A Cura di: Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò
Per rimuovere una fioriera posta sul corridoio condominiale al fine di rendere più agevole l’accesso di un condòmino alla sua proprietà non è necessaria l’unanimità dell’assemblea.
Ad affermare ciò è stata la Corte d’Appello di Roma con la sentenza n. 1671/2021.
Per la Corte distrettuale, la rimozione di una fioriera va intesa sostanzialmente come un semplice mutamento della sistemazione od utilizzazione della cosa comune, che rientra negli atti di ordinaria amministrazione, per i quali è sufficiente la maggioranza prevista dal secondo comma dell’art. 1136 c.c.; del resto, secondo il giudice di secondo grado, il predetto spostamento, oltre a non comportare la trasformazione dell’entità materiale di una parte comune, non determina neanche la modifica della sua destinazione.
Ad avviso del giudice di merito, non costituisce affatto un’innovazione la rimozione di una fioriera posizionata sul corridoio condominiale fra una proprietà esclusiva e la proprietà condominiale, per rendere più agevole l’accesso allo stabile al condòmino titolare della porzione privata. Per tale ragione non occorre il voto unanime in assemblea per decidere in merito.
Non è stata considerata innovazione neanche lo spostamento della centrale per adeguarsi alle normative antincendio, come pure la sostituzione della caldaia del riscaldamento condominiale.
Difatti, la giurisprudenza di legittimità ha stabilito che si tratta esclusivamente di atti di manutenzione straordinaria, poiché le attività poste in essere non comportano una modifica sostanziale o funzionale della cosa comune, bensì hanno come unico obiettivo quello di ripristinare la funzionalità dell’impianto (Cass. Civ., sez. II, sent. n. 27287/2008).
È innovazione non qualsiasi mutamento o modifica della cosa comune, ma soltanto la modifica materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti l’originaria destinazione.
Qualora le innovazioni rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso e al godimento anche di un solo condòmino, determinandone una sensibile menomazione dell’utilità, ne deriva la nullità della delibera che le approva, nullità che è sottratta al termine di impugnazione di cui all’art. 1137 c.c.