Ok alla tettoia sui balconi se non pregiudica il decoro del condominio
In materia di decoro architettonico il regolamento di condominio contrattuale può anche imporre limiti più severi di quelli previsti dal codice civile, ma non necessariamente ciò limita le facoltà riconosciute al singolo condomino dalle norme codicistiche, se l’installazione di manufatti, a parere del giudice, non crei nocumento alla stabilità e sicurezza del fabbricato condominiale e al suo decoro.
È quanto disposto dalla Cassazione con la sentenza 12190 del 16 maggio 2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 16.5.2017,
n. 12190
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Fatti di causa
- La vicenda oggetto della causa trae origine dai lavori con i quali C.G., C.M. e C.P., da un lato, e R.F., dall’altro – proprietari di rispettivi appartamenti facenti parte dell’edificio condominiale ubicato in … – installarono una tettoia nei balconi delle loro unità immobiliari, sottostanti quella di M.R..
- La Corte di Appello di Torino, in riforma della pronuncia di primo grado, rigettò la domanda con la quale il M.R. aveva chiesto la condanna dei predetti alla rimozione della tettoia e al ripristino della facciata condominiale (domanda fondata sull’assenza di preventiva autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale e sulla lesione al decoro architettonico arrecata all’edificio).
- Per la cassazione della sentenza di appello ricorre M.R. sulla base di tre motivi.
I convenuti, ritualmente intimati, non hanno svolto attività difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
- Con i tre motivi di ricorso, si deduce:
1) la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), per avere la Corte di Appello omesso di applicare il regolamento condominiale di natura contrattuale, il cui art. 38 prevedeva che «il Condomino che desidera compiere nei locali di sua proprietà opere tali da interessare la stabilità e l’estetica dell’edificio o di parte di esso (…) deve chiedere l’autorizzazione all’Assemblea, la quale la potrà dare sentito il parere di tecnico da essa scelto».
2) la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), per avere la Corte di Appello interpretato il regolamento condominiale in violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ.;
3) l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.), per avere la Corte di Appello omesso di considerare la mancata autorizzazione dell’assemblea condominiale.
- Le censure non sono fondate.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, le norme di un regolamento di condominio – aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condòmini, ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condòmini – possono derogare od integrare la disciplina legale, essendo consentito all’autonomia privata di stipulare convenzioni che pongano nell’interesse comune limitazioni ai diritti dei condòmini, sia relativamente alle parti condominiali, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle porzioni di loro esclusiva proprietà. Ne consegue che il regolamento di condominio può legittimamente dare del limite del decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art. 1120 cod. civ., estendendo il divieto di innovazioni sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva (Cass., Sez. 2, n. 1748 del 24/01/2013).
Nella specie, la Corte territoriale ha tenuto conto della disposizione del regolamento condominiale richiamata dall’attore, ritenendo tuttavia – sulla base di una corretta applicazione dei canoni legali di interpretazione – che essa non limitasse le facoltà riconosciute al singolo condomino dalle norme codicistiche.
Avendo i giudici di merito escluso che l’installazione della tettoia abbia recato nocumento alla stabilità e sicurezza del fabbricato condominiale e al suo decoro architettonico (con un giudizio in fatto insindacabile in sede di legittimità e, d’altra parte, neppure oggetto di specifica censura da parte del ricorrente), esattamente essi hanno ritenuto superflua la verifica circa l’applicabilità della disposizione del regolamento condominiale che stabiliva la necessità della previa autorizzazione dell’assemblea condominiale, trattandosi di autorizzazione che – stante l’accertata assenza di pregiudizio alla stabilità e all’estetica dell’edificio – non avrebbe potuto comunque essere negata.
- Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nulla va statuito sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
(omissis)
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.