In questo periodo ci pare un problema quantomai lontano. Eppure, fino a pochi mesi fa, il disturbo del riposo e della quiete pubblica generato dagli avventori di locali situati in prossimità di edifici condominiali era all’ordine del giorno, e non è da escludersi che, malgrado le limitazioni di questa fase 2, a breve tornerà a presentarsi.
Ecco dunque come è orientata a decidere la Cassazione in merito all’entità del disturbo e al numero di condòmini potenzialmente danneggiati dallo stesso, nonché riguardo alle responsabilità dei gestori dei locali.
Titolari condannati: avevano collocato all’esterno del locale casse di amplificazione musicale, lasciando panche e tavoli sulla strada anche dopo la chiusura, che favorivano gli assembramenti.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III pen., sent. n. 13320/2020
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1. Con sentenza del 22 febbraio 2019 il Tribunale di Firenze ha dichiarato M.D. e M.B. responsabili del reato di cui all’art. 659 cod. pen. (loro ascritto per avere, quali legali rappresentanti della S.n.c. M., gestore dell’esercizio pubblico denominato Enoteca …, svolgente attività commerciale di bar e pub, disturbato il riposo e le occupazioni delle persone; in Firenze, fra il dicembre 2013 e il maggio 2014), condannandoli alla pena di 309 euro di ammenda e al risarcimento del danno In favore delle parti civili.
2. Avverso tale sentenza gli imputati hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
(omissis)
2.2. In secondo luogo, hanno lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) et e), cod. proc. pen., l’errata applicazione dell’art. 659 cod. pen. e un vizio della motivazione, con riferimento alle deposizioni dei testi V., G., C., M. ed E., per il mancato accertamento della idoneità dei rumori provenienti dall’interno del locale e dagli avventori dell’enoteca a disturbare un numero indeterminato di persone, come richiesto dall’art. 659 cod. pen. (posto a protezione della quiete pubblica e non di un numero determinato di persone), e non solo le parti civili, tutte abitanti dirimpetto al locale gestito dagli imputati, non essendo stati percepiti rumori o schiamazzi dagli occupanti abitazioni distanti, come riferito, in particolare, dal teste M., residente a poca distanza dall’enoteca.
2.3. Con un terzo motivo hanno lamentato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), et e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 40 e 659 cod. pen. e l’illogicità della motivazione, con riferimento alle deposizioni dei testi V., M., C., P., N. e a quanto dichiarato dall’imputato B., con riferimento all’addebito di omesso impedimento di schiamazzi all’esterno del locale da parte degli avventori dello stesso, che costituivano il reale elemento disturbante del riposto delle persone abitanti nei pressi, sui quali i gestori del locale non avevano obblighi di vigilanza né potere di intervento per le condotte realizzate all’esterno del locale, essendosi, peraltro, attivati chiedendo l’intervento delle forze di polizia quanto all’esterno del locale la situazione diveniva particolarmente fastidiosa.
1. Il ricorso, congiuntamente proposto dagli imputati, è inammissibile.
(omissis)
3. Il secondo motivo, mediante il quale è stato lamentato il mancato accertamento della idoneità dei rumori provenienti dagli avventori dell’enoteca a disturbare un numero indeterminato di persone e non solo le parti civili, tutte abitanti dirimpetto al locale gestito dagli imputati, non essendo stati percepiti rumori o schiamazzi dagli occupanti le abitazioni distanti dall’enoteca, è inammissibile, essendo volto a censurare sul piano del merito, tra l’altro attraverso una non consentita rivisitazione delle deposizioni testimoniali, l’accertamento di tale aspetto compiuto dal Tribunale, in modo logico e fornendone illustrazione con motivazione esauriente e immune da vizi.
Il Tribunale ha, infatti, dato atto che la musica proveniente dal locale gestito dalla società degli imputati e gli schiamazzi prodotti dagli avventori dello stesso, anche quando stazionavano all’esterno del locale, erano idonei a disturbare un numero indeterminato di persone abitanti nei pressi dell’Enoteca …, evidenziando che anche all’esterno del locale erano state installate casse di amplificazione musicale e che la musica, il rumore e gli schiamazzi degli avventori erano idonei a disturbare un numero indeterminato di persone abitanti nei pressi dell’enoteca: si tratta di motivazione sufficiente a dare conto della diffusività delle emissioni sonore e della loro idoneità a recare disturbo al riposo di un numero indeterminato di persone, in quanto per la configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. pen. non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che il disturbo venga arrecato a un gruppo indeterminato di persone e non solo a un singolo, anche se raccolte in un ambito ristretto, come, ad esempio in un condominio (omissis).
La circostanza che solo alcuni dei soggetti potenzialmente lesi dalle emissioni sonore se ne siano lamentati non esclude la configurabilità del reato allorquando, come nel caso in esame, sia stata accertata l’idoneità delle stesse ad arrecare disturbo non solamente a un singolo ma a un gruppo indeterminato di persone, quali gli abitanti dell’area circostante il locale, con la conseguente incidenza della condotta sulla tranquillità pubblica e la lesione dell’interesse protetto dalla disposizione, che è costituito, appunto, dalla quiete e dalla tranquillità pubblica.
4. Il terzo motivo, oltre che anch’esso volto a conseguire una non consentita rivisitazione degli elementi considerati per affermare la responsabilità degli imputati, in particolare delle deposizioni testimoniali, dalle quali è emerso che gli schiamazzi degli avventori provenivano anche dall’esterno del locale, dove questi stazionavano, è manifestamente infondato, essendo basato sulla affermazione della insussistenza di un obbligo di controllo e di intervento sugli avventori di un locale pubblico all’esterno di questo, la cui sussistenza, invece, è stata più volte affermata.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, da tempo affermato che la qualità di titolare della gestione di un esercizio pubblico comporta l’assunzione dell’obbligo giuridico di controllare che la frequentazione del locale da parte dei clienti non sfoci in condotte contrastanti con le norme concernenti la polizia di sicurezza (Sez. 1, n. 16686 del 28/03/2003), attraverso il ricorso ai vari mezzi offerti dall’ordinamento, come l’attuazione dello ius excludendi e il ricorso all’autorità, allo scopo di evitare che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica (Sez. 1, n. 48122 del 03/12/2008; conf. Sez. F, n. 34283 del 28/07/2015), anche quando questi si trovino nelle immediate vicinanze del locale stesso, e sono, quindi, ancora nella sfera di controllo del gestore.
Nel caso in esame, inoltre, oltre alla mancata attivazione dei gestori allo scopo di evitare la realizzazione di condotte moleste da parte degli avventori, è emerso anche che al di fuori del locale venivano lasciate, quanto meno per un certo periodo e anche dopo la chiusura al pubblico, panche e tavoli, che favorivano l’assembramento degli avventori al di fuori del locale e, con esso, anche condotte idonee, con schiamazzi e vociare, a turbare il riposto delle persone abitanti negli edifici limitrofi.
Ne consegue, dunque, la manifesta infondatezza della doglianza, sussistendo l’obbligo di attivazione di cui i ricorrenti hanno contestato l’esistenza e di cui non hanno, comunque, dedotto né dimostrato l’adeguato assolvimento.
5. Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, stante la genericità, il contenuto non consentito e la manifesta infondatezza di tutte le censure cui è stato affidato.
(omissis)
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000 ciascuno a favore della Cassa delle Ammende.