Un regolamento condominiale che considera sopraelevazione solamente l’edificazione di un ulteriore piano al di sopra di quelli esistenti, e non la semplice trasformazione del sottotetto in unità abitativa abitabile, è all’origine della vicenda sulla quale, in ultima analisi, è stata chiamata a pronunciarsi la Cassazione con l’ordinanza 29337 del 14 novembre 2018, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 14.11.2018,
n. 29337
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Con atto di citazione notificato il 16/9/2009, A.U. e C.M. convenivano in giudizio il Condominio …, chiedendo accertarsi e dichiararsi con sentenza costitutiva il loro diritto a sopraelevare e destinare la porzione di sottotetto di loro proprietà esclusiva – costituita dai subalterni 31 e 32 – secondo le modalità e finalità dichiarate nella DIA 3.10.2008 e nell’allegato progetto edificatorio dell’Ing. N., nonché la condanna del Condominio al risarcimento di non meglio determinati danni, asseritamente derivanti dal diniego di assenso al suddetto intervento edilizio da parte del Condominio stesso.
Si costituiva ritualmente in giudizio il Condominio, contestando integralmente la domanda attorea e proponendo domanda riconvenzionale volta a far dichiarare l’insussistenza del diritto vantato dagli attori.
Precisate le rispettive conclusioni, il Tribunale di Torino con la sentenza n. 997/12 dichiarava inammissibile la domanda di risarcimento danni proposta dagli attori, e, dall’altro lato, accertava il diritto dei medesimi ad eseguire gli interventi edilizi oggetto del giudizio, rigettava la speculare domanda riconvenzionale di accertamento negativo proposta dal Condominio, compensava interamente tra le parti le spese di lite.
(omissis)
La Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 1719 del 2013, accoglieva l’appello rigettando la domanda proposta dalle parti appellate e condannava le parti appellate al pagamento delle spese dell’intero giudizio. Secondo la Corte di Appello di Torino, ai sensi della normativa regolamentare, la sopraelevazione che consentiva l’immutazione dell’utilizzo del sottotetto era solamente quella consistente nella edificazione di un sesto piano completo, che nulla ha a che vedere con una semplice trasformazione del sottotetto attuale mediante il recupero dello stesso. Precisava, altresì, che era chiara la strumentale qualificazione del reale recupero del sottotetto ai fini abitativi come fittizia sopraelevazione, al fine di eludere le clausole convenzionali del regolamento; e che, quella oggetto di causa, non era una sopraelevazione contrattualmente prevista, trattandosi di una utilizzazione, diversa rispetto a quella sua propria, del sottotetto, vietata dalla clausola contrattuale di cui all’art. 1 comma 3 del Regolamento condominiale.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da A.U. e C.G. con ricorso affidato ad un motivo, illustrato con memoria. Il Condominio … ha resistito con controricorso.
1. Con l’unico motivo di ricorso A.U. e C.G. lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. Cod. civ. ed, in generale, dei principi e criteri di ermeneutica contrattuale e conseguente nullità della sentenza in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 cod. proc. civ. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale, nel sostenere che quella (l’opera di trasformazione del sottotetto) oggetto di causa non era una sopraelevazione contrattualmente prevista:
a) avrebbe assegnato al sottotetto una funzione: di camera d’aria interposta tra il tetto e la prima soletta dell’edificio condominiale, che non è prevista, né espressa nelle clausole regolamentari;
b) avrebbe, erroneamente, ritenuto che l’obbligo imposto ai sopraelevatori di rifacimento della copertura e di innalzare le canne fumarie fosse riferibile alla realizzazione di un nuovo tetto non tenendo conto, invece, che, comunque, il prolungamento delle canne fumarie sarebbe coerente, anche con l’innalzamento di una falda del tetto per raggiungere le altezze abitabili;
c) avrebbe, arbitrariamente, ritenuto che il “(…) il regolamento configura come sopraelevazione solamente l’edificazione di un ulteriore piano il sesto appunto, completo al di sopra dei cinque esistenti. Solo in tal modo si spiegano gli obblighi sia di rifacimento del tetto inesistente in diversa ipotesi, che di prolungamento delle canne fumarie (…)”; (omissis).
E, comunque al di là di queste precedenti osservazioni, i ricorrenti lamentano il fatto che la Corte non abbia spiegato perché l’innalzamento di una delle falde del tetto non fosse sufficiente a definire come vera e propria sopraelevazione il progetto degli attori.
1.1. Il motivo è infondato.
(omissis)
1.2. Ora nel caso in esame la Corte distrettuale ha operato correttamente e, soprattutto, ha ricercato il significato delle clausole regolamentari richiamate, seguendo i canoni interpretativi di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ. La Corte distrettuale, in particolare, non si è limitata a richiamare la normativa regolamentare ma ha, esattamente, indicato le ragioni per le quali dal regolamento condominiale potesse desumersi che il “(…) sottotetto è, e resta, di proprietà dell’avente diritto, il quale potrà solamente demolirlo e sostituirlo con un piano in sopraelevazione, mantenendolo diversamente, nell’utilizzazione suddetta sin tanto che quel diritto componente del suo diritto di proprietà non eserciti (…..)”. Infatti, la Corte distrettuale ha avuto modo di chiarire che “(….) la clausola sub 3 regola il diritto di sopraelevazione, specificando che correlato all’esercizio di tal diritto è l’obbligo di rifacimento del tetto e di prolungamento degli impianti tecnologici dell’edificio, in modo tale da mantenerli al di sopra del nuovo tetto. Il significato di tale seconda clausola contrattuale è chiaro: il regolamento configura come sopraelevazione solamente l’edificazione di un ulteriore piano – il sesto, appunto – completo, al di sopra dei cinque esistenti. Solo in tal modo, si spiegano gli obblighi sia di rifacimento del tetto, inesistente in diversa ipotesi, che di prolungamento di canne fumarie etc.. Se per “sopraelevazione” il regolamento avesse inteso la semplice trasformazione del sottotetto in unità abitativa abitabile, ad altezza invariata, non avrebbe chiaramente disposto l’obbligo contrattuale suddetto a carico del soggetto esercitante il suo diritto di sopraelevazione (….)”.
(omissis)
In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 cod. proc. condannati in solido a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. (omissis).
La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti, in solido, a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso e accessori come per legge.