Perseguita letteralmente i vicini di casa, suonando ripetutamente il clacson nel vialetto del condominio, tenendo accesso il motore dell’auto ed alto il volume dello stereo, ma anche colpendo con pugni le pareti dei condòmini, ingiuriandoli e fotografando ripetutamente l’esterno delle loro abitazioni. La Corte di Cassazione conferma la condanna a suo carico ravvisando nei suoi comportamenti un univoco disegno criminoso, volto a arrecare offesa alla privata quiete del condominio. Di seguito una sintesi della vicenda e un estratto della sentenza 50379/2018.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. I pen., sent. n. 50379/2018
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1. Con sentenza del Tribunale di Firenze in data 8/05/2014, A.G. era stato condannato, in concorso con R.C., alla pena, condizionalmente sospesa, di un mese di arresto, in quanto riconosciuto colpevole dei reati di cui agli artt. 81, cpv., 660 cod. pen., per avere, per petulanza e altri biasimevoli motivi, recato disturbo a W.F. (e altri), suoi vicini di casa, mantenendo lo stereo di casa ad alto volume, colpendo con pugni le pareti confinanti, nonché suonando ripetutamente e ingiustificatamente il clacson della propria autovettura nell’attraversare il vialetto condominiale, anche nelle prime ore del mattino, tenendo acceso il motore dell’auto sotto le abitazioni dei condòmini e provocando, in tal modo, immissioni di gas di scarico all’interno delle stesse, profferendo ripetutamente, in presenza dei condòmini, frasi a contenuto ingiurioso e oltraggioso rivolte ai vicini, scattando numerose fotografie per riprendere l’esterno delle abitazioni degli altri condòmini; fatti occorsi in (omissis) dal 17 gennaio al 10 giugno 2011. Con lo stesso provvedimento, i due imputati erano stati condannati al risarcimento in favore delle predette persone offese, costituitesi parti civili.
Secondo il Tribunale, le contrarie affermazioni di A.G., che aveva allegato documentazione da cui sarebbe dovuto risultare che nei giorni e nelle ore indicate in denuncia dei condòmini egli non si trovava in loco e aveva rappresentato la necessità di segnalare con il clacson la presenza della sua autovettura per evitare sinistri stradali, erano state concordemente smentite dai testi, i quali avevano escluso che vi fosse la necessità di utilizzare gli avvisatori acustici per segnalare la presenza sulla via …; mentre la menzionata documentazione, relativa agli orari di accesso alla palestra e al tracciato telepass, era stata ritenuta ininfluente, sia perché l’autovettura poteva non essere nella disponibilità dell’imputato nell’ora del tracciato, sia perché gli orari di frequentazione della palestra da parte di A.G. non coincidevano con quelli indicati nella denuncia. Pertanto, doveva ritenersi che con le indicate condotte gli imputati avessero realizzato una condotta idonea a molestare il vicinato; e la reiterazione delle molestie per diversi mesi doveva ritenersi sintomatica di un univoco disegno criminoso, volto a arrecare offesa alla privata quiete del condominio.
2. Con sentenza in data 17/02/2017, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarò non doversi procedere nei confronti della sola R.C. essendo i fatti ormai estinti per prescrizione, confermando le precedenti statuizioni, penali e civili, per A.G., il quale aveva, invece, rinunciato espressamente alla prescrizione (v. foglio 7 della sentenza di secondo grado).
3. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso A.G. a mezzo del difensore di fiducia, avv. …, deducendo cinque distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
(omissis)
3.2. Con il secondo motivo, la difesa di A.G. censura, ex art. 606, comma 1, lett. B), cod. proc. pen., l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale per non avere la Corte territoriale applicato la causa di non punibilità prevista dall’art. 599 cod. pen., da ritenersi configurabile anche con riferimento alla fattispecie prevista dall’art. 660 cod. pen., atteso che in caso di reciprocità delle molestie non ricorrerebbe la situazione di “petulanza” o di “biasimevole motivo” prevista dalla norma incriminatrice, la quale sarebbe, peraltro, configurabile soltanto nel caso in cui la condotta sia rivolta a una singola persona determinata e non già a un pubblico indeterminato di soggetti, individuabili, nel caso di specie, nei condòmini in genere.
