L’addebito alla intera comunità condominiale di spese (quali quelle postali e di attività ulteriore svolta nell’interesse di un singolo condomino) sulla base del generico ed errato riferimento al criterio della ripartizione delle spese sulla proporzione di uso è errato. È il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 12573 del 10 maggio 2019, di cui riportiamo un estratto.
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CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 10.5.2019,
n. 12573
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Con sentenza del 14 marzo 2011 il Giudice di Pace di Imola, adito da S.M. e V.V., rigettava la domanda di pronuncia di nullità/annullabilità della delibera del 18 giugno 2009 del Condominio di via … limitatamente all’approvazione del rendiconto dell’esercizio 2008 e del relativo piano di riparto, in base al quale veniva posta a carico dei suddetti S.M. e V.V. il pagamento della somma di euro 302,10, dovuta a titolo di “spese personali” da essi soli condòmini.
Quest’ultimi due interponevano appello avverso la decisione del Giudice di prime cure argomentando che non rientrava nelle attribuzioni della assemblea il potere di addebitare unilateralmente a loro carico spese definite personali quali, in concreto, gli oneri (per complessivi euro 302,10) per spese postali e “compensi amministratore” dovuti in dipendenza di comunicazioni e chiarimenti su comunicazioni ordinarie e su problematiche straordinarie condominiali.
Il tutto giusto il disposto di cui all’art. 1123, co. 1, c.c..
Il Tribunale di Bologna, in funzione di Giudice di appello, ritenuta l’ammissibilità del proposto gravame, accoglieva l’appello, riformava l’impugnata sentenza del Giudice di Pace, dichiarava la nullità della impugnata delibera nella parte relativa all’approvazione del rendiconto 2008 quanto al riparto delle spese limitatamente all’anzidetto addebito di “spese personali” e compensava integralmente le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Per la cassazione della succitata sentenza ricorrono lo S.M. e la V.V. con atto affidato a un motivo, resistito con controricorso dall’intimato condominio, che ha – a sua volta – interposto ricorso incidentale fondato su tre ordini di motivi e resistito con controricorso dai ricorrenti principali.
Sia le parti ricorrenti principali, che quella ricorrente incidentale hanno depositato, nell’approssimarsi dell’udienza, memorie ex art. 378 c.p.c..
1. Deve, in ragione della priorità logica e dei suoi dirimenti aspetti, esaminarsi per primo il proposto ricorso incidentale.
(omissis)
c) Con il terzo motivo del ricorso incidentale si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c. e 1135 c.c..
Sarebbe stato violato, secondo la prospettazione di cui al motivo qui in esame, il principio ermeneutico affermato da questa Corte con la sentenza 17 settembre 1998 n. 9263.
Il principio affermato con tale pronuncia è quello secondo cui: “il contributo alla spesa per un servizio comune destinato ad esser fruito in misura diversa dai singoli condòmini deve esser ripartito in proporzione all’utilizzazione di esso e non ai millesimi – come invece avviene per il riscaldamento, per impossibilità di accertarne l’effettiva utilità per ciascun condomino – al fine di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condòmini”.
La sentenza gravata ha – viceversa – affermato genericamente che, nell’ipotesi, “il potere ripartitorio dell’assemblea non poteva andare oltre a quanto disposto dalla legge” (con ciò inducendo alla considerazione di aver dato rilievo solo al primo comma dell’art. 1123 c.c.).
Senonché, al fine della corretta sussunzione normativa della concreta ipotesi in giudizio, andava considerata anche l’inquadrabilità della fattispecie nell’ambito del secondo comma dell’art. 1123 c.c. (salva in ogni caso la valutazione, che è apprezzamento di merito, della tipologia delle anzidette spese di cui si controverte).
Il motivo – quindi – è in parte fondato, nel senso di seguito precisato.
La possibilità di ripartizione delle spese personali di ciascun condomino “in funzione delle utilità che in concreto” lo stesso gode e ricava sostanzia un criterio che – a ben vedere – si riferisce all’uso di cose comuni e non ad altro.
Quella possibilità si riferisce, infatti, ad “un servizio comune destinato ad essere fruito in misura diversa” e non già a fattispecie come quella in esame ove, in concreto, ricorre altra situazione non sussumibile nella norma comunque applicata.
La concreta situazione per cui è causa (maggiori spese postali e costo servizio) si riferisce a servizi la cui natura salva la inapplicabilità del generale criterio di ripartizione ex art. 1123 , I co. .c.c. (cui sembra aver fatto esclusivo riferimento la sentenza gravata) – va valutata dal Giudice del fatto.
D’altra parte l’invocata ed automatica applicabilità dell’art. 1123, II co. c.c., nel senso proposto col motivo qui in esame, non può essere appieno condivisa ove si prospetti l’addebito delle spese “in funzione delle utilità che in concreto” vengano ricavate dai singoli condòmini senza la concreta valutazione della natura dell’attività resa al singolo condomino.
Al riguardo deve in ogni caso rammentarsi come la stessa giurisprudenza citata col motivo qui in esame fa, testualmente, espresso riferimento alle spese “per i servizi comuni” e non ad altro.
E la ancor più pertinente pronuncia di Cass. n. 4403/1999 ancora l’applicabilità del criterio di liquidazione ex art. 1123, II, (non in base a millesimi e non a carico di tutti i condòmini) solo alla fattispecie inerenti “cose comuni suscettibili di destinazione al servizio dei condòmini”. E, fatta sempre salva, altra azione recuperatoria nei confronti del singolo condomino in via sussidiaria rispetto al meccanismo previsto ex art. 1123, II co. c.c. “al fine di evitare un indebito arricchimento rispettivamente a favore e a discapito dei singoli condòmini” (Cass. n. 9263/1998).
In conclusione la non addebitabilità di spese al singolo condomino, che usufruisca di servizi, può, quindi, essere affermata, ma non col rinvio al generale principio ex art. 1123, I co. c.c. della ripartizione proporzionale; l’addebito alla intera comunità condominiale di spese (quali quelle postali e di attività ulteriore svolta nell’interesse di un singolo condomino) sulla base del generico ed errato riferimento al criterio della ripartizione delle spese sulla proporzione di uso è quindi errato; alla stregua dei principi giurisprudenziali innanzi richiamati e correttamente ribaditi, la giustificazione del permanere a carico del condominio delle spese comunque effettuate a fini individuali risiede nella corretta applicabilità o meno del criterio ex art. 1123, II co. c.c., previa valutazione in fatto della natura del servizio e conseguente considerazione della addebitabilità o meno individuale al singolo condomino.
Con riguardo a tali ribaditi ed affermati principi il motivo in esame può essere accolto.
(omissis)
4. In conseguenza dell’accoglimento, pur nei limiti innanzi detti, del terzo motivo del ricorso incidentale, l’impugnata sentenza va cassata con rinvio ad altro Giudice in dispositivo indicato, che provvederà alla definizione del giudizio uniformandosi ai principi innanzi enunciati.
La Corte rigetta il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il terzo motivo del medesimo ricorso, assorbito il ricorso principale, cassa l’impugnata sentenza – in relazione al motivo accolto – e rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Bologna in persona di altro Giudice.