La sottrazione di energia elettrica mediante allaccio abusivo al contatore condominiale non integra il reato di furto, bensì la fattispecie di appropriazione indebita, dato che l’elettricità era – quota parte – anche di proprietà degli stessi condòmini che hanno commesso l’illecito.
È quanto dettagliato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 29121/2020, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. V pen.,
sent. n. 29121/2020
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Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Torino ha confermato la pronunzia di condanna alla pena di giustizia nei confronti degli imputati per il delitto furto di energia elettrica aggravato dall’uso del mezzo fraudolento.
1. Avverso il provvedimento hanno proposto ricorso gli imputati, tramite il comune difensore fiduciario, lamentando con unico motivo la violazione di legge in relazione all’art 624 c.p., erroneamente applicato in vece dell’art 646 c.p.; tale fattispecie – ad opinione della difesa – si attaglierebbe al caso concreto, poiché, secondo l’imputazione convalidata dal Giudice di appello, la sottrazione di energia elettrica era realizzata tramite allaccio abusivo al contatore del condominio e non a quello destinato ad abitazione degli imputati.
1.1. La difesa ha citato giurisprudenza della Cassazione civile e di questa stessa Sezione penale, secondo la quale in tale ipotesi si configura il reato di appropriazione indebita. Ha chiesto, pertanto, la riqualificazione del fatto ai sensi dell’art 646 c.p. e la declaratoria di annullamento della sentenza per improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela.
All’odierna udienza il PG, dr. E., ha concluso per il rigetto ed il difensore dell’imputato, avvocato P., ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso è fondato.
1. Occorre premettere e chiarire che il Giudice di appello ha rettificato la prima sentenza, la quale aveva erroneamente ritenuto che l’allaccio abusivo fosse stato realizzato al contatore dell’abitazione degli imputati, ed ha precisato che, come risultava chiaro dall’imputazione e come segnalato nei motivi di appello, il collegamento illecito era, invece, al contatore del condominio sul quale erano registrati i complessivi consumi del medesimo condominio. Quindi, nella corretta ricostruzione fattuale eseguita dalla Corte territoriale, l’energia elettrica sottratta dagli imputati era già transitata dal contatore, che registrava i consumi del condominio trattandosi, pertanto, di energia ad esso appartenente e pro quota di spettanza anche dei giudicabili; di conseguenza sia costoro, sia gli altri condòmini, in ragione del comune possesso, potevano consumarla nella parte a ciascuno di essi dovuta ed utilizzarla al di fuori della stretta sorveglianza degli altri condòmini, esercitando, quindi, un autonomo potere dispositivo del bene, elemento che caratterizza il reato di appropriazione indebita distinguendolo da quello di furto.
In proposito questa stessa Sezione ha opinato che integra il reato di appropriazione indebita e non quello di sottrazione di cose comuni la condotta del condomino il quale, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessa di energia elettrica destinata all’alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune. (Così: Sez. 5, Sentenza n. 57749 del 15/11/2017, in una fattispecie in sostanza sovrapponibile alla presente. In senso conforme l’antica ma non contraddetta Sez. 2, n. 13551 del 21/03/2002).
Tuttavia dall’accoglimento della doglianza non deriva – come vorrebbe la difesa – la declaratoria di improcedibilità per assenza della querela in ordine al ritenuto delitto di cui all’art. 646 c.p. ed il ricorso in parte qua deve essere rigettato. Invero, negli atti – doverosamente consultati dal Collegio per la natura processuale dell’eccezione proposta – si rinviene la denunzia presentata oralmente in data 2 dicembre 2015 dall’amministratore pro tempore del condominio, D.M., nella quale costei, dopo aver rappresentato i fatti a sua conoscenza circa la sottrazione di energia elettrica in danno del condominio ad opera di uno dei condòmini, espressamente chiede la punizione delle persone che vengano individuate per i reati che verranno ravvisati.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere annullata, previa riqualificazione giuridica del fatto nel reato ex art. 646 c.p. con rinvio sul punto del trattamento sanzionatorio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che dovrà tener conto della diversa cornice della pena edittale prevista per il reato in parola.
Riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 646 c.p. annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena con rinvio ad altra sezìone della Corte d’Appello di Torino. Rigetta nel resto.