(omissis)
1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
(omissis)
3. Venendo, quindi, all’analisi delle doglianze formulate con il secondo motivo di impugnazione, giova rilevare che la questione relativa alla configurabilità dell’art. 599 cod. pen. costituisce un “motivo nuovo”, mai dedotto in sede di appello, come tale non ammissibile nel presente giudizio di legittimità, secondo la regola stabilita dall’art. 606, comma 3 cod. proc. pen..
4. Le questioni proposte con gli ultimi tre motivi possono essere trattate unitariamente, trattandosi di questioni che attengono, tutte, alla valutazione della prova e, in particolare, alla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, in quanto mosse da ragioni di vendetta nei confronti dei due imputati, oltre che da motivi di interesse economico, correlati alla loro costituzione di parte civile nel presente giudizio.
4.1. Rileva, sul punto, il Collegio che tali censure erano state articolate fin dall’atto di appello e che, proprio per tale motivo, la Corte territoriale si era fatta carico di un vaglio puntuale e scrupoloso delle dichiarazioni testimoniali rese dalle persone offese, riscontrandone la “coerenza, logicità, concordanza e congruenza”, anche rispetto alle denunce in precedenza presentate, dovendo ritenersi non significative alcune blande imprecisioni, agevolmente spiegabili con il tempo trascorso fra gli accadimenti de quibus e il loro esame in udienza. Una valutazione certamente sufficiente a scrutinarne positivamente l’attendibilità, pur in assenza di riscontri ulteriori, atteso l’ormai consolidato principio secondo cui le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012).
A quest’ultimo riguardo, rovesciando il ragionamento svolto dalla difesa dell’imputato, i giudici di appello hanno sottolineato come la sostanziale convergenza delle dichiarazioni dei condòmini rendessero inverosimile l’ipotesi di una sorta di macchinazione determinata dallo spirito di vendetta nei confronti degli imputati, ma come essa fosse spiegabile proprio con “le sofferenze per le angherie patite a opera dei due imputati nell’ambito di un rapporto condominiale che le rendeva ancora più pesanti e intollerabili”.
4.2. Sotto altro profilo, il ricorso lamenta una mancata considerazione delle censure difensive svolte con riferimento agli ulteriori elementi di inattendibilità delle dichiarazioni rese dai condomini, scarsamente circostanziate e incompatibili con le prove a discarico, anche di tipo documentale, offerte dalla difesa, che dimostrerebbero che i testimoni avrebbero concordato una versione comune al fine di costruire un’accusa falsa ai danni degli stessi A.G. e R.C..
Anche sotto tale aspetto, osserva nondimeno il Collegio che al di là della genericità della relativa deduzione, la sentenza appellata si è fatta carico di vagliare analiticamente gli elementi a discarico prospettati dalla difesa, escludendo, in particolare, l’idoneità della documentazione prodotta (ticket dei telepass, degli accessi in palestra, della pizzeria Omissis e note spese della ditta Omissis) ad asseverare l’assenza dei A.G. presso il condominio nelle date e negli orari delle molestie in questione, considerata l’assenza, in tali documenti, di riferimenti al dato essenziale degli orari e finanche alla loro stessa riconducibilità agli imputati, trattandosi di documenti non nominativi. Così come del tutto pretestuosa è stata motivatamente ritenuta dai giudici di appello la prospettazione difensiva secondo cui l’uso degli avvisatori acustici da parte degli imputati sarebbe stato giustificato dall’ordinanza comunale relativa alla strada di accesso al condominio, nulla di ciò potendosi evincere, in realtà, dall’ordinanza in questione e dovendo per il resto escludersi, alla stregua delle concordi dichiarazioni delle persone offese, la presenza di una costante situazione di esposizione a pericolo che, sola, avrebbe autorizzato il ricorso ai dispositivi in questione.
(omissis)
5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
(omissis)
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili costituite che liquida in euro 6.030 oltre spese generali nella misura del 15%, C.P.A. e I.V.A. come per legge.