La Cassazione ha enunciato il principio secondo cui, nel momento in cui il singolo condomino contesta i lavori decisi da alcuni condòmini al di fuori dell’assemblea e poi ritarda nei pagamenti, non può chiedere al condominio il risarcimento per aver perso le detrazioni a cui le opere davano diritto.
Di seguito un estratto dell’ordinanza n. 10845 dell’8 giugno 2020.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI-2 civ., ord. 8.6.2020,
n. 10845
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G.B. ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza 21 agosto 2018, n. 744/2018, resa dalla Corte d’Appello di Messina.
Resiste con controricorso il Condominio ….
La Corte d’Appello di Messina, accogliendo l’appello formulato dal Condominio …, contro la sentenza pronunciata in primo grado dal Tribunale di Messina 1’8 luglio 2016, ha respinto l’opposizione avanzata dalla condomina G.B. contro il decreto ingiuntivo del 13 gennaio 2007, relativo ai contributi per il rifacimento della facciata condominiale, come da delibera assembleare del 26 settembre 2006. La Corte d’Appello ha affermato che fosse stata raggiunta la prova della imputabilità al Condominio della spesa per il rifacimento della facciata condominiale, in quanto, seppur il contratto d’appalto aveva inizialmente visto come committenti alcuni singoli condòmini, di seguito era stato nominato un amministratore del Condominio …, il quale aveva curato l’esecuzione del rapporto con l’impresa incaricata. (omissis). La Corte di Messina ritenne quindi infondata la domanda riconvenzionale risarcitoria di G.B. per la mancata fruizione dei benefici fiscali, dovendo la condomina, ove davvero non fosse più in grado di beneficiare delle agevolazioni, imputare a se stessa il ritardo nella partecipazione delle spese di riparazione e la conseguente impossibilità di documentarle.
(omissis)
Il terzo motivo di ricorso allega la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., dell’art. 2043 c.c. e dell’art. 1, l. n. 449/1997, per aver la Corte di Messina erroneamente escluso il nesso causale tra il comportamento messo in atto dai condòmini, che avevano affidato i lavori di rifacimento della facciata senza approvazione assembleare, e la decadenza dal beneficio delle detrazioni fiscali.
(omissis)
III. È da rigettare anche il terzo motivo.
La Corte di Messina ha giustamente affermato che G.B. dovesse imputare a sé il ritardo nella partecipazione delle spese e la conseguente impossibilità di documentare le stesse allo scopo di poter beneficiare delle detrazioni fiscali.
Il singolo condomino che, in ipotesi di lavori eseguiti su parti condominiali, non abbia in concreto provveduto ai relativi pagamenti, contestando la sussistenza del proprio obbligo di contribuzione (nella specie, per essere state le opere di manutenzione commissionate da altri comproprietari, in mancanza di un amministratore), e non si sia potuto perciò avvalere delle detrazioni in ragione della spesa sostenuta per l’intervento edilizio, in forza dell’art. 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, non può accampare alcuna pretesa risarcitoria nei confronti dell’intero condominio, essendo stato proprio l’inadempimento dell’interessato la causa che ha determinato la perdita della facoltà di detrarre il relativo costo dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.
A riguardo di tale profilo, la ricorrente, nello sviluppo della censura ed ancora con la memoria ex art. 380-bis, comma 2, c.p.c., fa riferimento a una “guida fiscale alle ristrutturazioni edilizie dell’Agenzia delle Entrate”, che viene anche prodotta (in violazione del divieto di cui all’art. 372 c.p.c.), ovvero ad una circolare del Ministero delle Finanze (atti, evidentemente, che non costituiscono fonti normative, ma prassi amministrative, dalle quali non discendono perciò diritti ed obblighi), per dedurre l’esistenza di un obbligo di preventivo invio della comunicazione di inizio lavori e della delibera assembleare di approvazione dell’intervento sulle parti comuni e ripartizione spese, al fine di poter fruire delle agevolazioni fiscali. Si tratta di dati fattuali, allegati per fondare una responsabilità risarcitoria del condominio (e, per esso, dell’amministratore), che non risultano dal testo dell’art. 1, legge 27 dicembre 1997, 449, e rivelano perciò, in questa sede, carattere di inammissibile novità, non adempiendo la ricorrente a specificare, agli effetti dell’art. 366, comma 1, c.p.c., in quale atto dei pregressi gradi di merito tale questione fosse stata utilmente e tempestivamente dedotta.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.