Nell’ambito di una controversia inerente la ripartizione delle spese di manutenzione, la Cassazione richiama la definizione del cortile condominiale, il quale fa parte delle cose comuni di cui all’art. 1117 c.c., per tale intendendosi qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensivo dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 c.c..
Di seguito un estratto dell’ordinanza 7743/2018.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 24.3.2017,
n. 7743
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La ricorrente I.S. impugna, articolando due motivi di ricorso, la sentenza 2 luglio 2015, n. 1713/2015, della Corte d’Appello di Venezia, la quale ha rigettato gli appelli proposti dalla stessa I.S. contro le sentenze non definitiva n. 1809/2006 e definitiva n. 526/2011 del Tribunale di Venezia. La Corte di Venezia ha ritenuto che l’area scoperta messa a verde, circostante l’edificio condominiale sito in … andasse soggetta alle regole della comunione ordinaria, e non al regime del condominio, e quindi dovesse essere suddivisa tra I.S. e G.S. presumendosi uguali le due quote, e non secondo le tabelle millesimali condominiali.
La ricorrente col primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento alla domanda di divisione dello scoperto in ragione delle quote millesimali di proprietà sul fabbricato. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1118 e 1362 c.c. con riferimento alla proprietà dello scoperto in ragione alle quote millesimali ed all’esclusione del trasferimento di quota millesimale indivisa con il titolo di proprietà di G.S..
Resiste con controricorso G.S. (omissis).
È evidente che non costituisce domanda nuova, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., la prospettazione in appello di una qualificazione giuridica del contesto proprietario in termini di condominio edilizio anziché di comunione ordinaria, trattandosi di ricostruzione basata sui medesimi fatti.
Vero è, tuttavia, che la situazione di condominio, regolata dagli artt. 1117 e seguenti del Codice Civile, si attua sin dal momento in cui si opera il frazionamento della proprietà di un edificio, a seguito del trasferimento della prima unità immobiliare suscettibile di separata utilizzazione dall’originario unico proprietario ad altro soggetto. Secondo le emergenze documentali di giudizio invocate dalla stessa ricorrente, il Condominio di …, deve intendersi sorto con l’atto di frazionamento dell’iniziale unica proprietà di I.S. mediante alienazione, per atto del 27 luglio 1973, dell’unità immobiliare al secondo piano a M.S. e L.D.. Originatasi a tale data la situazione di condominio edilizio, dallo stesso momento doveva intendersi operante la presunzione legale ex art. 1117 c.c. di comunione “pro indiviso” di tutte quelle parti del complesso che, per ubicazione e struttura, fossero – in tale momento costitutivo del condominio – destinate all’uso comune o a soddisfare esigenze generali e fondamentali del condominio stesso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26766 del 18/12/2014). Va detto che il cortile fa parte delle cose comuni di cui all’art. 1117 c.c., per tale intendendosi qualsiasi area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dare luce e aria agli ambienti circostanti, ma anche comprensivo dei vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate degli edifici – quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi – sebbene non menzionati espressamente nell’art. 1117 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7889 del 09/06/2000).
Tuttavia, dal titolo del 27 luglio 1973 risultava, in contrario, una chiara ed univoca volontà di riservare esclusivamente alla venditrice I.S. la proprietà dello scoperto. La negazione della condominialità dell’area scoperta risale, quindi, irreversibilmente al momento costitutivo del condominio stesso.
Ne consegue che, nel caso in esame: 1) essendo sorto “ipso iure et facto” il condominio di … al momento dell’atto del 27 luglio 1973, quando l’originaria unica proprietaria I.S. ebbe ad alienare a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata; 2) ed essendosi la medesima venditrice, in quello stesso momento, riservata la qualità di proprietaria esclusiva dell’area scoperta; 3) I.S. ha poi disposto della stessa area scoperta come proprietaria unica di detto bene con la compravendita del 17 marzo 1981, la quale comprendeva nella comproprietà ceduta a G.S. anche lo scoperto. Non avendo tale atto costitutivo della comproprietà sull’area scoperta determinato la quota spettante a ciascuno dei due comproprietari sulla cosa comune, opera in questa ipotesi la presunzione di pari entità delle quote dei partecipanti alla comunione, fissata dall’art 1101, comma 1, c.c..
Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del solo controricorrente G.S., non avendo svolto attività difensive gli altri due intimati M.S. e L.D..
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.300, di cui euro200 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.