Per la partecipazione informata dei condòmini ad un’assemblea condominiale al fine della conseguente validità della delibera adottata, è sufficiente che nell’avviso di convocazione della medesima gli argomenti da trattare siano indicati nell’ordine del giorno nei termini essenziali per esser comprensibili. È il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 15587 del 14 giugno 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 14.6.2018,
n. 15587
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1. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 30.9.2016 ha respinto il gravame proposto dal condomino G.G. contro la sentenza di primo grado (n. 10525/10 del locale Tribunale) che a sua volta aveva respinto l’impugnativa, da lui proposta, di una delibera adottata in sua assenza 1’8.5.2008 dal Condominio ….
Per giungere a tale soluzione, la Corte di merito, per quanto ancora interessa, ha rilevato:
2. Contro tale sentenza il G.G. ricorre per cassazione sulla base di tre motivi a cui resiste con controricorso il Condominio.
3. Il relatore ha proposto il rigetto del ricorso per manifesta infondatezza.
Il ricorrente ha depositato memoria.
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 1105 c.c. rimproverando alla Corte d’Appello di non avere considerato che, come dedotto in appello, la delibera era intervenuta su argomenti non compresi nell’avviso di convocazione. Osserva infatti che il contratto pluriennale di finanziamento e quello di manutenzione dell’impianto di riscaldamento non formavano oggetto dell’ordine del giorno indicato nell’avviso (riguardante solo l’approvazione del preventivo per la sostituzione della centrale termica, l’adeguamento del locale, la contabilizzazione e ripartizione).
Il motivo è manifestamente infondato.
Per la partecipazione informata dei condòmini ad un’assemblea condominiale al fine della conseguente validità della delibera adottata (artt. 1139 e 1105, terzo comma, cod. civ.), è sufficiente che nell’avviso di convocazione della medesima gli argomenti da trattare siano indicati nell’ordine del giorno nei termini essenziali per esser comprensibili, secondo un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, insindacabile in Cassazione se congruamente motivato (omissis).
La Corte d’Appello nel caso di specie ha ritenuto che l’avviso fosse sufficiente a rendere edotti i condòmini degli argomenti poi trattati e la motivazione non è più neppure censurabile in cassazione (v. art. 360 n. 5 c.p.c. nel nuovo testo applicabile ratione temporis).
2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1135 c.c.: secondo la tesi del ricorrente la delibera non poteva prevedere il pagamento rateale, cioè un’operazione finanziaria pluriennale (priva dell’indicazione delle condizioni di restituzione) implicante anche il pagamento di interessi (di cui non si conosceva neppure il tasso) e, in ipotesi di vendita dell’immobile, anche il sorgere di una obbligazione solidale di pagamento con l’acquirente, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c..
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.).
Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’interesse ad impugnare va apprezzato in relazione all’utilità concreta che deriva alla parte dall’eventuale accoglimento dell’impugnazione stessa, non potendo esaurirsi in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, priva di riflessi pratici sulla decisione adottata (omissis).
Sulla scorta di tale principio il ricorrente aveva l’onere di dimostrare quale concreto pregiudizio gli sarebbe derivato da un pagamento rateale, di cui non riporta neppure l’incidenza in termini di maggiorazione per interessi (elemento certamente verificabile), non bastando i riferimenti a ipotetici obblighi futuri per il condomino alienante.
3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (approvazione di una ripartizione in assenza dell’indicazione del criterio adottato o di un richiamo ad un documento allegato). Rileva che la Corte di merito è partita da un falso presupposto perché egli in appello non aveva contestato la corretta ripartizione della spesa, ma aveva lamentato la mancata ricezione, unitamente al verbale, del piano di ripartizione, con conseguente impossibilità di verifica della correttezza del criterio adottato.
Il motivo è manifestamente infondato.
Il fatto che – a dire del ricorrente – sarebbe decisivo, cioè l’esistenza o meno di un criterio di riparto è stato valutato dalla Corte d’Appello laddove a pag. 4 ha richiamato il “mero conteggio matematico”, mentre la censura non coglie la ratio decidendi, fondata su un difetto di interesse in concreto, posto che – come pure rilevato dalla Corte di merito – non vi è stata nessuna indicazione di errori o profili in relazione ai quali la ripartizione non sarebbe corretta, verifica che il G.G. ben avrebbe potuto in ogni caso effettuare attraverso la consultazione della documentazione condominiale, non avendo mai dedotto il contrario.
Il ricorso va pertanto respinto con addebito di spese alla parte soccombente.
(omissis)
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.200 di cui euro 200 per esborsi.