In materia d’imposta di registro, la sentenza che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora soggetta ad impugnazione.
È il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 13139 del 30 giugno 2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V civ., ord. 30.6.2020,
n. 13139
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1. Il tribunale di Milano, all’esito della causa intentata dai promissari acquirenti di appartamenti promessi in vendita dall’Inps e da S.C.I.P. s.r.l., pronunciava sentenza che teneva luogo del trasferimento di proprietà a seguito di contratto preliminare inadempiuto, ai sensi dell’articolo 2932 cod. civ..
L’agenzia delle entrate liquidava le imposte di registro, ipotecane e catastali con aliquota proporzionale. L’Inps impugnava l’avviso di liquidazione sostenendo, per quanto qui ancora interessa, che l’atto avrebbe dovuto scontare la sola imposta fissa di registro ai sensi dell’articolo 27 del d.P.R. 131/86 in quanto si doveva considerare che i trasferimenti immobiliari erano subordinati al previo pagamento del prezzo sì che solo ad avvenuto pagamento sarebbe divenuta esigibile l’imposta proporzionale.
La commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso.
Proprio (recte: proposto) appello da parte dell’agenzia delle entrate, la CTR della Lombardia lo rigettava sul rilievo che il ricorso era inammissibile, ai sensi dell’articolo 53 del decreto legislativo 546/92, in quanto i motivi di appello erano privi di specificità, risolvendosi nella ripetizione delle doglianze già avanzate nel procedimento di primo grado. Rilevava inoltre la CTR che l’imposta proporzionale di registro non poteva essere applicata in quanto di fatto mancava l’effettivo pagamento del prezzo, di talché l’imposta era applicabile solo al momento del verificarsi della condizione, atteso che solo allora l’atto produceva effetti traslativi.
2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’agenzia delle entrate affidato a due motivi. L’Inps resiste con controricorso. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 53 d. lgs. 546/92 e 329 cod. proc. civ.. Sostiene che la CTR ha errato nel dichiarare inammissibile l’appello dell’ufficio sul presupposto che esso si limitasse alla mera riproposizione delle argomentazioni svolte nel giudizio di primo grado, dovendosi considerare che l’appello è un mezzo di impugnazione a critica libera per il quale non sono necessarie formule sacramentali, essendo sufficiente che dal tenore dell’atto emerga in modo inequivoco la volontà di impugnare la pronuncia sulla base delle argomentazioni svolte.
2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, numero 3, cod. proc. civ., in. relazione agli articoli 2932 cod. civ., 27 e 37 del d.P.R. 131/86 e 1 della parte prima della tariffa allegata al d.P.R. medesimo. Sostiene che, qualora il promissario acquirente chieda ed ottenga, ai sensi dell’articolo 2932 cod. civ., una sentenza produttiva degli effetti del contratto non concluso di trasferimento della proprietà dell’immobile, la sentenza deve essere, anche se non passata in giudicato, assoggettata ad imposta proporzionale di registro senza che l’acquirente possa eccepire il mancato pagamento del prezzo.
3. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è ammissibile e fondato.
È ammissibile in quanto l’aver la ricorrente riprodotto nel ricorso il testo della sentenza pronunciata dalla CTP di Milano e dell’atto di appello non equivale a mera “spillatura” di atti processuali sì da determinarne il difetto di specificità in quanto la ricorrente, oltre ad aver riprodotto tali documenti, ha altresì svolto argomenti per affermare l’ammissibilità dell’appello proposto, di talché la riproduzione di tali atti nel ricorso equivale ad una allegazione.
Il motivo è altresì fondato in quanto, come più volte affermato da questa Corte (ex multis n. 30341 del 21/11/2019), nel processo tributario l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53 del d. lgs. n. 546 del 1992, non deve necessariamente consistere in una rigorosa e formalistica enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza.
È pertanto irrilevante che i motivi siano enunciati nella parte espositiva dell’atto ovvero separatamente, atteso che, non essendo imposti dalla norma rigidi formalismi, gli elementi idonei a rendere “specifici” i motivi d’appello possono essere ricavati, anche per implicito, purché in maniera univoca, dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni.
Nel caso di specie è di chiara evidenza, dall’esame degli atti riprodotti, che l’appello conteneva elementi sufficienti per enucleare gli argomenti di censura svolti contro la sentenza di primo grado.
4. Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso, intendendo questo collegio aderire all’orientamento più di recente espresso da questa Corte secondo cui, in materia d’imposta di registro, la sentenza ex art. 2932 c.c., che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora soggetta ad impugnazione, trovando applicazione l’art. 27 del d.P.R. n. 13 del 1986, alla stregua del quale non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano, in virtù di condizione meramente potestativa, dalla mera volontà dell’acquirente, nella specie dall’iniziativa unilaterale del promittente-acquirente poiché la controprestazione, ossia il pagamento del prezzo, è già stata seriamente offerta dall’acquirente all’atto dell’introduzione del giudizio (omissis).
5. Il ricorso va dunque accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., ed il ricorso originario del contribuente va rigettato. (omissis).
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente. Compensa le spese processuali relative ai giudizi di merito e condanna il contribuente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese processuali di questo giudizio che liquida in complessivi euro 5.600, oltre alle spese prenotate a debito.