“Negli edifici in condominio anche le parti poste concretamente a servizio soltanto di alcune porzioni dello stabile, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni a tutti i condòmini”. È questo il principio di diritto richiamato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 7625 del 18 marzo 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 18.3.2019,
n. 7625
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Il Condominio …, ha proposto ricorso, sulla scorta di cinque mezzi, per la cassazione della sentenza con cui la corte d’appello di Palermo, confermando sul punto la sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda dell’Amministrazione condominiale avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità di opere realizzate nel loro appartamento dai condòmini V.L. e M.S. in asserita violazione della legge e del regolamento di condominio.
I sigg. V.L. e M.S. hanno depositato controricorso.
La causa è stata chiamata all’adunanza di camera di consiglio del 12 dicembre 2018, per la quale solo il Condominio ricorrente ha depositato una memoria.
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’articolo 1120 c.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa negando che gli interventi effettuati dai contro ricorrenti nel proprio appartamento alterassero la linea architettonica dell’edificio, deturpandone l’estetica.
Il motivo va giudicato inammissibile, perché attinge l’apprezzamento di merito operato dalla corte territoriale in ordine all’inidoneità delle opere in questione a ledere il decoro dello stabile; apprezzamento non sindacabile in sede di legittimità quando risulti adeguatamente motivato (nella specie, con riferimento alle risultanze della consulenza tecnica ed alla accertata preesistenza di uno stato di degrado del decoro dello stabile).
Con il secondo motivo si deduce la violazione degli articoli 1117 e 1120 c.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa giudicando legittima l’annessione all’appartamento dei contro ricorrenti di una porzione di pianerottolo condominiale, da costoro chiusa con un cancello in ferro e sottratta all’utilizzo degli altri condòmini. Secondo la corte palermitana, la natura condominiale di tale porzione di pianerottolo doveva escludersi, risultando essa di esclusivo utilizzo degli odierni contro ricorrenti.
Il motivo è fondato, perché la corte territoriale, nell’escludere la natura condominiale della porzione di pianerottolo in questione con il rilievo che la stessa sarebbe “di esclusivo utilizzo degli appellati” (pagina 8 della sentenza), si è posta in contrasto con il principio che “negli edifici in condominio, le scale con i relativi pianerottoli, che insistano, nella specie, su un ballatoio e servano da accesso al lastrico solare comune, costituiscono strutture funzionalmente essenziali del fabbricato e rientrano, pertanto, tra le parti che devono presumersi comuni, in forza dell’art. 1117, n. 1 cod. civ.” (Cass. 4372/15) e con il principio che “ai sensi dell’art. 1117 c. c., negli edifici in condominio anche le parti poste concretamente a servizio soltanto di alcune porzioni dello stabile, in assenza di titolo contrario, devono presumersi comuni a tutti i condòmini” (Cass. 2800/17).
Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 9 della legge regionale siciliana n. 37/1985 (alla cui stregua “la chiusura di balconi e verande con strutture precarie non integra modifica della sagoma della costruzione”) in cui la corte territoriale sarebbe incorsa rigettando la domanda del condominio di rimozione delle opere realizzate dagli odierni contro ricorrenti in dispregio dei diritti degli altri condòmini sulla base di tale disposizione, nonostante che la stessa operi esclusivamente nei rapporti tra i privati e la pubblica amministrazione.
Il motivo va giudicato inammissibile perché la statuizione della corte distrettuale che esso attinge risulta priva di portata decisoria. La ratio decidendi della sentenza gravata si fonda, infatti, non sull’assunto della liceità urbanistica delle opere in questione ma, come fatto palese delle parole “in ogni caso” che si leggono nel primo rigo di pagina 9 della sentenza, sulla ritenuta insussistenza di danni all’estetica del condominio.
Con il quarto motivo si denuncia la violazione dell’articolo 1102 c.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa giudicando lecite le opere realizzate dagli odierni contro ricorrenti in violazione del regolamento condominiale (che nel ricorso si riferisce essere stato trascritto presso la Conservatoria dei registri immobiliari di Palermo), in ragione dei pregressi comportamenti tolleranza adottati nel condominio “rispetto ad analoghe preesistenti situazioni”.
Anche tale motivo va dichiarato inammissibile perché esso non risulta pertinente alla ratio decidendi, giacché la corte d’appello ha escluso l’operatività del divieto previsto dal regolamento condominiale non per esser stato tale divieto superato dalla tolleranza degli altri condòmini, ma perché il regolamento condominiale non risultava richiamato nei singoli atti di acquisto della proprietà; quanto alla censura con cui il ricorrente lamenta che la corte territoriale avrebbe trascurato che il suddetto regolamento condominiale era stato trascritto nella Conservatoria dei registri immobiliari, è sufficiente considerare che la stessa si fonda su una circostanza di fatto (la trascrizione del regolamento condominiale) che non risulta dalla sentenza gravata e che nel ricorso non si precisa in quale sede ed in quali termini sarebbe stata dedotta nel giudizio di merito.
(omissis)
In definitiva il secondo motivo di ricorso va accolto, il sesto va dichiarato assorbito e gli altri vanno dichiarati inammissibili; la sentenza gravata va cassata con rinvio alla corte d’appello di Palermo, che si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il sesto e dichiara inammissibili gli altri.
Cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa ad altra sezione della corte d’appello di Palermo, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di cassazione.