Confermata dalla Cassazione la condanna a carico di un uomo che, sotto l’effetto di alcool e droga, aveva ripetutamente minacciato i condòmini dello stabile in cui anch’egli risiedeva, nonché danneggiato vetrata e serratura del portone d’ingresso. Vediamo le motivazioni degli Ermellini in un estratto della sentenza 23888/2019.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen., sent. n. 23888/2019
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1. La Corte d’appello di Milano ha, con la sentenza impugnata, confermato il giudizio di responsabilità formulato dal giudice di prima cura a carico di D.C. per reati di minaccia grave e danneggiamento in danno di M.R. (capo A), minaccia grave e violenza privata in danno di M.A. (capo B), minaccia grave in danno di F.G. (capo C) e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha, su appello dell’imputato, ridotto la pena a lui irrogata.
Secondo quanto si legge in sentenza, l’imputato, avendo in odio i condòmini dello stabile in cui abitava, profferì, in tempi diversi, ma prossimi al 3 novembre 2010, frasi gravemente minacciose nei confronti dei condòmini sopra specificati; inoltre, danneggiò il portone d’ingresso dello stabile sito in …, con lo sfondamento della vetrata e la rottura della serratura, e impedì, in una occasione, a M.A. di uscire dallo stabile in cui abitava.
2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, lamentando quanto segue:
a) non è stato dimostrato il danneggiamento di cui al capo A), in quanto il teste M.R. ha espresso solo una sua opinione. Ciò è confermato dal fatto che non è stata presentata alcuna denuncia per danneggiamento e dal fatto che nell’unica querela in atti non si fa menzione della rottura della serratura.
Inoltre, perché in querela non si fa menzione di D.C. come responsabile e nessun teste ha confermato il danneggiamento;
b) non è ravvisabile, in relazione al danneggiamento, l’aggravante di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen., dal momento che i condòmini esercitavano una costante vigilanza sul portone d’ingresso dello stabile;
c) in maniera illogica sono state ritenute “gravi” le minacce di cui ai capi A)-B)-C), essendo state proferite espressioni per lo più assurde, riconducibili allo stato di confusione indotto dall’uso di alcol e droga, inidonee a suscitare un vero timore nei destinatari;
d) la violazione dell’art. 610 cod. pen., per essere stato ravvisato il reato di violenza privata a fronte di condotte solamente fastidiose, inidonee a creare uno stato di costrizione (come riconosciuto dalla persona offesa);
(omissis)
Il ricorso è inammissibile. Esaminando le doglianze nell’ordine in cui sono state proposte, si rileva quanto segue:
a) in ordine al danneggiamento, le doglianze del ricorrente sono meramente ripetitive di quelle esposte al giudice d’appello e da questi motivatamente disattese col rimando alle dichiarazioni di M.R,. In maniera inammissibile il ricorrente pretende di rivalutare – in questa sede – le dichiarazioni del teste suddetto, e altrettanto inammissibilmente pretende di farlo col rimando al contenuto della querela, che può essere apprezzata solo come condizione di procedibilità;
b) il portone di uno stabile è – come ricordato dalla Corte d’appello, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte – esposto alla pubblica fede, perché nessuna vigilanza continuativa può essere esercitata sullo stesso;
c) la valutazione della gravità della minaccia è rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che deve tener conto del contesto in cui viene proferita, del suo contenuto e della qualità dell’agente, al fine di accertare se e quale timore abbia ingenerato nelle vittime. Tanto è in concreto avvenuto, essendo stato rimarcato che le minacce erano accompagnate da gesti di violenza ed erano ripetute nel tempo; il che faceva ritenere probabile il passaggio a forme di aggressione più marcata e devastante. Tale motivazione è congrua e logica e non è certamente inficiata dai rilievi difensivi, giacché la causa scatenante delle minacce – addotta dal ricorrente – ne aumentava solamente la potenzialità lesiva;
d) in maniera inammissibile il ricorrente procede alla rivalutazione delle dichiarazioni di M.A., di cui la Corte d’appello (come il Tribunale) ha tenuto conto, per dedurre che, effettivamente, l’imputato impedì all’uomo (anziano) di muoversi liberamente (entrare ed uscire di casa). Anche in questo caso va ricordato che la valutazione delle testimonianze costituisce compito esclusivo del giudice di merito su cui, a meno di travisamenti (non dimostrati) e palesi illogicità (non dimostrate), nessun intervento rivalutativo è consentito al giudice di legittimità;
(omissis)
Alla ritenuta inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di tremila euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000 a favore della Cassa delle ammende.