È irrilevante il fatto che, prima del deposito del provvedimento di revoca da parte del tribunale, l’amministratore abbia “sanato” le proprie irregolarità, presentando e facendo approvare dall’assemblea i rendiconti degli anni precedenti. Importante decisione quella presa dalla Cassazione lo scorso 30 novembre 2017. Ne riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 30.11.2017,
n. 28764
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G.M., con ricorso notificato in data 14-17/6/2014 e depositato in data 2/7/2014, ha impugnato, ai sensi dell’art. 111, comma 7°, Cost., il decreto con il quale, in data 5/6/2014, la corte d’appello di Napoli ha rigettato (compensando “le spese del grado” “in considerazione della novità dei principi di diritto applicati”) il reclamo dalla stessa proposto nei confronti del provvedimento del tribunale di Napoli che, il 13/3/2014, su ricorso di P.V., l’ha revocata, a norma dell’art. 1129 c.c., dalla carica di amministratore del Condominio di …, articolando due motivi.
P.V., con controricorso notificato in data 3/7/2014 e depositato il 11/7/2014, ha, tra l’altro, eccepito l’inammissibilità del ricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria.
La corte di appello di Napoli ha ritenuto, per un verso, che le delibere adottate dall’assemblea condominiale in pendenza del procedimento (vale a dire l’approvazione dei rendiconti 2010, 2011, 2012 e 2013 e la sua conferma nella carica di amministratore del condominio) non abbiano eliso l’interesse del P.V. alla richiesta pronuncia di revoca (“la circostanza che … l’amministratore abbia presentato i rendiconti 2010, 2011 2012 e 2013 e che l’assemblea li abbia approvati non vale … a sanare l’inadempimento: i rendiconti relativi agli anni 2010, 2011 e 2012 sono stati presentati con notevole ritardo … sicché non può dubitarsi che l’amministratore ha violato uno dei suoi obblighi primari, che è quello di rendere il conto della sua gestione ‘alla fine di ciascun anno’ (secondo l’originaria formulazione dell’art. 1130 ult. co. c.c) ovvero, secondo il nuovo dettato dell’art. 1130 ult. co. c.c., di redigere il rendiconto condominiale ‘annuale’ della gestione e convocare l’assemblea per la relativa approvazione entro centottanta giorni”; né – ha aggiunto la corte – può rilevare la conferma dell’avv. G.M. nella carica di amministratore del condominio, decisa dall’assemblea con delibera del 10/3/2014, posto che, a norma dell’art. 1129, comma 13°, c.c., nel testo successivo alla riforma di cui alla I. n. 220 del 2012, “in caso di revoca da parte dell’autorità giudiziaria, l’assemblea non può nominare nuovamente l’amministratore revocato”, “sicché, diversamente da quanto previsto dalla precedente disciplina, l’assemblea non è libera di nominare nuovamente l’amministratore resosi inadempiente e revocato con provvedimento dell’autorità giudiziaria”: il reclamato, quindi, ha concluso la corte, “ha uno specifico interesse ad ottenere il provvedimento giudiziale di revoca perché potrebbe far valere l’illegittimità della nomina dell’avv. G.M., impugnando la relativa delibera”) e, per altro verso, che le giustificazioni addotte dalla reclamante (e cioè che il P.V., con la sua attività ostruzionistica e defatigante, avrebbe contribuito a ritardare la presentazione dei rendiconti) sono risultate generiche e, soprattutto, non hanno consentito “di evincere il nesso causale tra la condotta del., reclamato ed il ritardo nella presentazione dei rendiconti”.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida in euro 2.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali per il 15% ed accessori di legge.
(omissis)