Il condominio non riesce a fornire la prova della proprietà dell’area che ha deliberato di delimitare: il richiamo contenuto nel regolamento non basta, e la Cassazione evidenzia inoltre che in tema di condominio sta al giudice di merito accertare che un determinato bene rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà esclusiva di uno dei condòmini.
Di seguito un estratto dell’ordinanza 10543 del 3 giugno 2020.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 3.6.2020,
n. 10543
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Il Condominio … chiamava in giudizio M.M. (e altri due), e con la citazione a comparire dinanzi al Tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, esponeva di avere deliberato l’installazione di paletti nella zona di confine fra la proprietà condominiale e via … al fine di impedire la sosta di automobili sulle stesse aree, di cui il condominio era proprietario ai sensi dell’art. 2 del regolamento condominiale; lamentava di non essere riuscito dare esecuzione alla delibera a causa della opposizione dei convenuti, i quali accampavano diritti sull’area in questione; chiedeva ordinarsi ai convenuti di astenersi da ogni atto di molestia volto a impedire la riallocazione dei paletti lungo il confine fra la proprietà condominiale e il marciapiede comunale.
Il tribunale rigettava la domanda e la decisione era confermata dalla Corte d’appello di Roma. Questa osservava che il condominio attore aveva chiarito di avere proposto l’actio negatoria servitutis ai sensi dell’art. 949 c.c.; da ciò discendeva, in considerazione della natura petitoria dell’azione proposta, l’onere del condominio di dare la dimostrazione della proprietà delle aree oggetto di controversia, non essendo sufficiente il mero possesso. Secondo la corte tale prova non era stata fornita dall’attore, conseguendone quindi il rigetto della domanda.
Per la cassazione della sentenza il Condominio ha proposto ricorso affidato a un unico motivo, con il quale denuncia la violazione dell’art. 949 c.c..
M.M. (e altri due) hanno resistito con controricorso.
(omissis)
Con l’unico motivo si sostiene che nell’actio negatoria servitutis non è richiesta la prova rigorosa della proprietà, essendo sufficiente che l’attore dimostri con ogni mezzo di prova, ed anche con presunzioni semplici, di possedere in forza di un titolo valido.
Si sostiene in particolare che la conformazione dei luoghi autorizzava la presunzione della natura condominiale dell’area che il ricorrente intendeva delimitare con i paletti, essendo la stessa area al possesso del condominio in forza della norma del regolamento condominiale, confermata da delibere assembleari non impugnate dai convenuti. È richiamata inoltre una precedente statuizione del medesimo tribunale adito che aveva negato il diritto di M.M. di ottenere la rimozione dei paletti.
Il ricorso è infondato, in quanto nella decisione impugnata non si legge alcuna affermazione in contrasto con il principio di cui si denuncia la violazione. Infatti la corte d’appello, quando rimprovera al ricorrente di non avere dato la prova della proprietà, non allude alla mancanza della prova della proprietà nel senso richiesto per la rivendicazione, ma alla mancata dimostrazione del titolo di legittimazione dell’azione proposta: in particolare ha ritenuto insufficiente a tal fine il richiamo al regolamento condominiale.
Al ricorrente non giova richiamare il principio che l’azione negatoria pone un onere probatorio di minor rigore rispetto alla rivendicazione, potendo essere dimostrata la proprietà con ogni mezzo, anche mediante presunzioni. Ciò non toglie, infatti, che la proprietà vada comunque dimostrata (Cass. n. 12166/2002).
Sotto questo profilo la corte di merito ha riconosciuto che gli elementi di causa non consentivano di ritenere raggiunta la prova del diritto, inteso l’onere probatorio in termini coerenti con la natura dell’azione. In particolare, la corte ha riconosciuto come non fosse idoneo al riguardo «il mero generico richiamo all’art. 2 del regolamento di condominio, in quanto formulato senza alcuna specifica argomentazione volta a chiarire sotto quale profilo le aree in questione sarebbero da considerare comprese nell’elencazione dei beni ivi contenuta».
In effetti, sotto la veste della violazione di legge, la censura che il ricorrente muove contro la decisione si appunta in via diretta sulla valutazione degli elementi di causa da parte del giudice di merito.
(omissis)
Si deve aggiungere, solo per completezza di esame, che in tema di condominio costituisce valutazione in fatto, sottratta al giudizio di legittimità ove adeguatamente motivata, l’accertamento da parte del giudice di merito relativo al fatto che un determinato bene, per la sua struttura e conformazione e per la funzione cui è destinato, rientri tra quelli condominiali oppure sia di proprietà esclusiva di uno dei condòmini (Cass. n. 2943/2004; n. 11195/2010).
Il ricorso, pertanto, va rigettato, con addebito di spese.
(omissis)
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.500 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200 e agli accessori di legge.