La revoca dell’amministratore di condominio in prorogatio è legittima, anche perché se non lo fosse, verrebbe meno la possibilità di qualsiasi controllo giudiziale sull’operato di questi. È questa, in estrema sintesi, la posizione assunta dalla Corte d’Appello di Bari con il decreto 2202/2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE APPELLO BARI
Sez. III civ., decreto n. 2202/2019
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Con decreto del 2.11.2018 il Tribunale di Foggia, definitivamente pronunziandosi sul ricorso del 3.9.2018, proposto da P.M. per la revoca dell’amministratore del condominio …, lo dichiarava inammissibile, condannando la ricorrente alle spese di lite.
Avverso tale provvedimento è stato proposto reclamo con ricorso dell’8.11.2018, depositato il 13.11.2018, sostenendo che il provvedimento impugnato fosse iniquo e ingiusto ed andasse revocato con conseguente revoca del sig. N.C. dalla carica di amministratore del condominio e vittoria di spese di lite.
Si costituiva in giudizio il reclamato con comparsa dell’8.2.2019, depositata telematicamente lo stesso giorno.
Fondamentale per la decisione che ci occupa è stabilire se sia o meno revocabile giudizialmente l’amministratore di condominio “in prorogatio”, risolta negativamente dal tribunale che ha, per questo motivo, dichiarato inammissibile il ricorso della P.M.. La questione, da tempo dibattuta sia in ambito dottrinale che giurisprudenziale, non ha trovato esplicita soluzione nella recente riforma che nel 2012 ha interessato la materia condominiale. La normativa in vigore, costituita dall’art. 1129 c.c., dispone, al comma undicesimo, che ciascun condominio può rivolgersi all’Autorità Giudiziaria ai fini di ottenere la revoca dell’incarico qualora l’amministratore si renda responsabile di gravi irregolarità nell’eseguire il proprio mandato ovvero non presenti il conto della sua gestione nei termini di legge.
Il N.C. si è pacificamente reso responsabile sia del mancato tempestivo deposito nel termine fissato dalla legge (art. 1129, commi 11 e 12 e art. 1130, comma 1 n. 10 c.c.) di numerosissimi rendiconti annuali, sia della loro presentazione in termini in assemblea per l’approvazione.
Tale disciplina va coordinata con quella relativa alla c.d. prorogatio imperii che non trova una compiuta definizione normativa nell’ordinamento e viene menzionata solo nel lavori preparatori della Carta Costituzionale.
L’istituto prevede la possibilità per un organo, unipersonale o plurisoggettivo, di continuare ipso iure ad esercitare i suoi poteri dopo la scadenza del termine finale del mandato, pur in assenza di un formale atto di proroga.
Mentre per le funzioni pubbliche, stante la riserva di legge di cui all’art. 97 c.p.c., è richiesto che la stessa sia esplicitamente prevista (V. in tal senso C. Cost. n. 208/92), nel diritto privato ed in particolare in materia condominiale, la sua ammissibilità è generalmente ammessa, non operando la citata riserva di legge. La soluzione affermativa si fa preferire perché assicura la continuità delle funzioni dell’organo “scaduto”, evitando paralisi e disfunzioni.
In tale quadro, pur riconoscendo la Corte che esiste giurisprudenza di merito (V. per tutte Trib. Catania del 10.2.2014) secondo cui non può essere revocato l’amministratore di condominio che opera in regime di prorogatio, ritiene di dover aderire alla soluzione contraria.
Innanzitutto chi nega la possibilità della revoca equipara lo status di amministratore revocato a quello in prorogatio, L’ottavo comma dell’art. 1129 c.c., recentemente introdotto, ha invece disciplinato, indicandole in quelle urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni, le attività che l’amministratore cessato dall’incarico può continuare a svolgere. La revoca giudiziale ha invece come effetto quello di non consentire all’amministratore revocato di continuare a svolgere legittimamente anche tali funzioni.
La pronuncia di revoca inoltre ha la specifica utilità di determinare, ai sensi del comma 13 dell’art. 1129 c.c., l’impossibilità in capo all’amministratore revocato di essere nuovamente nominato da parte dell’assemblea.
Ove la revoca giudiziale dell’amministratore in prorogatio non fosse ammessa, verrebbe meno la possibilità di qualsiasi controllo giudiziale sull’operato di questi, a discapito delle minoranze dell’assemblea condominiale o di singoli condòmini dissenzienti, la cui tutela dovrebbe essere il perno della disciplina legislativa inerente alla funzione assembleare.
Nel caso di specie la prorogatio delle funzioni dura da molto tempo e, a causa del mancato raggiungimento del quorum deliberativo anche nell’ultima assemblea tenutasi il 27.06.2018, avente all’ordine del giorno la nomina di un nuovo amministratore, prosegue ancora, come evidenziato dallo stesso N.C. nella sua comparsa di costituzione in questo grado di giudizio.
Propendendo per la possibilità di revoca dell’amministratore in regime di prorogatio, ben poco resta da dire in merito alla ricorrenza delle condizioni per la revoca. I rendiconti degli anni dal 2012 al 2017 sono risultati portati in assemblea solo il 9.04.2018 ed approvati il 27.06.2018, quindi con un ritardo enorme. La cosa costituisce indubbiamente un’ipotesi di grave irregolarità che consente a questa Corte di procedere alla revoca, ai sensi dell’undicesimo comma dell’art. 1129 c.c..
Le spese di lite di entrambe le fasi in cui si è articolata la procedura, in considerazione della oscillante giurisprudenza sulla fondamentale e dirimente questione trattata, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., vengono integralmente compensate.
La Corte di Appello di Bari, definitivamente pronunciando così provvede in riforma del provvedimento reclamato: