Immissioni sonore moleste. Vale a dire, una delle principali cause di controversie e liti in condominio, che sempre più spesso vanno ad intasare le aule dei tribunali. Una delle domande è: chi, in che modo e con quali mezzi è tenuto a provare l’intensità dei rumori percepiti da un appartamento limitrofo?
Di seguito quanto rimarcato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 6867 del 20 marzo 2017, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. VI civ., ord. 20.3.2018,
n. 6867
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N.M. e E.S. hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa n. 670/2016 dell’8 giugno 2016.
Gli intimati P.G. e G.D. non hanno svolto attività difensive.
La sentenza impugnata, in accoglimento dell’appello proposto da P.G. e G.D. avverso la sentenza n. 87/2014 del Giudice di pace di Ragusa, ha condannato gli appellati N.M. e E.S. a trasferire la cucina del loro appartamento, sito in …, in altro vano, ovvero, in alternativa, ad installare nel vano adibito a cucina un pavimento ovvero uno strato resiliente, disponendo altresì il risarcimento dei danni subiti dagli appellanti a carico di N.M.. Il Tribunale ha ravvisato l’assoluta carenza della motivazione del giudice di primo grado circa l’esistenza e la nocività delle lamentate immissioni, ed ha invece accertato, sulla scorta della CTU espletata nel giudizio di impugnazione e dei testi escussi (uno autore di rilievi fonometrici, l’altro autore di un controsoffitto nell’appartamento degli appellanti) la provenienza dall’appartamento di N.M. e E.S. di rumori fastidiosi udibili nell’immobile sottostante di P.G. e G.D..
Il primo motivo di ricorso di N.M. e E.S. deduce la “nullità della sentenza e del giudizio di secondo grado”, in quanto il Tribunale, dopo aver ritenuto sussistente il vizio di motivazione della sentenza del Giudice di pace, si è sostituito integralmente al primo giudice, disponendo una CTU, laddove avrebbe dovuto “trasmettere gli atti al Giudice di primo grado al fine di non privare le parti di un grado di giudizio”.
Il secondo motivo rappresenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 111 e 24 Cost. e dell’art. 6 CEDU, avendo il Tribunale di Ragusa dato come presupposto di fatto l’esistenza di rumori molesti sulla scorta di una perizia di parte redatta in assenza di contraddittorio, senza peraltro valutare correttamente le risultanze probatorie ed espletando per la prima volta in secondo grado la CTU, così privando le parti di un grado di giudizio.
(omissis)
Il secondo motivo è del pari del tutto infondato atteso che, come di recente affermato da questa Corte, in tema di immissioni, i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità ex art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica che, di regola, vengono compiuti mediante apposita consulenza d’ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, potendosi in tale materia tuttavia ricorrere alla prova testimoniale quando essa verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti e non si riveli espressione di giudizi valutativi (Cass. Sez. 2, 20/01/2017, n. 1606). Spetta, in ogni modo, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa, supponendo tale accertamento un’indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di cassazione di prendere direttamente in esame l’intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (omissis). Nella specie, il Tribunale di Messina ha accertato l’esistenza di rumori fastidiosi, anche in orario notturno, provenienti dall’appartamento di N.M. e E.S., sulla base dell’espletata CTU e delle testimonianze di G.P. (e altri). Il primo testimone era stato autore di una perizia fonometrica di parte, ma, se è vero che la perizia depositata da una parte non è dotata di alcuna efficacia probatoria precostitutita rispetto ai fatti che il consulente asserisce di aver accertato, alla stessa parte rimane riconosciuta la facoltà di dedurre prova testimoniale avente ad oggetto le circostanze di fatto accertate dal proprio consulente, che, se confermate dal medesimo in veste di testimone, possono acquisire dignità e valore di prova, sulla quale allora il giudice di merito dovrà, esplicitamente o implicitamente, esprimere la propria valutazione ai fini della decisione (Cass. Sez. 2, 19/05/1997, n. 4437).
(omissis)
Il ricorso va perciò rigettato. Non occorre provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione, in quanto gli intimati P.G. e G.D. non hanno svolto attività difensive.
(omissis)
La Corte rigetta il ricorso.