivi, ma ciò non comporta che se il conduttore sia un imprenditore commerciale non possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell’azienda, ampliandola o riducendola per renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività (omissis).
Nella specie, dopo aver diffusamente esaminato la sussistenza di elementi oggettivi di crisi aziendale, estranei alla volontà dell’imprenditore ed aventi caratteristiche obiettive, nell’impugnata sentenza la corte di merito è pervenuta ad affermare l’illegittimità del recesso dal contratto di locazione in argomento nel caso esercitato dall’odierna ricorrente.
Orbene, dopo aver dato atto della sussistenza dello stato di crisi aziendale, della riduzione delle commesse, della riduzione di alcune unità di personale impiegatizio nel corso dell’anno 2009, siffatta raggiunta conclusione si appalesa intrinsecamente illogica e contraddittoria.
Intrinseca illogicità contraddittorietà del dictum della sentenza rispetto agli indicati presupposti argomentativi che, da un lato rendono apparente la motivazione, dall’altro danno luogo alla violazione della norma indicata in epigrafe.
Del pari contrastante con la ratio della L. n. 392 del 1978, art. 27, u.c., è la statuizione secondo la quale la decisione dell’impresa di trasferire il centro direzionale in altro luogo, che avesse costi più contenuti, sia ascritto “a soggettive scelte imprenditoriali, in cui possono entrare in gioco le più disparate valutazioni non di per sé imposte dalla necessità di ‘salvaguardare’ la realtà aziendale”.
Va ulteriormente posto in rilievo come l’osservazione secondo la quale, ai fini della valutazione dello stato di crisi aziendale, deve aversi riguardo non già alla sola autonomia patrimoniale e gestionale di V.V. bensì alla valutazione e valorizzazione della complessiva situazione e potenzialità economico-finanziarie del gruppo W.I. s.r.l., che ne detiene il 100% del capitale sociale, si pone invero in contrasto con l’orientamento di questa Corte secondo cui in tema di recesso del conduttore di immobili ad uso non abitativo, ove il locatario svolga la propria attività in diversi rami di azienda, per i quali utilizzi distinti immobili, i gravi motivi, giustificativi del recesso anticipato, di cui alla L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 27, u.c., devono essere accertati in relazione all’attività svolta nei locali per cui viene effettuato il recesso, senza possibilità per il locatore di negare rilevanza alle difficoltà riscontrate per tale attività in considerazione dei risultati positivi registrati in altri rami aziendali (v. Cass. n. 7217 del 2014; Cass. n. 6820 del 2015).
Non può, in definitiva, negarsi che, dall’analitica descrizione degli elementi costitutivi della crisi economica operata nell’impugnata sentenza, e che appare preludere ad una decisione di riconoscimento della sussistenza dei gravi motivi legittimanti L. n. 392 del 1978, ex art. 27, l’esercizio del recesso, non viene dalla corte di merito tratto siffatto corollario, ma si perviene invero all’opposta soluzione.
Emerge evidente, a tale stregua, l’intrinseco salto logico che affetta la motivazione, al punto da renderla meramente apparente, e al di sotto del c.d. “minimo costituzionale” (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053).
(omissis)
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettati gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione.