In materia di delibere condominiali sono affette da nullità – che anche il condomino il quale abbia espresso il voto favorevole può fare valere – quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condòmini.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., ord. 31.7.2020,
n. 16531
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Ritenuto che:
(omissis)
Atteso che:
(omissis)
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 1372, 1130, 1136 e 1138 c.c., nonché dell’art. 66 disp. att. c.c., dell’art. 1123 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere il giudice del gravame rigettato la domanda attorea, attinente alla violazione dell’art. 9 del Regolamento condominiale per l’applicazione di criteri diversi di riparto delle spese, sull’assunto che detti criteri erano stati disattesi fin dal 1990 per facta condudentia e ancora prima, ammettendo l’Amministratore a dimostrare la linea difensiva della intervenuta modificazione dei criteri per volontà unanime dei condòmini, nonostante fosse stata formulata solo nella memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c., avendo inizialmente affermato di avere fatto corretta applicazione del Regolamento, ossia subito dopo che siffatto errore era stato rilevato dal c.t.u. nelle proprie conclusioni.
Con il terzo mezzo la ricorrente lamenta la violazione o la falsa applicazione degli artt. 167 e 183 c.p.c., per avere la corte territoriale ritenuto tempestiva la mutatio libelli operata dal Condominio quanto ai criteri applicati per il riparto delle spese dell’impianto citofonico, nei termini e nei tempi illustrati nell’ultima parte del secondo motivo.
Le due censure – che in quanto attinenti a questioni coincidenti, va ravvisata l’opportunità di una trattazione congiunta – sono fondate.
Esse, nella sostanza, tendono a negare che possa essere qualificata valida una deliberazione dell’assemblea di condominio che decida a maggioranza di ripartire le spese di esercizio dell’impianto citofonico in parti uguali tra tutti i condòmini, tenuto conto, nella specie, che il diverso criterio di riparto in precedenza adottato e così modificato era stato a sua volta approvato a maggioranza.
Questa Corte, in argomento, ha di recente affermato che le spese di riparto delle spese condominiali sono legittimamente ripartite in base al valore millesimale delle singole unità immobiliari servite, che ne consente il riparto in proporzione ad esso (Cass. 7 novembre 2016 n. 22573, in relazione ad impianto di riscaldamento).
Più in generale, si è detto che le spese comuni devono essere suddivise in misura proporzionale al valore delle singole proprietà, attesa l’insussistenza di una concorde deroga convenzionale al regolamento condominiale, con la conseguente applicazione, nel caso di specie, della generale previsione trasparente dall’art. 1123 c.c., comma 1 (omissis). In altri termini, le delibere delle assemblee di condominio aventi ad oggetto la ripartizione delle spese comuni, con le quali si deroga – “una tantum” – ai criteri legali di ripartizione delle spese medesime, ove adottate senza il consenso unanime dei condòmini, sono nulle.
Deve, quindi, riaffermarsi il principio di diritto alla stregua del quale, in mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità, espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123 c.c., comma 1, e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio “capitario” le spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune.
Invero, deve ritenersi affetta da nullità (che può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ancorché abbia nella stessa espresso voto favorevole), e quindi sottratta al termine di impugnazione di giorni trenta previsto dall’art. 1137 c.c., la delibera dell’assemblea condominiale con la quale senza il consenso di tutti i condòmini si modifichino i criteri legali ex art.1123 c.c. o di regolamento contrattuale di riparto delle spese per la prestazione di servizi nell’interesse comune.
Ciò in quanto eventuali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca.
Infatti, l’adozione di criteri diversi da quelli previsti dalla legge o dal regolamento contrattuale, incidendo sui diritti individuali dei singoli condòmini, può essere assunta soltanto con una convenzione alla quale aderiscano tutti i condòmini, non rientrando nelle attribuzioni dell’assemblea che concernono la gestione delle cose comuni.
Pertanto, erroneamente i giudici di appello hanno escluso che ricorra la nullità della delibera condominiale quando l’assemblea del condominio proceda a una modificazione dei criteri di riparto non in via definitiva ma soltanto contingente e riferita a spese straordinarie: l’assemblea – in mancanza di un accordo unanime dei condòmini – non ha il potere di stabilire o modificare i criteri di riparto delle spese in violazione delle prescrizioni stabilite dall’art. 1123 c.c., secondo cui i contributi devono essere corrisposti dai condòmini in base alle tabelle millesimali, atteso che – come si è accennato – tale determinazione non rientra nelle attribuzioni conferite all’assemblea dall’art. 1135 c.c..
In tal senso è il costante orientamento di legittimità, che il Collegio pienamente condivide e dal quale non ravvisa comunque ragione alcuna per discostarsi (omissis);
(omissis)
In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, devono essere accolti il secondo ed il terzo motivo, assorbito il quarto, rigettati il primo ed il quinto; la sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, che quale giudice di rinvio si atterrà al seguente principio di diritto: “In materia di delibere condominiali sono affette da nullità – che anche il condomino il quale abbia espresso il voto favorevole può fare valere – quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini”.
(omissis)
La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il quarto, rigettati il primo ed il quinto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.