Qual è la maggioranza necessaria per approvare la delibera relativa al rendiconto di gestione condominiale? È il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 23238/2016, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 15.11.2016,
n. 23238
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P.G. proponeva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Torino avverso il decreto ingiuntivo (dichiarato provvisoriamente esecutivo), con il quale le veniva ingiunto il pagamento delle somme, rispettivamente, di euro 848 ed euro 930 quali dovute quote per le gestioni condominiali 2007 e 2008 del Condominio di via ….
L’adito Giudice di Pace, instauratosi il contraddittorio, con sentenza n. … rigettava l’opposizione.
Avverso la sentenza, di cui chiedeva la riforma, interponeva appello la P.G..
Resisteva all’interposto gravame il Condominio appellato.
Il Tribunale di Torino, in funzione di giudice di Appello, con sentenza n. … rigettava l’appello e condannava l’appellante alla refusione delle spese del giudizio.
Per la cassazione della suddetta decisione ricorre la P.G. con atto affidato a due ordini di motivi.
Resiste con controricorso l’intimato Condominio.
(omissis)
1. Con il primo motivo del ricorso si censura , ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., il vizio di falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 1136, co. III c.c..
Parte ricorrente lamenta, in sostanza, l’approvazione della delibera di rendiconto per cui è causa con i soli voti di due dei condòmini presenti alla assemblea.
La sentenza gravata innanzi a questa Corte non si espone al denunciato vizio di cui al motivo in esame e la relativa doglianza è del tutto infondata.
La delibera di cui si controverte risulta essere stata assunta in seconda convocazione col rispetto della norma di cui all’art. 1136, III co. c.c. ovvero con la presenza di un terzo dei partecipanti al condominio (i succitati due condòmini su un totale di cinque condomini).
Peraltro i predetti due condòmini rappresentavano ben 710,37 millesimi.
Al riguardo va ribadito come, secondo noto e condiviso principio già enunciato da questa Corte (Sent. n. 6625/2004) lo stesso art. 1136 c.c. “privilegia il criterio della maggioranza del valore dell’edificio quale strumento coerente per soddisfare le esigenze condominiali”.
In ogni caso, inoltre (e decisivamente), il motivo tende ad eludere l’oggetto del giudizio vertente in tema di opposizione a D.I. adottato sulla base di una delibera non impugnata dalla medesima parte ricorrente.
Il motivo va, dunque, respinto.
2. Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio; ex art. 360, n. 3 c.p.c, di falsa applicazione dell’art. 63, I co. disp. att. c.c..
La censura mossa col motivo in esame (che, peraltro, la parte neppure adduce aver costituito apposito precedente motivo di appello) è infondata.
Nella fattispecie nessun preteso obbligo di preliminare verifica della deliberazione era dovuto dal Giudice del merito in sede di opposizione a D.I. atteso l’anzidetto e decisivo aspetto della mancata impugnazione della delibera stessa posta e risultante come fondamento dell’ingiunzione.
Il motivo deve, pertanto, essere respinto.
3. Il ricorso deve, perciò, essere rigettato.
4. Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del Condominio controricorrente delle spese del giudizio, determinate in euro 1.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.